Chi l’ha detto che le persone con emofilia non debbano praticare sport? Sebbene possa comportare frequenti emorragie anche in seguito a lesioni di lieve entità, questa rara malattia del sangue non è affatto d’ostacolo all’attività fisica.
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Emofilia: lo sport è un alleato
«Lo sport svolge un ruolo importantissimo perché aiuta a mantenere integra la funzionalità delle articolazioni e dei muscoli che, nelle persone con emofilia, possono subire dei danni» conferma Elena Santagostino, medico presso il Centro Emofilia e Trombosi Angelo Bianchi Bonomi della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e Presidente dell’Associazione Italiana Centri Emofilia. «La pratica sportiva, inoltre, è parte integrante di un percorso riabilitativo intrapreso in seguito a emorragie a carico dell’apparato locomotore. Insomma, è utile sia dal punto di vista preventivo, sia da quello terapeutico».
Emofilia: i pazienti che hanno vinto grazie allo sport
Sport: adatto per forme lievi e gravi di emofilia
«Per chi ha una forma lieve di emofilia non ci sono particolari controindicazioni, sebbene la scelta dello sport da praticare debba essere fatta insieme con il team del proprio Centro Emofilia e debbano essere mantenute alcune doverose cautele» continua Santagostino. «Le persone con emofilia grave, invece, possono comunque svolgere attività fisica, ma non prima di essere state “educate” a un allenamento graduale che li metta al riparo da eventuali rischi. Queste persone devono talvolta sottoporsi alla profilassi, che consente di prevenire eventuali sanguinamenti, essere costantemente seguiti dai propri specialisti, conoscere le precauzioni ed essere addestrati ad affrontare correttamente le emergenze».
Emofilia e sport: quali sono gli step da seguire
«Per iniziare a praticare sport, le persone emofiliche devono innanzitutto rivolgersi al proprio Centro Emofilia. Qui gli specialisti, che valutano il quadro ematico e quello osteo-articolare, consigliano le attività più adatte e benefiche, tenendo conto anche dei gusti dell’interessato» ricorda la dottoressa. «Poi l’équipe medica fornisce informazioni utili affinché si possa svolgere un’attività in completa sicurezza. Ovviamente chi presenta una forma grave di emofilia deve sottoporsi anche a una profilassi che metta al riparo da eventuali sanguinamenti nei giorni e nelle ore nelle quali si fa sport».
Sport: quelli consigliati e quelli da evitare
«Lo sport che consigliamo in assoluto è il nuoto perché – come del resto tutta l’attività in acqua – non comporta un carico sulle articolazioni. Ciò riduce il rischio emorragico, l’allenamento è del tutto sicuro e favorisce lo sviluppo di elasticità e flessibilità. Un’altra attività molto utile è la camminata, a patto che sia moderata e graduale. Anche il calcio, molto amato da bambini e ragazzi, può essere praticato con cautela e sotto costante monitoraggio prestando attenzione ai traumi e alle eventuali lesioni muscolari» rassicura Santagostino. «Gli sport che sconsigliamo sono prevalentemente quelli di contatto un po’ più violenti, come ad esempio il rugby, l’hockey, il football americano e la boxe, perché comportano un rischio emorragico maggiore. Attenzione anche alla corsa. Spesso chi ha l’emofilia presenta disturbi articolari agli arti inferiori e alla caviglia e questa pratica sportiva potrebbe non giovare» continua la dottoressa.
Accorgimenti da adottare
«In linea generale non bisogna mai affrontare l’attività sportiva negando la condizione di emofilico o, cosa ancor peggiore, tenere nascosta la malattia. Questo difetto della coagulazione va sempre dichiarato, in modo che allenatori, staff, compagni di squadra e medici dello sport siano a conoscenza della situazione». ammonisce Santagostino. «Comunque le persone con emofilia e le loro famiglie sono “addestrate” non solo alla terapia domiciliare che gli consente di prevenire le emorragie, ma anche su ciò che va fatto in preparazione all’attività sportiva e in caso di emergenza».
Emofilia: i pazienti che hanno vinto grazie allo sport
Lo sport è un prezioso amico per le persone con emofilia. Non solo ne migliora la qualità di vita ma li aiuta a mantenere in salute l’apparato muscolo-scheletrico e a potenziare forza e resistenza. Ecco le storie deipazienti che hanno vinto grazie allo sport.
La storia di Roberto Centurame
Roberto Centurame vive ad Atri, in provincia di Teramo, e appartiene all’Associazione A.MA.R.E Onlus (Associazione Malattie Rare Ematologiche). Pratica nuoto da quando aveva sei anni e in età adulta è diventato persino istruttore. «Da quando faccio sport la mia vita è cambiata. Assaporare di giorno in giorno con tanti sacrifici i piccoli miglioramenti e gustarmeli appieno, mi stimolava a cercare nuovi obiettivi, nonostante spesso andavo tre passi avanti e due indietro» ci dice Roberto. I momenti difficili, infatti, ci sono stati, «come quello vissuto un anno prima della maratona, quando sono stato costretto a rimanere a letto per tre giorni per una caviglia gonfia e dolorante anche se avrei voluto continuare il programma d’allenamento». E alla fine Roberto ce l’ha fatta perché tutto quello che gli ha tolto la patologia, gli è stato restituito dallo sport, dandogli la possibilità di superare i suoi limiti.
La storia di Francesco Fiorini
Per Francesco Fiorni, bolognese di 47 anni che fa parte dell’Associazione Emofilici di Bologna e Provincia, lo sport è stato un prezioso alleato perché non solo ne ha migliorato lo stato psicofisico ma gli ha permesso anche «di conoscere tantissime persone con cui si sono creati legami profondi, fare viaggi e conoscere posti nuovi. Insomma, praticare podismo e mountain bike mi ha messo sullo stesso piano delle persone “sane”, senza farmi sentire emofilico» ci racconta Francesco. Il suo messaggio, infatti, è legato proprio alla sua esperienza personale: «A un amico con emofilia consiglierei di praticare un’attività fisica perché previene molti problemi e ti permette di non sentirti inferiore a nessuno».
La storia di Luca Montagna
Luca Montagna vive a Parma, ha 53 anni e appartiene all’Associazione di Parma (di cui è Presidente) e al direttivo nazionale di FedEmo. Su di lui i benefici nati dall’attività sportiva sono tanti: «Ho sempre praticato sport fin da giovane e ovviamente stavo molto attento a non farmi male. Poi vedendo che il benessere derivato da una buona forma fisica (e di conseguenza mentale) mi dava ottime sensazioni e mi permetteva di essere molto reattivo muscolarmente, ho iniziato ad allenarmi con regolarità ponendomi come obiettivo la maratona di New York» racconta Luca. E di maratone ne ha già fatte due. «Adesso ho un buon controllo del mio corpo e dei miei muscoli e di conseguenza delle mie articolazioni. L’allenamento costante e un po’ di palestra mi permettono di affrontare con molta serenità le mie giornate e i miei piccoli traumi».