Circa tre infarti su dieci possono essere causati dal nostro sistema immunitario, che in determinate condizioni induce una eccessiva azione infiammatoria. La scoperta, tutta italiana, è stata fatta dell’Istituto di Cardiologia della Cattolica e dal Polo di Scienze Cardiovascolari e Toraciche del Gemelli di Roma.
I colpevoli sono i linfociti di tipo T
Un’attività esagerata di alcune cellule immunitarie, i linfociti di tipo T, porta a un’eccessiva infiammazione della placca aterosclerotica, che si è depositata nel tempo sulle pareti dei vasi sanguigni. Questa placca va poi incontro a rottura e causa l’infarto.
Una terapia sempre più personalizzata
Negli ultimi anni si è cominciato a ragionare sul fatto che gli infarti non siano tutti uguali. In alcuni casi infatti sono provocati da meccanismi diversi che si traducono in prognosi diverse da paziente a paziente.
Ogni paziente deve avere una prognosi diversa
I progetti di ricerca in corso e futuri presso il Gemelli permetteranno di sviluppare terapie mirate sulla base del meccanismo che porta all’infarto. Si potrà così stabilire per ogni paziente la prognosi, nonché alcune indicazioni sulle misure di prevenzione primaria e secondaria da seguire.
La ricerca
Uno dei meccanismi possibili è proprio mediato dall’azione del sistema immunitario sulla placca. In in un gruppo di pazienti si è visto che la placca aterosclerotica sulle pareti dei vasi che ossigenano il cuore (le coronarie) va incontro a rottura e successiva formazione del trombo con processi che coinvolgono uno squilibrio nelle cellule del sistema immunitario.
Le diverse terapie
Altre ricerche hanno evidenziato come in circa la metà degli infarti non si verifichi la rottura della placca: in assenza di rottura la prognosi dei pazienti è più favorevole a lungo termine. In alcuni casi si ha solo un’erosione. Probabilmente questi infarti necessitano di una terapia diversa, senza la necessità di impiantare uno stent coronarico.
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