Capelli che rimangono tra i denti della spazzola, che cadono al semplice tocco, che si accumulano nella doccia. La progressiva, o momentanea ma ingente, perdita di capelli oggi è molto diffusa anche tra le donne, complice persino il Covid. Le italiane che convivono con questo problema sono circa 4 milioni, ma l’alopecia (questo il termine corretto con cui indicare il disturbo) si può manifestare in varie forme. «L’alopecia può spaventare, soprattutto una donna» osserva Gabriella Fabbrocini, direttrice dell’UOC di Dermatologia Clinica dell’Università di Napoli Federico II. «E può avere ripercussioni psicologiche anche importanti. Ma non deve necessariamente far pensare ad una disastrosa caduta dei capelli».
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Alopecia androgenetica
La più diffusa tra le donne (e tra gli uomini) è l’alopecia androgenetica: il fenomeno può avere un esordio già in pubertà oppure dopo la gravidanza, ma è soprattutto con il sopraggiungere della menopausa che si manifesta in maniera più frequente. Così all’età di 50 anni ne soffre complessivamente il 30% delle donne. La comparsa dell’alopecia, infatti, è dovuta principalmente all’ipersensibilità e all’equilibrio ormonale, in particolare alla variazione del livello degli estrogeni (ormoni tipicamente femminili presenti in età fertile, che contribuiscono anche alla salute dei capelli) e gli androgeni.
Durante la menopausa nella donna si abbassa il livello degli estrogeni, quindi questo tipo di alopecia «può essere curata e contrastata con una terapia anticoncezionale, che si utilizza per competere con il livello degli androgeni. Si tratta di pillole particolari, a base di idrospirenone, che blocca il sito recettoriale degli androgeni» spiega l’esperta. «Altrimenti c’è una tecnica innovativa che è quella del sangue ricco di piastrine. In cosa consiste? Si preleva il sangue del paziente, poi si centrifuga, si isola il plasma e si arricchisce di piastrine. Se nel sangue normale le piastrine sono 100 mila, in quello arricchito diventano 400 mila. Inoculato direttamente sul cuoio capelluto migliorano l’atrofismo del bulbo pilifero supportando la rigenerazione del follicolo pilo-sebaceo e la ricrescita dei capelli».
Alopecia areata
Un’altra tipologia di calvizie femminile è anche l’alopecia areata, che comporta la perdita di capelli “a chiazze”, con singola chiazza o multiple. In questo caso si tratta di un disturbo molto comune anche in età pediatrica (nonostante possa colpire anche in età adulta) ed è un processo autoimmune, che non ha a che fare con gli ormoni. «In questo caso il capello è vivo ma c’è un meccanismo immunologico che soffoca la fuoriuscita del capello per la presenza di cellule infiammatorie» precisa Fabbrocini. «Si tratta di una patologia che nasce da cause diverse, più legata alla genetica e che può essere scatenata da svariate patologie. Ad esempio tiroiditi, infezioni tonsillari, condizioni di stress, interventi chirurgici, lunghi periodi di allettamento. È molto più difficile recuperare una perdita di capelli da alopecia androgenetica rispetto a una perdita da alopecia areata»
Per trattarla esistono diverse terapie. «Molte speranze si nutrono nei confronti di una nuova categoria di farmaci, i JAK-inibitori, che rappresentano una terapia finalmente mirata a interrompere la risposta immunitaria anomala che causa la caduta dei capelli nell’alopecia areata» fa sapere la dermatologa. «Essi bloccano l’azione di alcune piccole molecole che sono state individuate come causa della risposta autoimmune nell’alopecia areata. Al momento in Italia nessuno JAK-inibitore è stato ancora approvato dalle autorità regolatorie, mentre in America da pochissimi mesi sono stati approvati ufficialmente i farmaci baricitinib, la cui efficacia dovrebbe essere riconosciuta anche nel nostro Paese».
Alopecia traumatica
Per le donne la perdita dei capelli può avvenire anche per altri fattori, non dipendenti da una predisposizione genetica o cause ormonali. Ne è un esempio l’alopecia cosiddetta traumatica o da trazione, dove la perdita di capelli può essere provocata dall’abitudine di pettinare o trattare i capelli in maniera eccessivamente traumatica. Ad esempio con trecce molto strette o l’utilizzo eccessivo di piastre o trattamenti con temperature elevate che danneggiano il fusto dei capelli.
Come si tratta? «Con integratori, ma soprattutto trattamenti dermocosmetici, che devono ricostituire la struttura del capello e ridurre gli effetti collaterali a carico del bulbo» suggerisce la dermatologa. «In questi casi, in genere, la parte danneggiata è quella finale quindi il problema è più facilmente risolvibile. Munirsi di shampoo, balsami, maschere e sieri con sostanze poco aggressive e altamente idratanti».
Perdita di capello post Covid
Post coronavirus, invece, dato che il Covid è una malattia infiammatoria che genere un rilascio di citochine, per molte donne c’è stata un’evidente conseguenza anche sui bulbi piliferi. «Purtroppo abbiamo avuto molti casi, a due mesi dall’episodio di Covid, di caduta di capelli molto importante ma, nella maggior parte dei casi, temporanea. Il problema è dovuto sicuramente alla grossa infiammazione che il virus ha scatenato nell’organismo, causando una condizione di infiammazione persistente al bulbo pilifero, una sua miniaturizzazione e poi una caduta del capello». Per trattare il disturbo post Covid, Fabbrocini ha utilizzato «tricostimolanti e integratori a base di aminoacidi solforati che servono proprio a influenzare il ciclo di genesi del capello e risanarlo».