Una signora di 82 anni si è sottoposta a un intervento al cuore senza alcun tipo di anestesia. Come è stato possibile? Grazie all’ipnosi, che ha distolto la mente dal dolore. Nessun trucco, nessuna magia: solo il potere autoterapeutico del cervello. Ma in quali casi si può utilizzare efficamente?
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Ipnosi: non funziona su tutti
L’ipnosi non è un’alternativa all’anestesia alla portata di tutti. «In realtà la sua applicazione nelle procedure chirurgiche è piuttosto limitata, perché funziona solo su quel 10-15% della popolazione che è dotato di un’elevata suscettibilità ipnotica», spiega Giuseppe De Benedittis, professore associato di neurochirurgia all’Università degli Studi di Milano e vicepresidente della Società Italiana di Ipnosi. «La suscettibilità è in parte un tratto genetico, espressione di un forte coinvolgimento immaginativo della persona, ma è anche un tratto acquisito nella relazione con il terapeuta che induce l’ipnosi». Queste condizioni sono difficili da ricreare in una fetta della popolazione (circa il 10%). Per tutti gli altri, la responsività all’ipnosi è nella media. Non sufficiente per essere sfruttata in sala operatoria, ma ottimale per altre indicazioni terapeutiche.
Ipnosi: come può essere definita?
In genere l’ipnosi viene considerata come un particolare stato della mente, assolutamente fisiologico, in cui è possibile imparare a modificare funzioni psichiche e corporee che normalmente non controlliamo con la volontà. Gli esperti dell’American Psychological Association hanno definito l’ipnosi come “uno stato di coscienza che coinvolge attenzione focalizzata e ridotta consapevolezza ambientale e che è caratterizzato da maggiore capacità di risposta alla suggestione”. Anche i neuroscienziati stanno provando a fotografare questa particolare condizione della mente. Gli elettroencefalogrammi dei pazienti in trance mostrano un aumento di specifiche onde cerebrali tipiche di quando eseguiamo azioni in modo automatico senza conservarne il ricordo. Gli studi di neuroimaging evidenziano l’attivazione di determinate regioni del cervello come la corteccia occipitale, la corteccia cingolata anteriore e alcune aree della corteccia prefrontale.
Quali sono le tecniche più usate di ipnosi
Il segreto dell’ipnosi sta tutto nella capacità di trovare la chiave giusta per «entrare» nel cervello. Per indurre l’ipnosi si possono usare diverse tecniche. Il famoso «a me gli occhi» rientra tra le cosiddette tecniche dirette. Il terapeuta dà indicazioni un po’ autoritarie al paziente, dicendo per esempio di fissare un punto su cui focalizzare la propria attenzione. Negli ultimi decenni, però, hanno preso sempre più piede le tecniche indirette, tipiche della psicoterapia ericksoniana. Attraverso sofisticate tecniche linguistiche verbali e non, inducono il soggetto alla trance ipnotica. Nella prima seduta ci possono volere alcuni minuti per raggiungere questo stato della coscienza. Successivamente si entra in ipnosi quasi istantaneamente ai primi comandi. «È come se il paziente imparasse la strada da percorrere: bastano semplici istruzioni perché possa riprovarci perfino a casa da solo con l’autoipnosi, per potenziare gli effetti ottenuti nello studio dello specialista», spiega De Benedittis.
Quando si è ipnotizzati non si perde il controllo
A differenza di quanto si possa pensare, durante la trance non si perde il controllo. Per questo è infondato il timore che l’ipnosi possa costringere la persona ad attuare comportamenti pericolosi. Non ci sono rischi, se viene applicata in modo corretto da un terapeuta adeguatamente formato.
Ipnosi contro il dolore acuto e cronico
Uno dei principali ambiti di applicazione dell’ipnosi è quello della lotta al dolore, acuto e cronico. Studi scientifici dimostrano un’efficacia che arriva fino al 50-75% dei casi. E non parliamo solo di dolore legato a malattie come l’artrite reumatoide o la fibromialgia. Anche i mal di testa possono trarre grande beneficio, secondo l’esperto: «L’ipnosi è altamente raccomandabile nella cefalea di tipo tensivo e (anche se meno efficace) nell’emicrania, mentre è controindicata nella cefalea a grappolo e alcune cefalee post-traumatiche» (clicca qui per approfondire). Perfino i dolori del parto possono essere controllati con l’ipnositerapia, riducendo il ricorso agli analgesici. Questa pratica viene già offerta da diversi centri italiani, come l’Ospedale Sant’Anna e l’Ospedale Mauriziano di Torino.
Ipnosi in oncologia
Pure in oncologia iniziano a vedersi i primi risultati tangibili: studi condotti su pazienti con tumore della mammella dimostrano che la terapia ipnotica porta a una riduzione del dolore e dello stress che si mantiene a un anno di distanza. Anche la stanchezza dovuta alla radioterapia viene tenuta a bada per almeno sei mesi, come indica una sperimentazione condotta su 200 pazienti negli Stati Uniti al Mount Sinai Hospital.
