Le bronchiettasie rappresentano una malattia respiratoria cronica caratterizzata da una dilatazione abnorme e irreversibile di parte dell’albero bronchiale, con una conseguente perdita della corretta funzione di clearance muco-ciliare (una sorta di pulizia delle vie respiratorie), per cui i pazienti presentano tosse, espettorazione quotidiana e frequenti episodi di infezioni respiratorie. Un recente studio italiano stima un’incidenza annua di 16,3 casi per 100.000 individui, con un maggior impatto nella popolazione femminile e anziana. Stefano Aliberti, responsabile dell’unità operativa di pneumologia all’IRCCS Humanitas Research Hospital di Rozzano (Milano) e docente di Humanitas University, spiega meglio di che cosa si tratta.
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Quali sono le cause della bronchiettasie?
Le bronchiettasie possono essere congenite o acquisite, quali deficit immunitari primitivi o secondari, alterazioni della motilità ciliare, infezioni fungine o da micobatteri non-tubercolari, pregresse polmoniti causate da batteri o virus, processi autoimmuni e infiammatori cronici. Nel 40-50% dei casi la causa della malattia rimane sconosciuta.
Quali sono i sintomi?
La malattia si manifesta con tosse, espettorazione quotidiana e infezioni respiratorie ricorrenti, comprese le polmoniti. Possono essere presenti anche episodi di emoftoe/emottisi (sangue nell’espettorato), dispnea (mancanza di fiato), febbricola persistente e profusa astenia.
Come si fa la diagnosi di bronchiettasie?
Lo specialista di riferimento è lo pneumologo. Gli esami da fare in caso di sospetto diagnostico sono la tac del torace ad alta risoluzione e, a seconda della gravità del quadro clinico, una serie di test di laboratorio. In alcuni pazienti è importante escludere alcune patologie genetiche, come la fibrosi cistica, così come la coesistenza di possibili patologie di carattere autoimmune, come per esempio l’artrite reumatoide.
Quali sono le terapie disponibili?
La gestione della malattia è personalizzata sulla base delle caratteristiche cliniche e biologiche di ogni singolo paziente e passa attraverso un approccio multidisciplinare in cui lo pneumologo, affiancato dal fisioterapista respiratorio, può contare sulla collaborazione di altri professionisti tra cui il microbiologo clinico, il radiologo, il genetista, il gastroenterologo e l’otorinolaringoiatra.
Il trattamento più importante è la fisioterapia respiratoria che, grazie a un programma di esercizi specifici, mira a rimuovere il muco che tende a ristagnare nelle bronchiectasie. Altri importanti strumenti sono gli antibiotici, le terapie antinfiammatorie, i farmaci broncodilatatori (in presenza di ostruzione bronchiale) nonché trattamenti per gestire le due complicanze più frequenti della malattia: le riacutizzazioni e la presenza di sangue nell’espettorato.