Un nuovo difetto nella regolazione genica, mai visto prima in patologie umane, è la causa di una delle più comuni forme di distrofia muscolare, quella facio-scapolo omerale: a descriverlo sulla rivista Cell è Davide Gabellini, ricercatore dell’Istituto Telethon Dulbecco presso l’IRCCS San Raffaele di Milano, dove è responsabile dell’unità Espressione genica e distrofia muscolare. La scoperta dà speranza alle persone affette dalla patologia e potrebbe aiutare a comprendere altre malattie enigmatiche, tra cui alcune forme di diabete o di cancro.
Per 4500 persone in Italia e almeno 500.000 in tutto il mondo, la distrofia muscolare facio-scapolo-omerale (FSHD) provoca la perdita progressiva dei muscoli del viso, delle spalle e parte superiore delle braccia, il che rende difficile camminare, sollevare le braccia o addirittura sorridere. Per anni, il meccanismo alla base della malattia ha eluso gli scienziati, ma questo studio getta una luce descrivendo un meccanismo complesso del tutto nuovo: la FSHD si verifica perché un Rna non codificante permette a geni vicini di diventare iperattivi.
Nel 1992, la causa della FSHD era stata rintracciata nella delezione in una regione del cromosoma 4 che è costituita da unità ripetute di Dna chiamate D4Z4. A quel tempo, molti scienziati avevano dato per scontato che la FSHD avrebbe seguito il meccanismo classico delle altre malattie genetiche: mutazione di un gene all’interno di D4Z4 con perdita della capacità di produrre una proteina. Le ricerche successive, condotte quando Davide Gabellini era negli Usa, hanno però trovato l’esatto contrario: la FSHD non è dovuta alla perdita di una proteina, ma ad un suo eccesso. Il passo successivo è stato comprendere come D4Z4 fosse in grado di regolare la produzione proteica da parte della regione FSHD. Con il nuovo studio, il gruppo diretto da Gabellini ha dimostrato che la perdita delle sequenze ripetute D4Z4 permette la produzione di un nuovo RNA non codificante, che i ricercatori hanno battezzato DBE-T. È DBE-T a essere direttamente responsabile dell’attivazione dell’espressione di geni della regione FSHD e quindi della aumentata produzione proteica.
«Il meccanismo che abbiamo descritto è nuovo e rappresenta un modello interessante per affrontare altre patologie complesse in cui il classico approccio del gene candidato non ha avuto successo», afferma Davide Gabellini. Esaminando biopsie muscolari, Gabellini e i suoi colleghi Daphne Cabianca e Valentina Casà hanno scoperto che DBE-T è prodotto esclusivamente nei pazienti FSHD, ma non nei soggetti sani. Inoltre hanno dimostrato sperimentalmente che, bloccando la produzione di DBE-T, si ottiene una normalizzazione dell’espressione dei geni della regione FSHD: questo suggerisce che DBE-T potrebbe essere un valido target terapeutico per contrastare la malattia.
Le sequenze ripetute di Dna (regioni ripetute migliaia di volte nel nostro genoma e che, non codificando per proteine, sono dai più ignorate) rappresentano oltre il 50% del patrimonio genetico umano. «C’è una buona probabilità che alterazioni in altre sequenze ripetute del nostro genoma siano responsabili di cattiva regolazione genica in altre malattie» ha aggiunto Gabellini. «Ad esempio, regioni di Dna ripetute si trovano vicino al gene dell’insulina e la loro alterazione può predisporre al diabete».