Una persona è definita ipovedente quando ha avuto un grave e irreversibile danno all’apparato visivo: pur non totalmente cieca, ha subito una tale riduzione della vista da risentirne nella vita quotidiana, dalla lettura all’uso dell’auto o della tv.
• Le cause. L’ipovisione può essere l’esito di patologie come diabete, glaucoma, degenerazione maculare senile oppure ischemia, che si verifica quando la circolazione del sangue e quindi l’ossigenazione cerebrale si interrompono, provocando la morte di cellule nervose delle aree visive.
• La riabilitazione. «Ci sono vari tipi di ipovisione, ma la più diffusa riguarda i pazienti che non possono utilizzare la macula, la parte centrale della retina», spiega Paolo Limoli, responsabile scientifico del Centro studi ipovisione di Milano.
La patologia è irreversibile, però nella maggior parte dei casi, con tecniche di riabilitazione, viene ripristinata una certa autonomia.
L’ipovedente deve imparare a spostare la visione dalla zona centrale dell’occhio, danneggiata, ad aree della retina periferiche ma ancora funzionanti. In pratica, si abituerà ad avere il centro della visione a livello della coda dell’occhio.
«Per la lettura, sono utili mezzi che ingrandiscano i caratteri (lenti o videoingranditori): i sistemi ottici ingrandenti possono essere meglio adattati dopo aver valutato virtualmente, con apposito software, il campo visivo del paziente», spiega Limoli. Con questo schema l’oculista è in grado di capire il modo in cui il paziente vede e dunque aiutarlo a utilizzare le parti della retina funzionanti, scegliendo il sistema d’ingrandimento e d’illuminazione migliore.
Infine, esistono programmi di fotostimolazione dei neuroni, che migliorano la percezione delle immagini a livello cerebrale. Aiutano a stabilizzare le fissazioni, rese instabili dal danno maculare.
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Ultimo aggiornamento: 23 febbraio 2010