Quello che viene definito, in termini medici, fracasso facciale, è ciò che si verifica quando più ossa del volto si rompono a causa di un trauma molto violento. A fratturarsi possono essere mandibola, mascellare superiore e bilaterale, zigomo sinistro ma anche naso, regione frontale e orbitaria. Poiché queste fratture possono essere scomposte o instabili, è possibile che i frammenti ossei depiazzati compromettano ancor di più i lineamenti del viso, già tumefatto e alterato: per questo motivo, dopo aver dato priorità al trattamento di eventuali danni cerebrali, si procede piuttosto rapidamente con una riduzione chirurgica maxillo-facciale, volta a riportare le ossa nella loro sede naturale. Ce ne parla Giorgio Iannetti, professore emerito di chirurgia maxillo-facciale presso la Sapienza Università e chirurgo maxillo-facciale presso la Clinica Villa Margherita di Roma.
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Fracasso facciale: in cosa consiste l’intervento?
Dopo aver sottoposto il paziente ad anestesia generale, lo specialista, mediante incisioni mirate dei tessuti, raggiunge man mano tutte le fratture presenti, riporta i frammenti ossei in sede contenendoli mediante mezzi di sintesi, cioè unisce le parti spezzate dell’osso, fissandole tra loro, con l’ausilio di alcuni dispositivi, come placche e viti. L’osso, in questo modo, si stabilizza e allinea, favorendone la consolidazione.
Oggi si impiantano placche in titanio, resistenti e ben tollerate dall’organismo
Per mantenere in posizione le ossa appena riallineate si utilizzano placche in titanio, che sono resistenti, non provocano alcun fastidio o dolore, non risentono degli sbalzi termici (quindi, per intenderci, non si surriscaldano alle alte temperature) e non interagiscono con i campi elettromagnetici. Ciò consente, a chi le indossa, di potersi sottoporre a Tac e risonanza senza alcuna controindicazione e, cosa non da poco, di attraversare i metal detector senza far scattare l’allarme. Questo purtroppo accadeva in passato, quando ancora si utilizzavano dispositivi in acciaio, che creavano non pochi problemi. Le placche non si usurano nel tempo e, per questo motivo, possono essere tenute a vita. In realtà si potrebbero togliere quando hanno esaurito la loro funzione ma, essendo perfettamente compatibili con i tessuti biologici, non c’è alcun motivo di sottoporre il paziente a un secondo intervento.
Il recupero post-operatorio
Il paziente può fare ritorno a casa dopo 2-5 giorni dall’intervento, non deve sottoporsi a periodi di immobilizzazione forzata del viso e può alimentarsi già fin dopo il risveglio. Nel caso di incisioni all’interno della bocca, bisogna prestare particolare attenzione all’igiene orale, ma indicativamente dopo una decina di giorni anche le ferite presenti sulle mucose si cicatrizzano. In generale si può riprendere l’attività lavorativa dopo due settimane, così come anche un blando esercizio fisico, ad esempio la cyclette. Per tornare a praticare sport più movimentati, come calcio, basket, sci o equitazione, è necessario aspettare 30-60 giorni.