Cos’è il diabete di tipo 2? Si tratta di una una malattia molto complessa che riguarda circa il 90% dei casi di diabete. Secondo gli ultimi dati, gli italiani affetti da diabete sono circa 4 milioni e nel 2030 saranno, in base alle stime, oltre 5 milioni.
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Cause
A differenza del diabete di tipo 1, che ha origine autoimmune e consegue alla rapida distruzione delle cellule del pancreas che producono insulina, il diabete di tipo 2 si sviluppa nell’arco di anni. Passando attraverso una fase d’insulino-resistenza (minore efficacia dell’insulina) e arrivando a un deficit relativo di produzione d’insulina. Ne sono responsabili multiple alterazioni genetiche e fattori acquisiti (stile di vita sedentario, fumo, scorretta alimentazione, sovrappeso). Il diabete tipo 2 compare soprattutto dopo i 40 anni. Ma l’età di insorgenza si sta abbassando per la sempre maggiore diffusione dell’obesità anche fra i più giovani.
Diffusione
Nell’ultimo decennio c’è stato un ingente aumento dei casi di diabete nella popolazione italiana. Tra le cause, l’invecchiamento della popolazione, l’aumento dell’obesità, il miglioramento della raccolta dati e della diagnosi. In questo quadro, però, va evidenziato lo scarto di dati tra l’Italia settentrionale e meridionale. Fra Bolzano e la Basilicata vi è una differenza di tre volte nella diffusione del diabete. L’esperto Stefano Genovese, responsabile dell’Unità di Diabetologia, Endocrinologia e Malattie Metaboliche del Centro Cardiologico Monzino, ci spiega il perché nella videointervista.
Differenza tra uomini e donne
Dal 1997 al 2017 si è registrata un’incidenza maggiore tra gli uomini. Ma il diabete di tipo 2 colpisce due milioni di italiane e in genere nel sesso femminile la patologia ha complicanze maggiori. Ad esempio, il rischio cardiovascolare associato al diabete è maggiore nella popolazione femminile. Come mai? Risponde Marina Scavini, diabetologa e responsabile ambulatorio diabete e gravidanza dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.
Un dato confermato anche da un documento della Società Italiana di Diabetologia (SID), presentato al convegno nazionale “Panorama Diabete” di Riccione (11-15 marzo 2017). Il diabete, spiegano gli esperti, aumenta il rischio cardiovascolare più nelle donne che negli uomini, annullando l’effetto protettivo dovuto agli ormoni femminili. E L’effetto è ancora più amplificato se in associazione ci sono altri fattori di rischio, come l’ipertensione o i valori di colesterolo e i trigliceridi sballati. Il rischio di ictus, ad esempio, nelle donne diabetiche è superiore del 27% rispetto agli uomini con diabete. Inoltre alle donne vengono somministrati meno frequentemente farmaci come le statine, i beta-bloccanti dopo un infarto, gli ACE-inibitori per il trattamento dell’insufficienza cardiaca perché vi è l’errata percezione che le donne abbiano un rischio cardiovascolare più basso. Nelle donne, inoltre, l’aspirina potrebbe avere un’efficacia anti-aggregante minore che negli uomini.
Fattori di rischio
Familiarità
Circa il 40% dei diabetici di tipo 2 ha parenti di primo grado (genitori, fratelli) affetti dalla stessa malattia. Mentre nei gemelli monozigoti la concordanza si avvicina al 100%, suggerendo una forte componente ereditaria.
Eccesso di peso
Quasi il 90% di chi soffre di diabete di tipo 2 è in sovrappeso. L’accumulo di grasso addominale ha effetti negativi sul metabolismo perché mette in circolo grandi quantità di lipidi e trigliceridi, danneggia gli endoteli, le cellule che rivestono i vasi sanguigni, causa resistenza all’insulina (che viene iper prodotta, ma i tessuti diventano insensibili alla sua azione) e predispone al diabete. Se il paziente è insulino-resistente, infatti, il glucosio (lo zucchero) non riesce a raggiungere le cellule e quindi rimane in eccesso nel sangue, inoltre le cellule che producono l’insulina devono lavorare molto più del normale per mantenere i livelli ematici di glucosio e quindi si deteriorano gradualmente. In più le possibili crisi ipoglicemiche dopo i pasti aumentano l’appetito e la sensazione di non poter fare a meno degli zuccheri. Secondo uno studio del 2017 del King’s College di Londra, pubblicato sul Journal of the Endocrine Society, un bambino obeso ha un rischio di ammalarsi di diabete di tipo 2 quattro volte superiore di chi è normopeso.
Sedentarietà
La sedentarietà è un importante fattore di rischio di diabete tipo 2. Chi non svolge attività fisica ha un rischio di diabete maggiore rispetto a chi pratica sport. Chi passa molto tempo davanti alla televisione ha un rischio maggiore di chi fa spesso passeggiate. Studi recenti hanno dimostrato che in persone con eccesso di peso e glicemia non ottimale svolgere programmi strutturati di attività fisica previene il diabete.
