Vi è mai capitato di essere sdraiati e di avvertire, durante la lettura di un libro o l’utilizzo dello smartphone con le braccia piegate verso l’alto, un formicolio fastidioso alle ultime due dita delle mani? Se questo disturbo, causato anche da altri fattori (che fra poco vedremo), si cronicizza ecco che si innesca la cosiddetta sindrome del tunnel cubitale, che è una compressione del nervo ulnare al gomito. «Tra le compressioni nervose dell’arto superiore, dopo la sindrome del tunnel carpale e la compressione del nervo mediano al polso, questa è la più frequente», interviene Giorgio Pivato, Responsabile Unità Operativa di Chirurgia della mano e Microchirurgia Ricostruttiva presso Humanitas.
«Se la sindrome del tunnel carpale è causata da un’infiammazione dei tendini flessori, che schiacciano il nervo mediano dentro al canale del carpo, il nervo ulnare al suo passaggio nella doccia epitrocleo-olecranica viene schiacciato per motivi funzionali, cioè durante i movimenti di flesso-estensione del gomito. Questo canale, infatti, è delimitato superiormente da un piccolo legamento, rendendolo molto stretto, per cui quando il gomito viene piegato il nervo viene schiacciato contro questo legamento e può andare incontro a una sofferenza di tipo ischemica. In poche parole: gli arriva poco sangue. Tutte le compressioni nervose si rendono manifeste con un problema di formicolio perché non arriva bene il sangue a valle del punto di compressione», continua lo specialista.
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Quali sono i sintomi della sindrome del tunnel cubitale?
«Negli stadi inziali ci sono solo sintomi irritativi, cioè il formicolio (ed eventualmente il dolore) al gomito e alle ultime due dita della mano. Nei casi più avanzati, invece, il paziente riferisce di non sentire o sentire meno i polpastrelli dell’anulare e del mignolo. Nei casi ancora più gravi a tutti questi sintomi si aggiunge la diminuzione della forza: non si riesce più a fare il movimento di adduzione (avvicinamento) e abduzione (allontanamento) delle dita. Per verificarlo il medico chiede al paziente di tenere un foglio tra il quarto e il quinto dito: in presenza di compressione del nervo ulnare al gomito la persona non riesce a eseguire questa richiesta», continua il professor Pivato.
Quali sono i fattori di rischio?
La sindrome del tunnel cubitale può colpire entrambe le mani, anche contemporaneamente. Ma come mai si manifesta questa condizione? «Esistono dei fattori di rischio traumatici: pazienti che hanno subito delle fratture del gomito, infatti, possono andare incontro con maggiore facilità a questo tipo di compressione perché se varia l’anatomia del gomito stesso si possono creare delle alterazioni del profilo del canale all’interno del quale questo nervo passa e sviluppare fenomeni compressivi. Il nervo può comprimersi anche a causa di stimoli posturali errati, movimenti ripetitivi e attività che richiedono flessioni prolungate del gomito, utilizzo continuo di strumenti vibranti, sport di lancio», spiega Pivato.
Come si cura la sindrome del tunnel cubitale?
Stadi iniziali
«Negli stadi iniziali del disturbo è sufficiente modificare l’atteggiamento posturale, come allontanare la sedia dalla scrivania di qualche centimetro, posizionare la tastiera in avanti per distendere i gomiti, arretrare il sedile della macchina. Sono piccoli accorgimenti che fanno sì che durante le attività che noi eseguiamo per tante ore al giorno – come stare al computer, leggere un libro o guidare la macchina – il nostro nervo possa stare un po’ più allungato», prosegue il chirurgo della mano.
Stadi avanzati
«Nei casi più avanzati, invece, si può indossare un tutore, appositamente realizzato per il braccio di quel paziente. La persona mantiene il gomito in una posizione di 120° di flessione, cioè abbastanza esteso, durante le ore notturne. Questo per impedire che il paziente pieghi il gomito, stirando il nervo. Il tutore non si porta per tutta la vita ma solo per un periodo limitato, ad esempio un paio di mesi. Essendo una compressione funzionale, i sintomi generalmente si risolvono dopo l’adozione di questi accorgimenti».
Quando si opta per l’intervento chirurgico?
Se la situazione rimane invariata è indicata l’esecuzione dell’elettromiografia, l’esame che misura la velocità di conduzione dello stimolo elettrico da parte del nervo e va a vedere quanto velocemente il nervo conduce lo stimolo da un punto all’altro. Se il nervo porta lo stimolo elettrico velocemente significa che questo sta bene, al contrario vuol dire che il nervo è ammalato.
«Quando il nervo mostra segni di sofferenza importante e le tecniche conservative non hanno sortito alcuna efficacia, è assolutamente indicato l’intervento chirurgico. L’operazione, che viene fatta ambulatorialmente e in anestesia locale, non comporta alcuna immobilità post-operatoria, quindi il paziente può fare tutto ciò che poteva fare prima. L’intervento ha come scopo quello di “aprire” il piccolo legamento che chiude il canale di cui abbiamo parlato prima. In questo modo, non trovando più alcun ostacolo, il nervo può trovare il giusto spazio. Non va, quindi, incontro a fenomeni di compressione», conclude il professor Pivato.