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Cos’è la fibrosi polmonare
La fibrosi polmonare idiopatica consiste nel progressivo aumento del tessuto fibroso del polmone, che allo stadio più avanzato arriva a sostituire gran parte del tessuto funzionante provocando l’insufficienza respiratoria. In Italia si contano ta i 5 e i 10mila pazienti. L’incertezza è dovuta al fatto che molti non sono riconosciuti o confusi come affetti da altre malattie. Purtroppo non in tutte le regioni la patologia è inserita nell’elenco delle malattie rare che danno diritto alle esenzioni.
Cause della fibrosi polmonare
Le cause non sono ancora ben note ma, si conoscono i fattori di rischio, come il fumo di sigaretta, l’esposizione a vari agenti inalanti e la predisposizione genetica. Lo screening genetico su vasta scala non è stato ancora codificato. Sapere però che all’interno della propria famiglia vi è un paziente con una diagnosi di questo genere comporta necessariamente un approfondimento a cura degli specialisti pneumologi e genetisti.
Sintomi
I primi segnali possono essere una generica difficoltà di respiro sotto sforzo e tosse secca che in qualche modo il paziente non associa a nessuna causa.
Diagnosi
Riconoscere precocemente la fibrosi polmonare idiopatica è importante perché si tratta di una malattia grave e progressiva nel tempo. Basterebbe una radiografia del torace nei pazienti a rischio, quali per esempio i fumatori sopra i 40 anni che presentano tosse secca e una familiarità con la malattia. Se c’è un sospetto diagnostico, come esame successivo si effettua una Tac ad alta risoluzione. Altri esami, come l’emogasanalisi, la spirometria col test di diffusione del monossido di carbonio o il test del cammino, vengono effettuati nei centri specializzati di pneumologia e servono a completare la diagnosi e capire lo stadio d’evoluzione.
Terapie per la fibrosi polmonare
Negli ultimi cinque anni la terapia è stata completamente stravolta. Sono state scoperte due nuove molecole e si è capito che la cura precedente, a base di cortisone e immunosoppressori, era controproducente e dannosa. Il 50% dei pazienti moriva entro quattro-cinque anni dalla diagnosi. Oggi l’aspettativa di vita è potenzialmente molto migliorata. I nuovi farmaci rallentano o, in alcuni casi, arrestano la malattia. Si tratta del pirfenidone e del nintedanib, il secondo non ancora registrato in Italia e concesso a uso compassionevole, cioè gratuito, ad alcuni pazienti, dalla casa farmaceutica. Ma allo studio clinico ci sono numerose altre molecole che fanno pensare che la terapia cambierà ulteriormente nei prossimi anni.
Alcuni consigli
Il consiglio ai pazienti giovani e nelle liste d’attesa del trapianto di polmone è di mantenere una buona attività fisica e di sottoporsi a ossigenoterapia. Oggi esistono anche concentratori portatili che si ricaricano concentrando l’ossigeno dall’aria ambientale e consentono ai pazienti di avere una vita sociale e lavorativa pressoché normale.
Focus a cura di Alfredo Sebastiani, pneumologo al Centro delle interstiziopatie polmonari dell’Azienda Ospedaliera San Camillo di Roma
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