Ipnosi contro il colon irritabile
Migliorare la qualità di vita è l’obiettivo che l’ipnosi può centrare anche nei casi di colon irritabile: irregolarità intestinale, crampi e gonfiore possono migliorare in modo significativo dopo tre mesi di terapia, come dimostra il più grande studio sul tema condotto su oltre 300 pazienti dagli esperti dell’università olandese di Utrecht e pubblicato sulla rivista The Lancet Gastroenterology & Hepatology.
Ipnosi contro fumo, alcol e droghe
Importanti risultati si possono ottenere soprattutto nella sfera comportamentale, ad esempio nel campo delle dipendenze da fumo, alcol e droghe. Prendiamo il vizio molto comune della sigaretta. In questi casi, spiega De Benedittis, «si può ricorrere alla tecnica della desensibilizzazione, che consiste nel distaccare il paziente dal bisogno fisico e psicologico della sigaretta: al fumo si possono contrapporre delle esperienze piacevoli che non creano dipendenza, oppure si possono associare delle sensazioni fastidiose che inducono evitamento, per esempio la nausea». Per vedere i risultati bisogna avere un po’ di pazienza: alcuni studi indicano una probabilità di successo a tre-sei mesi pari all’85-90%, mentre altre recenti ricerche sono più caute e arrivano al 40%. Un capitolo a parte lo meritano i disturbi alimentari.
Ipnosi per uscire dalla bulimia
L’ipnosi, in sinergia con terapie di tipo comportamentale, può dare miglioramenti significativi nella bulimia, cambiando l’atteggiamento nei confronti del cibo e l’ossessione per il peso corporeo e l’aspetto fisico. Allo stesso modo, rileva l’esperto, si può combattere «il binge eating, cioè l’ingestione compulsiva di cibo, mentre l’anoressia nervosa sembra essere meno responsiva», anche se non mancano casi in cui l’ipnosi è riuscita a determinare un aumento del peso migliorando anche l’autostima e la fiducia verso il proprio fisico. Approfondisci qui questo tema
Ipnosi contro la claustrofobia
Quello che forse non tutti sanno è che attraverso la trance ipnotica si può curare anche la pelle, come nel caso degli ustionati: attraverso suggestioni di freddo si può prevenire la progressione delle lesioni, ridurre l’edema, l’infiammazione e la perdita di liquidi. Infine sta prendendo sempre più piede la pratica «dell’ipnosi procedurale, per contrastare il dolore legato a procedure diagnostico-terapeutiche invasive, oppure per combattere la claustrofobia dentro il macchinario per la risonanza magnetica», afferma De Benedittis.
In futuro servirà per studiare il sistema nervoso
Le applicazioni dell’ipnosi in medicina sono così varie che «l’International Society of Hypnosis di cui faccio parte sta cercando di ottenere il riconoscimento ufficiale della pratica da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità», conclude l’esperto. «In futuro, però, l’ipnosi non verrà usata solo come strumento terapeutico: già da qualche anno ricercatori e neuroscienziati hanno cominciato a sfruttarla per studiare il funzionamento del sistema nervoso centrale, come una sorta di bisturi per analizzare i comportamenti del nostro cervello in condizioni fisiologiche e patologiche. Quella che ci attende è una rivoluzione davvero epocale».
Ipnosi e bambini
L’ipnosi può essere usata a scopo terapeutico fin dalla più tenera età, come spiega il neurochirurgo e psicoterapeuta Giuseppe De Benedittis. I bambini a partire dai cinque-sei anni sono particolarmente suscettibili, perché grazie alla loro immaginazione riescono a entrare facilmente in trance. Spesso questo avviene spontaneamente durante la giornata, ad esempio mentre giocano, disegnano, ascoltano musica o un racconto. Sfruttando queste stesse leve, il terapeuta può accedere al loro inconscio per affrontare diverse problematiche. Tra queste il mal di testa, la pipì a letto, i disturbi dell’apprendimento, la balbuzie e l’ansia.
Dove trovare i professionisti affidabili
Trovare un professionista serio e affidabile che pratichi l’ipnosi non è semplice, perché non esiste una chiara regolamentazione del settore. L’ipnosi è una pratica medica e come tale andrebbe fatta solo da medici, psicologi, psicoterapeuti e odontoiatri opportunamente formati. Qualche indicazione utile per non finire nelle mani di ciarlatani la si può trovare nel libro Blue Book. La guida all’ipnosi evidence based, a cura di Giuseppe De Benedittis, Claudio Mammini e Nicolino Rago (Franco Angeli Editore). Il volume, a cura della Società Italiana di Ipnosi, fornisce un orientamento sulle principali applicazioni dell’ipnositerapia, valutate sulla base di studi scientifici. Nell’ultima parte sono riportati i sei Centri di riferimento per l’ipnosi in Italia (a Roma, Milano, Pisa, Verona, Sassari e Torino). Inoltre si trova anche un elenco di professionisti suddivisi per regione.
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