Salute

Malattie infiammatorie croniche dell’intestino: quali sono e come si curano

Il 19 maggio è la Giornata Mondiale delle Malattie Croniche dell'Intestino: parola d'ordine, rompere il muro del silenzio

Colpiscono almeno 250.000 persone solo in Italia, le diagnosi sono aumentate di venti volte negli ultimi dieci anni, ma si parla ancora troppo poco delle malattie infiammatorie croniche dell’intestino. Un sondaggio svolto da AMICI ONLUS in collaborazione con EngageMinds HUB ha spiegato come un italiano su tre non sappia niente di queste patologie. Ma c’è di più. La stessa indagine ha affermato che un paziente su tre non solo si colpevolizza per la sua malattia, ma vorrebbe sentirsi più compreso da colleghi e amici.

In gergo tecnico si parla di IBD, dall’inglese inflammatory bowel disease, in italiano MICI

Le IBD non hanno differenza di genere, interessano cioè con la stessa frequenza uomini e donne. Generalmente la fascia d’età più colpita è quella che va tra i 15 e i 45 anni. Le malattie infiammatorie croniche dell’intestino sono due:

Gruppo San Donato

  1. malattia di Crohn,
  2. rettocolite ulcerosa.

Quali sono le cause delle malattie infiammatorie croniche dell’intestino?

Sfortunatamente anche le IBD fanno parte delle malattie idiopatiche, cioè quelle di cui gli esperti non hanno ancora scoperto le cause. L’ipotesi principale è quella di una reazione eccessiva del nostro sistema immunitario alla presenza di alcuni batteri, normalmente presenti nell’intestino. Questa violenta risposta immunitaria dipende, secondo la maggioranza degli esperti, da un mix di fattori genetici e ambientali.

Quali sono i fattori di rischio?

  • Gli esperti hanno notato una certa familiarità delle malattie infiammatorie croniche dell’intestino. In pratica chi ha parenti che siano stati colpiti dalle IBD, è più facile che le sviluppi, anche se va ricordato come non siano  patologie ereditarie.
  • Una ricerca scientifica ha scovato anche un gene chiamato NOD2. Quando muta rende più facile l’esordio della malattia di Crohn.
  • Anche il fumo di sigarette è sotto la lente di ingrandimento degli esperti. Alza il rischio per la malattia di Crohn, mentre sembrerebbe addirittura protettivo nei confronti della rettocolite ulcerosa.
  • Ansia e depressione sembrano giocare un ruolo importante.

Quali sono i sintomi delle malattie infiammatorie croniche dell’intestino?

Come indica il nome, si tratta di patologie croniche, che hanno momenti dormienti e periodi di riacutizzazione.

I sintomi della malattia di Crohn

I principali sintomi di questa malattia sono diarrea e dolore addominale. In genere i crampi colpiscono la parte inferiore destra dell’addome, dove si trova l’ultima ansa ileale, che è la sede più frequente di malattia.

I sintomi della rettocolite ulcerosa

La rettocolite ulcerosa invece si manifesta con diarrea ematica, quindi con tracce di sangue di colore rosso vivo e muco nelle feci. In più c’è il tenesmo, cioè il continuo stimolo ad andare in bagno, mentre solo alcune volte è presente l’anemia.

I sintomi che hanno in comune

Come si diceva, queste due malattie hanno periodi di latenza che si alternano a quelli di riacutizzazione dell’infiammazione. In questa seconda fase ci possono essere sintomi come:

  • febbre,
  • dimagramento senza dieta,
  • stanchezza,
  • mancanza di appetito.

Complicanze delle malattie infiammatorie croniche dell’intestino

Anche qui dobbiamo fare un distinguo tra le due malattie.

  • Quella di Crohn può portare alla formazione di stenosi, che sono dei restringimenti del lume del tratto di intestino colpito fino all’occlusione intestinale, fistole o ascessi. Spesso per affrontare queste complicanze bisogna ricorrere all’intervento chirurgico.
  • Per quanto riguarda invece la rettocolite ulcerosa, le principali conseguenze possono essere il megacolon tossico, per il quale serve l’intervento chirurgico, ma anche il cancro sulla mucosa infiammata del colon. Più raramente possono comparire malattie cutanee, epatiche, articolari o oculari.

Quali sono le terapie?

Le IBD hanno una terapia farmacologica e devono essere tenute sotto controllo in modo costante e continuo. Se si segue in modo corretta la terapia è possibile assistere a una remissione clinica dei sintomi ed evitare la riacutizzazione della patologia.

In genere il medico specialista prescrive la mesalazina, il cortisone, gli immunosoppressori, alcuni antibiotici ad azione sui batteri del tratto digerente. Ultimamente si stanno usando i farmaci biologici di nuova generazione come gli anticorpi bloccanti il Tumor necrosis factor (TNF).

