Michele Merlo, ex concorrente di Amici e XFactor, è deceduto all’età di 28 anni per un’emorragia cerebrale scatenata da una leucemia fulminante. Di cosa si tratta? La leucemia acuta promielocitica, meglio conosciuta con l’espressione di leucemia fulminante, è un sottotipo della leucemia mieloide acuta ed è la forma più aggressiva di tumore del sangue. Se non viene diagnosticata in tempo, questa patologia, che in Italia colpisce circa 150 persone all’anno specialmente tra i 30 e i 40 anni, può portare al decesso in poche ore o giorni. Ecco perché a fare la differenza, in questi casi, è la possibilità di arrivare tempestivamente a una diagnosi corretta.
In questo articolo
Leucemia fulminante: qual è la causa?
Alla base della leucemia fulminante c’è una traslocazione acquisita, cioè un cambiamento insolito della forma dei cromosomi, con lo spostamento di un pezzo da un cromosoma all’altro. Questa alterazione, non presente alla nascita, avviene tra i cromosomi 15 e 17. Ancora oggi, però, non si conosce il meccanismo all’origine della modificazione intercorsa a livello dei due cromosomi. Questo processo, poi, comporta una riduzione del numero di piastrine e l’alterazione dei meccanismi della coagulazione.
Quali sono i sintomi?
La patologia esordisce e progredisce rapidamente, quindi la comparsa dei sintomi è precoce. La leucemia fulminante, infatti, si manifesta con emorragie cutanee, visibili sotto forma di lividi scuri inspiegabili, sanguinamenti da entrambe le narici, dalle gengive, dall’apparato digerente o genito-urinario. Possono esserci anche disturbi piuttosto aspecifici, come stanchezza, febbre, perdita di appetito, sudorazione eccessiva, ma anche un aumento del rischio di infezioni, che si può tradurre in mal di gola e ingrossamento dei linfonodi, mal di testa e altri segni neurologici. Dalle ultime stime, inoltre, è emerso che il 10-20% dei pazienti vada incontro a emorragie maggiori fatali, per esempio cerebrali, ancora prima di poter ricevere la diagnosi e quindi essere sottoposti al trattamento.
Come si diagnostica la leucemia fulminante?
Se riconosciuta in tempo, la leucemia fulminante può essere trattata efficacemente ma, appunto, è necessario giungere quanto prima a una diagnosi, che può essere formulata attraverso un esame morfologico del midollo osseo e del sangue periferico. Per avere un quadro più completo della situazione, si tende sempre a ricercare anche le tipiche anomalie citogenetiche e molecolari, fondamentali caratteristiche di questa malattia. Poiché all’origine della malattia c’è una traslocazione cromosomica, le linee guida internazionali raccomandano di eseguire anche la diagnosi genetica, che consiste nell’individuare, attraverso tecniche di citogenetica e di biologia molecolare, l’alterazione dei cromosomi 15 e 17. Questa valutazione permette anche di stratificare i pazienti sulla base delle percentuali di rischio. In questo modo è possibile modulare la terapia da intraprendere dopo la remissione della malattia.
Come si cura?
A differenza di cinquant’anni fa, oggi la leucemia fulminante può essere curata. Il merito è soprattutto di un gruppo di ematologi italiani che, nel 2013, ha pubblicato un importantissimo studio sul New England Journal of Medicine. La ricerca ha ridimensionato molto il ruolo dei chemioterapici e, al contempo, ha dimostrato l’efficacia di un nuovo approccio terapeutico basato sulla combinazione dell’acido retinoico (derivato della vitamina A) con il triossido di arsenico. Quest’ultimo, infatti, induce la morte cellulare programmata delle cellule tumorali, con l’aiuto dell’acido retinoico. La malattia può essere trattata anche con trasfusioni di concentrati piastrinici, plasma fresco congelato ed emoderivati. Nel 20-25% dei casi, però, questo tipo di leucemia tende a recidivare, pertanto questi pazienti possono beneficiare di un trapianto di cellule staminali emopoietiche (autologo o allogenico).