A Fiorella Ceccato, torinese, nel viene evidenziato un nodulo sospetto al seno. Per lei, ipocondriaca, è l’inizio di un cammino terapeutico, spesso duro e difficile. Ma a lieto fine.
Ecco la sua testimonianza per OK La salute prima di tutto.
«La mia storia inizia il 7 febbraio 2006: visita di controllo al seno, piccolo nodulo da qualche anno tenuto sotto controllo. Fatte altre visite tutto a posto, tra pochi giorni divento nonna, Martina è in arrivo e questa nonna ipocondriaca e un po’ ansiosa deve mettersi a nuovo.
Devo cambiare ginecologo, il dott. B. andrà in pensione a breve. Devo essere pronta per la nuova età critica, quella della menopausa. Ci siamo quasi, ho compiuto da poco 52 anni, leggo e mi tengo informata, amo curarmi con l’omeopatia.
“Signora Ceccato, prego si accomodi”.
Seno destro tutto bene, cavo ascellare, bene. Seno sinistro. Silenzio, troppo lungo. Si ferma sul piccolo nodulo.
“Signora qui qualche cosa non va bene, bisogna fare urgentemente un ago aspirato”. “Non voglio sapere nulla, non sono in grado di affrontare nulla!”, rispondo.
“Allora perché sta facendo i controlli? Bisogna fare accertamenti, vada subito dal suo medico di base!”.
Ecco il tunnel, mi manca l’aria, quella sensazione strana che mi accompagnerà per mesi. In due giorni ho la prenotazione dalla senologa.
“Buongiorno, chi è il suo ginecologo? Non si è accorto che il nodulo stava già arrivando vicino ai tessuti? Lo cambi!”, mi fa la dottoressa.
“Ma veramente è andato in pensione… Ho tardato giusto sei mesi a fare la mammografia, la precedente non segnalava nulla di anomalo, il chirurgo della clinica consultato subito dopo l’ecografista voleva asportare il nodulo il giorno dopo e poi valutare e poi… “.
Parlavo senza neppure capire bene cosa dicevo, intanto la dottoressa mi prenotava la mammografia, subito.
“Ma sono un caso così disperato?”.
“No c’è posto, giornata calma, è solo stata fortunata”.
Guardavo le lastre, aggrappata al braccio di mio marito, ero proprio io? Stava capitando a me? Io ho fattori di rischio zero: continuavo a ripetere a chiunque, non sono in menopausa, non ho familiarità, deve nascere Martina, mia figlia deve dare gli ultimi esami poi la laurea…
“Bisogna intervenire, asportare valutare, le lascio il mio numero di cellulare, mi chiami quando vuole. Ago aspirato prenotato per il giorno 14 febbraio”.
Esito posivito per neoplasia – giudizio diagnostico non significativo.
“Cosa vuol dire? Magari non ho nulla, lo rifacciamo?”
“Certo, la settimana prossima rifacciamo l’esame. Magari riusciamo a prelevare più materiale”.
Ma dove sono capitata? Sembra che tutto l’ospedale ruoti intorno a me, ci sono altre donne in attesa, altri visi spaventanti, qualcuna esce disperata dai vari ambulatori, altre sorridendo, altre perplesse in attesa, in ansia, ma nessuno si arrabbia, nessuno urla contro nessuno.
Il 28 febbraio si ripete il prelievo mirato su linfonodo ascellare. Giudizio diagnostico: lesione in mammella sinistra – reperti compatibili con linfonodo negativo. Mio marito sempre al mio fianco, quando non si accorge che lo guardo sembra spaventato, poi mi sorride. Le mie colleghe e amiche mi parlano con le lacrime agli occhi, per ora i miei figli sanno che devo fare alcuni piccoli accertamenti, ma è vietato parlare di cancro! Mi preparo all’intervento con un caro amico, medico, conosce bene la mia idiosincrasia per i farmaci allopatici, ma “queste cose non si curano con la camomilla”.
Qualche seduta di ipnosi, di rilassamento, di Fiori di Bach, palline sotto la lingua, e pregare ora diventa una compagnia quotidiana. Don Mimmo, il mio parroco, mi accoglie quando sono in preda ad un violento attacco di panico, con semplicità mi spiega che Dio non è un ragioniere, che se vedevo tutto ciò come un castigo, meritato o no che fosse… Insomma è tutto troppo complicato da spiegare in poche parole.
Comunque mi sento meno sola. Martina nasce il 6 marzo e mia figlia conclude gli ultimi esami. Ora tocca a me, difficile nascondere qualche cosa alla mia famiglia!
La musica è ciò che più mi calma, davvero posso portare il cd degli Abba in sala operatoria? Davvero l’anestesia potrà essere fatta solo localmente? Ma dove sono capitata: nel paese dei balocchi o è solo l’anticamera del Paradiso?
19 aprile 2006, 9 di mattina: l’intervento. Sono tranquilla, ascolto I believe in angels degli Abba.
Poi panico, devo prendere antibiotici, ma io sono anni che non prendo medicinali.
