Focus di Paolo Poli (puoi chiedergli un consulto), primario dell’unità operativa di terapia del dolore dell’Azienda ospedaliera universitaria Pisana.
Quando il dolore cronico non è più controllabile mediante farmaci somministrati per via convenzionale oppure gli effetti collaterali dei farmaci sono superiori all’efficacia analgesica, è possibile ricorrere a un diverso tipo di somministrazione, detto intratecale, attraverso l’impianto di una pompa antalgica.
Sotto la pelle dell’addome viene inserita, in anestesia locale, una piccola pompa collegata a un catetere che consente di immettere i farmaci nello spazio intratecale, un’area all’interno del canale spinale dove scorre il liquido cerebrospinale. La pompa ha un serbatoio che contiene l’analgesico (morfina, o farmaci non oppiacei come lo ziconotide) e lo rilascia secondo le istruzioni ricevute. Quando il farmaco nel serbatoio si esaurisce (circa una volta al mese), il medico, usando una siringa, perfora il serbatoio per riempirlo nuovamente.
Questo tipo di somministrazione permette di erogare il farmaco direttamente nella zona in cui i segnali del dolore viaggiano per raggiungere il cervello. Le dosi necessarie sono quindi molto minori (per esempio, 1 milligrammo di morfina per via intratecale ha lo stesso effetto di 300 milligrammi per via orale) e così si possono diminuire la maggior parte degli effetti collaterali associati ai farmaci assunti per bocca. Il trattamento per il dolore cronico è per tutta la vita. La pompa intratecale viene inserita nei principali centri del dolore italiani e i costi sono interamente a carico del Servizio sanitario nazionale.
Paolo Poli, primario dell’unità operativa di terapia del dolore dell’Azienda ospedaliera universitaria Pisana