La laurea come fattore di prevenzione contro l’infarto? Sì, secondo uno studio appena pubblicato sulla rivista scientifica British Medical Journal, condotto in collaborazione tra le università di Oxford, Londra, Losanna e il Centro Ricerche in Epidemiologia e Medicina Preventiva (Epimed) dell’Università dell’Insubria.
Livello di istruzione e salute
La correlazione tra un livello di istruzione alto e la diminuzione del rischio coronarico si inserisce all’interno di un tema già conosciuto dalla comunità scientifica. Una ricerca del 2015, condotta dall’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare/Health Examination Survey dell’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con l’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri-Fondazione per il Tuo Cuore (ANMCO-HCF), ha infatti evidenziato come nelle abitudini a tavola emergano le differenze socio-economiche di un Paese e come questo, inevitabilmente, ha spesso anche delle conseguenze sulla salute.
Al Sud si mangia troppo sale
In particolare, la ricerca aveva dimostrato che gli abitanti di Calabria, Basilicata, Puglia e Sicilia detengono il record del consumo di sale quotidiano, pari a circa 11 grammi, mentre in tutte le altre regioni si usano quantità inferiori ai 10 grammi, che calano progressivamente man mano che ci si sposta verso Nord. Queste differenze sono in larga misura attribuibili alle diseguaglianze socio-economico che attraversano le diverse aree geografiche del nostro Paese e, si sa, il sale non è amico del cuore.
Il nuovo studio
«Questo studio è il primo a evidenziare il legame di causa tra educazione e infarto» spiegano gli esperti. In qualche modo, la voglia e la capacità di studiare sarebbero ereditate geneticamente dai genitori. «In maniera casuale, alcuni bambini ricevono tratti genetici predisponenti a stare a scuola un numero maggiore di anni – proseguono i
ricercatori – mentre altri ricevono geni predisponenti a starci meno anni. Analizzando questi dati, si è visto che 3,6 anni aggiuntivi di scolarità causano il 33% in meno di eventi
coronarici».
Più educazione, meno danni alla salute
Il co-autore dello studio, Giovanni Veronesi, ricercatore al Dipartimento di Medicina e
Chirurgia dell’Università dell’Insubria, considera aperto un nuovo capitolo nella lotta alle malattie cardiovascolari, che ancora oggi sono tra le prime cause di morte in Europa ed in Italia. I risultati devono stimolare il dialogo tra la comunità medico-scientifica,
la classe politica e gli operatori di salute pubblica per pianificare strategie volte a incoraggiare i giovani a migliorare sempre il proprio livello di educazione.
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