“Cosa succede, urino blu?”.
“Non si preoccupi, tutto è andato bene. È il liquido che le hanno iniettato ieri mattina al centro di medicina nucleare: dorme qui con noi una notte e domani a casa”.
Medicazione, vedo per la prima volta il mio seno, c’è un segno dritto e senza sbavature, pensavo di trovarmi un rattoppo pieno di buchi e fili, sento qualche cosa di duro, di non naturale. Ho paura!
“Cucitura estetica, piccola ricostruzione effettuata da subito, non si vedrà nulla anzi, ora è persino più armonioso dell’altro seno”.
Il 4 maggio, alle 14 c’è la visita collegiale. Conclusione diagnostica: iperplasia reattiva in linfonodi 2 carcinoma duttale infiltrante della mammella cm 1,6. Comunque buone notizie, nessun intervento ulteriore, linfonodo non intaccato, nessuna chemioterapia, ciclo di radioterapia e il protocollo dice “terapia ormonale per almeno anni cinque”.
Mi sento rinascere, mi sento nuova, mi sento fortunata, perché proprio a me il cancro e poi perché proprio a me tanta fortuna. E poi: ma sono malata o guarita? Poi devo prendere medicinali? No, i medicinali no!
La radioterapia nei sotterranei, chiusa in una stanza pochi minuti. Oddio, la mia claustrofobia! Per la prima volta ho veramente tanta paura di non farcela. Siamo a fine maggio, scendo le scale per arrivare nei sotterranei dell’ospedale, tremo. Mio marito, sempre al mio fianco, mi stringe la mano. Mi accompagnano in un piccola stanza per la centratura e i tatuaggi, non ho mai avuto così paura, mi sento soffocare, spiego al radiologo che soffro di claustrofobia che sono ancora un po’ scioccata da quanto mi è successo, faccio fatica a stare ferma su quel lettino.
Molto sgarbatamente mi dice: “Signora stia ferma, per cortesia. Qui non abbiamo tempo da perdere”. Comincio a piangere: “Si figuri se ne ho io tempo da perdere, ho il cancro!”, questa frase mi rimane in gola tra le lacrime.
Non mi sento più “in buone mani”. Rimango inchiodata senza respirare. Sconvolta, decisa a non fare nessuna radioterapia, non scenderò mai più là sotto, non voglio più avere così paura, mai più! Per fortuna mio marito mi fa ragionare e mi chiede di fare almeno la visita con la dottoressa che seguirà poi tutto il ciclo di radioterapia.
Qualche giorno dopo, sono nel cortile dell’ospedale, da una moto scende un uomo tutto vestito di pelle nera, cammina trascinando i piedi si toglie il casco, riconosco il centratore, il tatuatore, quello che non aveva tempo. Mi viene voglia di scappare.
Vado avanti, per fortuna, sia la radioterapista che le ragazze che mi seguiranno poi quotidianamente per più di un mese nei sotterranei, sono gentili, competenti e pazienti. Arrivavo con il mio boccettino di lavanda stretto in mano e un vecchio fazzoletto del mio papà.
Inizia la terapia ormonale. Per me prendere anche solo un’aspirina è sempre stato un problema. I farmaci mi manderanno in una menopausa accelerata, tra l’altro l’ultimo ciclo era stato proprio il 14 febbraio, come se il mio essere donna fosse arrivato fino a lì e poi basta, finito. Menopausa naturale. Quella famosa sessuologa, che scrive sui giornali, riporta statistiche e informazioni atroci sulla menopausa “normale”: il tuo corpo che cambia forma, il tuo profumo di donna che sparisce e così il tuo compagno non sente più alcuna attrattiva.
La terapia ormonale accelera il processo e quindi mi piomberanno addosso 10 anni di menopausa in un sol colpo? Per fortuna trovo nel nuovo ginecologo, quello che ha fatto nascere Martina, un grande supporto. Arrivo da lui spaventata.
“Il mio ginecologo è andato in pensione, facevo le analisi per prepararmi ad un nuovo inizio e mi sono trovata con un cancro”.
Calma. La sua calma diventa piano piano anche la mia. “Non dimentichi mai che gli ormoni non hanno nulla a che vedere con il piacere”, mi dice. “Mi faccia la cortesia, qualsiasi cosa legga, se ha dei dubbi, non navighi su Internet che magari interpreta male e poi sta peggio… mi chiami e ne parliamo”.
Grazie!
Sono passati più di tre anni, ogni sei mesi faccio i controlli. Sono stata inserita nel progetto Diana, gruppo arancio, quello di chi ha un basso fattore di rischio. Sono stata fortunata? Poteva andare peggio, poteva non succedere a me? Sono guarita? Una cosa è certa, per un’ipocondriaca una malattia così seria come il cancro spiazza e sconvolge. Più che mai da allora mi ripeto spesso: “Signora non abbiamo tempo da perdere”».
Fiorella Ceccato – OK La salute prima di tutto
Ultimo aggiornamento: 23 agosto 2010