«Purtroppo questi pazienti sono gravati da un rischio di chirurgia ancora molto elevato. Si stima che, a dieci anni dalla diagnosi, circa il 40% dei pazienti con malattia di Crohn vada incontro a un intervento di resezione intestinale. Circa il 20% dei pazienti affetti da pancolite ulcerosa a colectomia, con costruzione della pouch, una sorta di tasca realizzata con un segmento di intestino tenue». Il professor Alessandro Armuzzi è Responsabile Centro IBD della Policlinico Universitario del Gemelli di Roma.

Sono arrivati dati importanti sull’impatto a lungo termine di un farmaco, ustekinumab, che si usa proprio contro queste malattie. La notizia giunge dal Congresso dell’Organizzazione europea che si occupa di Crohn e della colite ulcerosa.

Le rinunce alimentari hanno un forte impatto psicologico

La nutrizione sta infine assumendo sempre maggior importanza poiché molti di questi pazienti presentano un deficit di nutrienti. Per questo si stanno proponendo formule nutrizionali particolari, come supporto terapeutico.

Proprio la rinuncia alimentare imposta dalle terapie per affrontare queste malattie ha un impatto psicologico forte, soprattutto su bambini e adolescenti. Diventa difficile avere una vita di condivisione sociale.  Nel 71% dei casi chi convive con una MICI dichiara di soffrire a causa delle limitazioni imposte alla propria vita relazionale e il 41% si sente emarginato dai propri coetanei. Nel 46% dei casi, chi convive con MICI si sente protagonista di “situazioni spiacevoli” nel condividere i pasti con i suoi pari e in 6 casi su 10 i pazienti accusano disagio anche in famiglia. Questo lo scenario emerso dall’indagine del centro EngageMinds HUB dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, condotta nel 2021 nel contesto della campagna sociale “Crohnviviamo – Storie di giovani che la Malattia di Crohn non può fermare”, promossa da Modulen – Alimento a fini medici speciali per chi ha la Malattia di Crohn di Nestlé Health Science.

Il 25% dei pazienti lamenta frustrazione perché non sa come un alimento posso agire sulla malattia. Un terzo di loro non prova più piacere durante un pranzo o una cena con gravi limiti anche alle vita sociale.

L’importanza del supporto psicologico

Un primo aspetto rilevante emerso dalla ricerca, che ha coinvolto preadolescenti (14-15 anni) e adolescenti (16-18 anni) con MICI, riguarda la percezione della malattia: la consapevolezza delle problematiche che queste patologie possono comportare, tra gli intervistati, non è arrivata al momento della diagnosi ma col tempo, con il sopraggiungere delle conseguenze dirette della malattia e delle terapie assunte per gestirla. Non a caso in più del 40% dei casi l’impatto dell’alimentazione sulla vita sociale è andato aumentando dopo l’esordio. Inoltre, dai risultati è emerso che ogni paziente instaura un rapporto molto personale con il cibo, principalmente ancorato alla strategia dell’evitamento di certi alimenti. È fondamentale una presa in carico completa dei giovani pazienti, che sia il più possibile multidisciplinare. Se occorre poter sempre fare affidamento sul gastroenterologo, l’essere seguiti con costanza da uno psicologo è per molti ragazzi di grandissimo aiuto per gestire le ricadute psicologiche dovute al disagio alimentare.

Gli Alimenti a Fini Medici Speciali (AFMS)

Inoltre, nella gestione quotidiana dell’alimentazione, sia nelle fasi acute della malattia che in remissione, possono essere di grande aiuto gli Alimenti a Fini Medici Speciali (AFMS), che i ragazzi intervistati dichiarano di assumere per lungo periodo con risultati soddisfacenti. Circa alla metà dei partecipanti (48%) è stato raccomandato l’uso di AFMS durante la fase attiva della malattia ed al 27% in fase di mantenimento. Gli AFMS costituiscono dunque un aiuto prezioso che permette ai ragazzi di controllare più facilmente le proprie scelte alimentati.

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Francesco Bianco

Giornalista professionista dal 1997, ha lavorato per il sito del Corriere della Sera e di Oggi, ha fatto interviste per Mtv e attualmente conduce un programma di attualità tutte le mattine su Radio LatteMiele, dopo aver trascorso quattro anni nella redazione di Radio 24, la radio del Sole 24 Ore. Nel 2012 ha vinto il premio Cronista dell'Anno dell'Unione Cronisti Italiani per un servizio sulle difficoltà dell'immigrazione. Nel 2017 ha ricevuto il premio Redattore del Gusto per i suoi articoli sull'alimentazione.
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