La malattia di Wilson impedisce il corretto smaltimento del rame nell’organismo, il cui eccesso, in condizioni di normalità, viene eliminato attraverso la bile. Ha una prevalenza di un caso ogni 30.000 abitanti. Marco Vivarelli, ordinario di chirurgia generale all’Università Politecnica delle Marche, direttore della Clinica di chirurgia epatobiliare, pancreatica e dei trapianti degli Ospedali Riuniti di Ancona.
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Quali sono le cause?
È una malattia ereditaria genetica autosomica recessiva dovuta al difetto di un gene (ATP 7B) localizzato sul cromosoma 13; questo gene codifica la sintesi di un’enzima che regola il trasporto del rame all’interno del fegato. La carenza di questo enzima provoca l’accumulo di rame nel fegato e in altri organi bersaglio, in particolare l’encefalo, l’occhio e i reni. Nelle forme più gravi, può presentarsi già in età pediatrica; più spesso si manifesta tra i 10 e i 40 anni, ma sono stati riportati casi in tutte le fasce d’età.
Quali sono i sintomi della malattia di Wilson?
Ci sono forme caratterizzate da sintomi lievi che passano inosservati. L’unico modo per identificare con sicurezza la malattia prima che si manifesti è l’anamnesi famigliare, anche se può essere ereditata da genitori portatori che non abbiano manifestato la malattia. La presenza di un caso accertato deve indurre uno screening nei famigliari. I segni più tipici della malattia sono quelli di alterazione degli indice di funzione epatica e la comparsa di manifestazioni neurologiche (presenti nel 40/50% dei casi) quali sindrome distonica, rigidità, tremori, atassia e disturbi psichiatrici. La malattia epatica può presentarsi in modo fulminante nel 3-5% dei casi; questa circostanza si verifica con maggiore frequenza nelle giovani donne.
Come si fa la diagnosi?
Si basa sul rilievo di elevati livelli di rame nel sangue e nelle urine, sulla diminuzione nel sangue di una proteina che normalmente trasporta il rame (la ceruloplasmina), sul rilievo alla risonanza magnetica cerebrale di alterazioni di una struttura detta nucleo lenticolare e la presenza di un particolare anello – detto di Keiser Fleisher – a livello corneale che può essere rilevato dall’oculista. È inoltre possibile confermare la presenza della malattia attraverso test genetici.
Come si cura la malattia di Wilson?
Il trattamento per rallentare la progressione della malattia si basa sull’assunzione di agenti chelanti che «trattengono» l’eccesso di rame (ad esempio la penicillamina) e sulla riduzione di apporto di rame con la dieta, prestando attenzione ad alcuni alimenti come crostacei e molluschi, crusca, fegato, funghi, frutta secca ed essiccata, cioccolato e avocado. La malattia epatica non trattata può evolvere in una cirrosi, che può rendere necessario un trapianto di fegato, oppure in danni neurologici irreversibili. Il trapianto corregge il difetto del metabolismo del rame che ha il suo momento centrale nell’alterata escrezione del rame stesso all’interno del fegato. La qualità di vita dopo il trapianto, fatta eccezione per la necessità di assumere i farmaci necessari per la profilassi del rigetto, torna normale e le pazienti donne possono portare a termine una gravidanza.