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Ipertensione arteriosa polmonare: dal 2018 disponibile una nuova cura

In arrivo la prima terapia esclusivamente orale che riduce del 40% il rischio di progressione della malattia

Per chi soffre di ipertensione arteriosa polmonare da gennaio 2018 sarà disponibile una nuova terapia orale in grado di ridurre del 40% il rischio di progressione della malattia. Il dato è emerso da uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine. Il nuovo farmaco è già stato approvato dalla Food and Drug Administration americana e dall’Agenzia europea del farmaco. Ora, si sta concludendo anche l’iter italiano, con la definizione del costo, e da gennaio 2018 il farmaco sarà disponibile anche in Italia.

Diagnosi tardiva

In cosa consiste l’innovazione di questo farmaco (il selexipag) e come cambierà la vita dei pazienti? Per capirlo bisogna fare una piccola premessa. Le persone con ipertensione arteriosa polmonare sono quasi sempre “vittime” di una diagnosi tardiva. Primo perché i sintomi della patologia sono abbastanza aspecifici (stanchezza, affanno nel respiro, capogiri) e gli stessi pazienti si recano tardi dal giusto specialista, secondo perché questi sintomi possono essere confusi con altre malattie e, in virtù del fatto che ci sono patologie molto più comuni con sintomi simili o uguali, vengono fatti molti esami per escludere i disturbi più diffusi. Così si accumula ritardo nella diagnosi, un ritardo che oggi non è evitabile.

Gruppo San Donato

Un farmaco meno invasivo

Nel momento in cui viene diagnosticata la malattia, quindi, i sintomi sono spesso già avanzati. «L’ipertensione arteriosa polmonare è determinata principalmente dall’alterazione di tre vie metaboliche: la via dell’ossido nitrico, la via dell’endotelina e la via della prostaciclina» spiega Nazzareno Galiè, responsabile del Centro di Diagnosi e Trattamento della Ipertensione Polmonare del Policlinico di S. Orsola di Bologna. «Mentre da anni si può agire sulle prime due vie con farmaci orali, la terza via della prostaciclina fino ad oggi disponeva solo di terapie per pazienti più compromessi, con modalità di somministrazione alquanto invasive». Quanto invasive? «Si tratta di una somministrazione sottocutanea o endovenosa continua per tutta la giornata con pompe portatili, con un certo impatto sulla qualità di vita del paziente, che deve essere educato alla gestione della terapia».

La differenza con la terapia invasiva

Con la nuova terapia orale, che va ad aggiungersi agli altri due farmaci, la gestione si semplifica di molto perché si tratta di prendere delle medicine per bocca due volte al giorno. Il concetto importante da chiarire, però, è che questa nuova terapia non sostituisce quella invasiva. In che senso? «La terapia invasiva oggi viene somministrata solo quando i sintomi dell’ipertensione arteriosa polmonare sono avanzati e invalidanti, mentre il farmaco orale può essere anticipato a quando questi sintomi sono ancora lievi, durante le fasi più iniziali della malattia. Questo utilizzo anticipato può allontanare la possibilità di ricorrere alla terapia invasiva, perché la progressione della malattia viene rallentata. E il tutto mantenendo una buona qualità di vita» spiega l’esperto.

Allontana il rischio

Allontana il rischio, quindi, ma non lo elimina del tutto. E la terapia invasiva rimane ad oggi la più potente ed efficace per un paziente in fasi avanzate. «I soggetti che oggi sono in trattamento con la terapia invasiva non potranno beneficiare del nuovo farmaco orale perché non adatto alle loro condizioni» sottolinea Galiè. «La prescrizione può essere fatta solo da Centri specializzati perché questi farmaci non sono distribuiti nelle farmacie tradizionali, ma nelle farmacie ospedaliere».

Giulia Masoero Regis

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