Più si è suscettibili all’ipnosi e minore è l’intensità del dolore percepito. A studiare gli effetti delle tecniche cognitive sul controllo del dolore acuto o cronico è stato un gruppo di ricercatori delle Università di Pisa e di Siena, del Cnr e del GIFT Institute of Integrative Medicine di Pisa, che ha tratto importanti conclusioni pubblicate sulla rivista scientifica Physiology and Behavior.
Lo studio
Lo studio ha preso in esame 60 uomini e donne con una suscettibilità all’ipnosi alta, media o bassa, riscontrata grazie a una serie di test precedenti. In totale assenza di induzione ipnotica, cioè in piena coscienza, queste persone sono state sottoposte a scariche elettriche ad una mano, in alcuni casi associate a suggestioni verbali di analgesia o ad altre tecniche fisiche di rilassamento.
I risultati
Dai dati registrati è emerso che, indipendentemente dalle tecniche fisiche o verbali di rilassamento, gli individui con un’alta suscettibilità all’ipnosi riferivano una riduzione media del dolore di circa il 50%. Quelli con una soglia di ipnotizzabilità bassa, avvertivano circa il 20% in meno di dolore e quelli con punteggi medi circa il 30%.
Si aprono nuove prospettive
«Lo studio ha prodotto risultati che aprono interessanti prospettive sul possibile utilizzo generalizzato di tecniche cognitive per ridurre, senza impiego di farmaci, il dolore “da procedura” che i pazienti sperimentano durante la fisioterapia che segue immobilizzazioni e interventi ortopedici, e varie procedure strumentali» commenta Enrica Santarcangelo, docente all’Università di Pisa. Conoscere il grado di ipnotizzabilità può incoraggiare l’uso di metodi di controllo cognitivo del dolore alternativi ai farmaci, economici e privi di effetti collaterali.
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