Quando lo stomaco va in fiamme si fa in fretta a puntare il dito. Sarà colpa di un pasto troppo abbondante, di una digestione difficile, di qualche intolleranza alimentare. Ma non è così semplice, perché il bruciore, in base a dove è localizzato, potrebbe voler dire più di una cosa e per capirlo è necessario un medico. Prima di tutto la pirosi, così viene definita scientificamente, va distinta in retro-sternale, cioè un bruciore dietro lo sterno, e in pirosi gastrica, ovvero un dolore e un bruciore nella parte alta e centrale dello stomaco.
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Il bruciore è dietro lo sterno o al centro dello stomaco?
«La pirosi retro-sternale, assieme al rigurgito acido, è il sintomo tipico del reflusso gastroesofageo, tanto che a noi medici per diagnosticare il disturbo bastano queste due evidenze cliniche», spiega Michele Guarino, gastroenterologo e professore associato di gastroenterologia all’Università Campus Bio Medico di Roma. «Con la seconda pirosi, che più correttamente si dovrebbe definire dolore epigastrico urente, si apre invece un capitolo molto più vasto e variegato, perché può essere campanello d’allarme di svariate patologie».
Bruciore di stomaco: i fattori di rischio
Quando un paziente lamenta un bruciore di stomaco, il medico deve individuare altri potenziali fattori di rischio per capire se si trova di fronte a una dispepsia funzionale (problemi digestivi anche cronici) oppure a una dispepsia organica. Quindi causata da una patologia a carico dell’apparato gastrointestinale.
«Questi fattori sono un’età superiore ai 45 anni, familiarità con patologie tumorali dello stomaco, perdita di peso improvvisa, anemia, disfagia, cioè difficoltà a deglutire, dolore e bruciore epigastrico anche notturno, persistenza del bruciore dopo l’assunzione di farmaci antiacidi, procinetici o gastroprotettori e utilizzo abituale o abuso di medicinali antinfiammatori da banco. Sono i cosiddetti Fans, che bloccano la produzione di prostaglandine, sostanze importanti per il benessere dello stomaco perché stimolano la produzione di muco a protezione della parete gastrointestinale», precisa lo specialista.
Il dettaglio del sintomo presente anche di notte è importante «perché una patologia più severa, come una gastrite o un’ulcera, è in grado di svegliare il paziente per il fastidio. Cosa che invece non avviene se si è di fronte a un disturbo funzionale», sottolinea Guarino.
Spesso la causa è una gastrite
In presenza di almeno uno di questi fattori di rischio, il gastroenterologo procede tramite endoscopia, in genere gastroscopia, e poi con un’analisi istologica. «Le patologie acido-relate che possiamo diagnosticare così sono la gastrite, l’ulcera gastrica o duodenale e più raramente malattie neoplastiche», spiega l’esperto. «La diagnosi più frequente è quella di gastrite. Colpisce oltre il 50% della popolazione. E, in presenza di alterazioni dei normali meccanismi di protezione, può essere connessa all’azione di fattori aggressivi contro la mucosa gastrica come l’utilizzo di alcuni farmaci, la produzione di acido, oppure può essere legata a un’infezione da Helicobacter pylori, che si tratta con un’efficace cura antibiotica».
Si stima interessi il 30-50% delle persone e le sue modalità di trasmissione sono ancora sconosciute, essendo un batterio che sopravvive nell’ambiente acido dello stomaco innescando l’infezione. Perciò le misure preventive disponibili sono scarse. I consigli degli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità sono simili a quelli utilizzati per la prevenzione di altre infezioni batteriche. Quindi, lavarsi sempre bene le mani prima di toccare il cibo, mangiare alimenti cucinati in modo adeguato (evitando il crudo, soprattutto in zone non controllate e con livelli igienico-sanitari bassi) e bere acqua sicura in bottiglia.
Altrimenti può essere una dispepsia funzionale
Se invece il paziente non presenta alcuno dei fattori di rischio elencati, allora il medico può diagnosticare una dispepsia funzionale. Cioè non dovuta a lesioni organiche a carico dell’apparato gastrointestinale. La dispepsia funzionale si può manifestare in due modi. Con la sindrome da disturbo post prandiale, cioè una sensazione di lenta digestione dopo i pasti, pienezza e sazietà precoce. Oppure con la sindrome da dolore epigastrico, quindi un bruciore allo stomaco generico.
A queste manifestazioni principali possono poi aggiungersene altre, variabili da persona a persona per combinazione e intensità. Ad esempio, alcuni pazienti possono lamentare nausea (raramente vomito), gonfiore addominale, eruttazioni. Si stima che la sindrome da stress post prandiale sia molto più diffusa della sindrome da dolore epigastrico, tra l’altro spesso difficile da distinguere – e confusa dai pazienti – con la malattia da reflusso gastroesofageo.
