Fibrosi cistica, epidermolisi bollosa, fibrosi polmonare idiopatica, amiotrofia spinale infantile, malattia di Startgardt, malattia di Fabry: sono solo alcune delle oltre 8000 malattie rare che colpiscono tra le 670.000 e il milione e mezzo di persone in Italia. L’80% delle malattie rare è di origine genetica e spesso si tratta di patologie croniche e potenzialmente mortali. Si definisce rara una malattia quando colpisce non più di 5 persone ogni 10.000. Ci sono anche quelle ultra-rare o rarissime che sono riscontrate in meno di 1 persona su un milione. In Italia, il 25% dei pazienti rari attende da 5 a 30 anni per ricevere conferma di una diagnosi, uno su tre deve addirittura spostarsi in un’altra Regione per averne una esatta.
Il 29 febbraio è la nona Giornata Mondiale delle Malattie Rare, voluta dalla EURORDIS, European Organisation for Rare Disease, l’organizzazione europea che rappresenta oltre 30 milioni di pazienti. In Italia la Giornata è coordinata da UNIAMO Federazione Italiana Malattie Rare Onlus. Il messaggio per questa edizione è Unisciti a noi per far sentire la voce delle Malattie Rare. C’è anche una campagna social #UniamoLaVoce ideata per coinvolgere l’opinione pubblica nel realizzare e condividere un vero e proprio grido liberatorio che dia voce ai pazienti affetti da malattie rare. Ognuno di noi potrà pubblicare un video con il suo urlo e attraverso il meccanismo della social mention potrà invitare i suoi contatti a fare lo stesso. Non solo video: si potrà partecipare anche attraverso una foto che immortali l’urlo, oppure semplicemente scrivendo un tweet di solidarietà per la causa con l’hashtag #UniamoLaVoce. I video saranno visibile dal 5 marzo.
«C’è bisogno di una Giornata come questa – spiega Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e genetista di fama mondiale – per richiamare l’attenzione su un problema che ha una dimensione sociale. Il nome malattie rare non dà la misura di quelle centinaia di migliaia di persone colpite in Italia, dei trenta milioni di pazienti in Europa e dei circa 350 milioni che sono colpiti nel mondo. Essere raro in termini sanitari significa avere molte più difficoltà dei malati comuni, perché si hanno molte più difficoltà a trovare chi ti fa una diagnosi, chi ti dà le informazioni corrette. Nel 30% di queste patologie le attese di vita sono ridotte a meno di cinque anni. Fortunatamente per il restante 70% abbiamo una serie di risorse, che non sono nella maggioranza dei casi curative, nel senso di guarigione, ma che possono incidere spesso molto favorevolmente sulle condizioni di vita delle persone».
Se potesse gridare anche il professore Dallapiccola in uno dei video social cosa griderebbe? «Io griderei di avere uguaglianza per tutti. C’è ancora troppa discriminazione nei malati rari. Discriminazione nella opportunità di avere una diagnosi nei tempi giusti, nella opportunità di avere un programma di assistenza adeguato, di potere entrare nei progetti di ricerca che danno i farmaci o le medicine innovative. Quello che vogliamo è che nessuno abbia più degli altri o meno degli altri. Dobbiamo armonizzare una serie di barriere che oggi lasciano ancora da parte troppe persone. In poche parole vorrei che la politica s’interessasse più di malattie rare. Due anni fa con molte difficoltà, ventesimi in Europa, abbiamo varato il primo Piano Nazionale Malattie Rare, un piano di tre anni, che scade quest’anno. Cosa mi aspetterei? Che la politica implementasse da subito un gruppo di lavoro per far sì che molto rapidamente si mettano a lavorare per creare la seconda edizione del Piano Nazionale e quindi superino i punti che abbiamo lasciato aperti nel precedente. Uno per tutti, serve anche un piano economico. Vogliamo dire che per certi aspetti è ridicolo. Se tu chiedi alle Regioni quanto spendono per le malattie rare non sanno risponderti, anche se vi assicuro che stiamo spendendo molto. Non è possibile però che nessuno sappia o voglia fare un piano economico, perché il problema è che si spende in modo disomogeneo in Italia. Porsi degli obiettivi realistici in modo che si possa crescere. Siamo alle prime posizioni in Europa. Ma rimbocchiamoci le mani per dare di più»
Cosa direbbe a una persona che scoprisse di avere una malattia rara? Come dicevo, il 30% di queste malattie degenarative metaboliche che colpiscono il neonato e che non danno un’aspettativa di vita superiore ai cinque anni e per dare risposte valide ci vorranno ancora dei lustri. Ma per il restante 70 possiamo far vivere dignitosamente il paziente con una serie di interventi. Certamente c’è una ricerca molto attiva che promette presto di dare ancora di più. Il paziente che riesce in qualche modo ad avere delle forze interiori lo aiuta a gestire meglio le malattie. Abbiamo eccellenti esempi di pazienti che riescono a gestire bene la malattie e naturalmente sono quelli che riescono anche a vivere meglio.
Francesco Bianco
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