Nonostante la sua notevole diffusione e i numerosi tentativi di comprenderne l’origine, le cause della dispepsia funzionale restano sconosciute. E, con ogni probabilità, sono da ricercare non in una singola alterazione, ma nella combinazione di più disfunzioni che incidono negativamente sull’efficienza della digestione. Gli studi condotti hanno evidenziato alcuni possibili fattori di rischio: anche qui ritroviamo l’Helicobacter pylori, ma potrebbe essere anche colpa di fumo, stress, ansia, cattive abitudini di vita in generale e appartenenza al sesso femminile. «Molte persone associano il bruciore di stomaco al pasto e al consumo di alcuni alimenti, ma attenzione», torna a sottolineare Guarino, «l’alimentazione non può essere la causa della dispepsia, può solo influire e peggiorare la comparsa e la manifestazione dei suoi sintomi».
Bruciore di stomaco: terapie personalizzate
Le categorie di medicinali che si utilizzano per trattare il bruciore di stomaco non dovuto a Helicobacter pylori sono tre: antiacidi, procinetici e gastroprotettori. «I primi sono farmaci da banco che agiscono sul sintomo perché tamponano il pH dello stomaco e hanno un’azione immediata», riprende il gastroenterologo. «I secondi invece vanno prescritti e aiutano a svuotare lo stomaco, così come devono essere richiesti dal medico anche i gastroprotettori, cioè inibitori della pompa protonica, i più indicati per curare il disturbo perché bloccano la secrezione acida dello stomaco che provoca bruciore».
Individuare il farmaco più adatto, così come l’origine del disturbo, non è sempre immediato. «In tre casi su quattro è difficile identificare la causa esatta. E allora si interviene trattando i sintomi», interviene Silvio Danese, professore ordinario di gastroenterologia all’Humanitas University di Milano e direttore del Centro per le malattie infiammatorie croniche intestinali dell’IRCCS Humanitas. «I farmaci vanno assunti per qualche settimana. Non di più. E sempre dietro prescrizione medica. Per ogni paziente sarà necessario trovare la terapia efficace. Perché non tutti rispondono allo stesso modo a un trattamento e alcuni medicinali possono avere effetti collaterali non da poco nel lungo periodo. La dispepsia, inoltre, spesso si associa ad alterazioni del tono dell’umore, per cui durante i periodi di stress può essere più frequente. Ma io raccomando sempre di curare anche la qualità di ciò che si mangia».
I cibi che peggiorano il bruciore di stomaco
Alcuni alimenti, infatti, possono contribuire al peggioramento della dispepsia. Tra questi i cibi particolarmente grassi, che richiedono tempo per essere digeriti e rimangono a lungo nello stomaco, rendendo più numerosi gli episodi di reflusso. Poi arance, limoni, pomodori, che sono alimenti di per sé acidi e possono aumentare l’acidità nell’esofago e svolgere un’azione irritante. Caffè e bibite che contengono caffeina, un irritante gastrico e potente stimolante della secrezione gastrica. Bibite gassate, la cui anidride carbonica tende a gonfiare lo stomaco. E infine alcune spezie, come pepe, peperoncino o chiodi di garofano, che sono irritanti per la mucosa.
Oltre all’alimentazione, anche alcune abitudini scorrette possono peggiorare il bruciore di stomaco. Ad esempio sdraiarsi subito dopo i pasti oppure fumare a ridosso di pranzo e cena. «Mi raccomando», è il consiglio finale di Guarino, «il bruciore di stomaco non va trattato con farmaci da banco e con una dieta del nutrizionista. Necessita di una diagnosi differenziale che solo il gastroenterologo può fare».
Primavera, la stagione dell’acidità
La primavera è iniziata e il nostro corpo lo percepisce più di quanto possiamo immaginare. La stagione delle fioriture e dei primi caldi, infatti, influisce sull’organismo sia direttamente che indirettamente. Molti si sentono meglio grazie alla maggiore luce, altri iniziano a starnutire per colpa delle allergie ai pollini, altri ancora potrebbero accusare fastidi alla pancia. Sì, perché, come spiega il gastroenterologo Silvio Danese, che ha trattato l’argomento nel suo libro La pancia lo sa. Interpretare i messaggi di stomaco e intestino per vivere meglio (Sonzogno), «a partire dalla bella stagione cresce la quantità di acidi prodotti dalle pareti dello stomaco».
Il motivo va ricercato nel nostro passato. «Si tratta di un’eredità dei nostri progenitori, che in inverno avevano meno cibo a disposizione e quindi usavano poco l’apparato digerente, pronto a riprendere a funzionare a pieno regime con il caldo. Ma l’incremento della produzione di acidi gastrici può innescare più facilmente bruciori e rigurgiti acidi».
Lo zampino lo mette anche il sole, che in primavera tramonta sempre più tardi rendendo le nostre giornate più lunghe e, a quanto pare, anche più lente nella pancia. «L’aumento delle ore di luce favorisce la produzione di cortisolo, l’ormone dell’allerta, che ci tiene svegli e attivi. E che però, allo stesso tempo, rallenta i naturali movimenti dello stomaco e può portare a una digestione più lenta e difficile».