Fumo di sigaretta
I Centers for Disease Control and Prevention statunitensi hanno stimato che chi ha il vizio del fumo ha circa il 30-40% di possibilità in più di sviluppare la malattia diabetica rispetto ai non fumatori. A rilevare la relazione diretta tra diabete e fumo uno studio pubblicato sulla rivista Nature. Secondo i ricercatori, c’è un collegamento tra un gruppo di neuroni con recettori per la nicotina e le cellule del pancreas, che regolano il metabolismo del glucosio e dell’insulina. Il link è rappresentato da un fattore di trascrizione (cioè una proteina che si lega con specifiche sequenze di DNA regolando la trascrizione dei geni) chiamato TCF7L2.
Questo fattore è presente nelle cellule dell’abenula mediale e, a sua volta, regola anche un ormone (GLP-1) che modula la secrezione di insulina dal pancreas.La presenza di nicotina, quindi, attiverebbe i recettori del cervello, limitando la produzione di insulina da parte del pancreas. L’insulina è fondamentale per il controllo della glicemia, cioè a concentrazione di zucchero nel sangue. «Questo studio è la prova che nell’uomo esiste una regolazione diretta, da parte di specifiche aree cerebrali, del metabolismo glucidico. E che questo “asse” diretto venga modificato dal consumo di nicotina» afferma Antonio Pisani, specialista della Società Italiana di Neurologia. Per approfondire questa tematica saranno necessari ulteriori studi sperimentali e sull’uomo. Ma l’osservazione fatta dai ricercatori di Nature pone le basi, sia per spiegare l’osservazione clinica, sia per disegnare strategie di profilassi e di terapie specifiche per un nuovo target.
Stile di vita
Secondo i ricercatori americani, l’abitudine a cenare tardi o fare uno spuntino prima di andare a letto (o notturno, è il caso dei turnisti) influenza negativamente il metabolismo, soprattutto quello dei grassi. Questo non solo fa aumentare di peso, ma fa anche impennare i livelli diinsulina e colesterolo, predisponendo al rischio di malattie cardiovascolari e al diabete.
Anche tirare la tardi la sera e non dormire il giusto può esporre alla malattia diabetica. I nottambuli, ad esempio, corrono un rischio più alto rispetto ai mattinieri, anche a parità di ore dormite per notte. Secondo uno studio, queste persone, seppure generalmente più giovani, hanno livelli più elevati di grasso corporeo e trigliceridi rispetto ai mattinieri. Secondo i ricercatori, queste conseguenze potrebbero essere riconducibili al fatto che i nottambuli hanno generalmente una qualità del sonno più scadente e tendono ad avere comportamenti dannosi per la salute, come il fumo, la sedentarietà e l’abitudine a mangiare tardi.
Dovrebbero fare attenzione al diabete, stando a uno studio del Karolinska Institutet di Stoccolma, pure gli impiegati dell’industria manifatturiera, chi lavora nei servizi di pulizie, gli autisti e le aiuto-cuoche. Chi fa questi lavori avrebbe un rischio triplicato rispetto alla popolazione generale. La ricerca è stata presentata a Barcellona al congresso annuale dell’EASD e pubblicato sulla rivista Diabetologia.
Dieta
Essendo l’eccesso di peso uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo del diabete, una dieta scorretta e particolarmente ricca di alcuni alimenti può a sua volta aumentare il rischio. Partendo dal presupposto che è l’intero regime alimentare a fare la differenza, ci sono cibi che se consumati frequentemente possono avere effetti particolari sull’esposizione al diabete.
Tra loro il junk food: secondo uno studio, che ha monitorato un gruppo di volontari per 15 anni, chi va due volte a settimana in un fast food raddoppia il rischio di ammalarsi di diabete di tipo 2. C’è poi l’eccesso di dolci, ma anche di sale. Il sodio consumato in eccessive quantità, infatti, potrebbe agire sull’insulino-resistenza o favorire l’aumento della pressione e del peso corporeo. Le linee guida consigliano di non andare oltre i 5 grammi al giorno (circa un cucchiaino da cucina).
Una ricerca ha calcolato che per ogni grammo di sodio in eccesso consumato al giorno (pari a 2,5 grammi di sale), il rischio di diabete di tipo 2 aumenta in media del 43%. Un consumo ancora più esagerato, superiore ai 3,15 grammi di sodio al giorno (pari a oltre 7,9 grammi di sale), comporta un aumento del rischio del 58% rispetto a chi ne consuma poco (meno di 2,4 grammi di sodio, 6 grammi di sale).
Sotto accusa anche le bibite gasate, ricche di zucchero, e persino quelle light o a zero calorie, che contengono i dolcificanti. Una sentenza definitiva su edulcoranti artificiali e diabete ancora non c’è. Ma gli esperti stanno studiando gli effetti metabolici di queste sostanze e i risultati non sono confortanti. Chi li consuma constantemente può aumentare l’esposizione a sindrome metabolica e diabete, perché i dolcificanti sembrano agire negativamente sul microbiota intestinale. Il consumo deve essere sempre moderato. Così come quello di carne rossa e alcolici.
Dannoso anche seguire una dieta gluten-free se non si è celiaci. Secondo uno studio americano eliminare la proteina del grano dalla dieta se non si hanno problemi di celiachia, potrebbe portare a un minor consumo di fibre e cereali in generale, alimenti che aiutano a ridurre il rischio di diabete di tipo 2. In conclusione, quindi, eliminare o ridurre il glutine nella dieta se non si è celiaci, non aiuta nella prevenzione del diabete. Anzi.
Altre patologie
- Apnee ostruttive del sonno – Già noto il legame con malattie cardiovascolari, uno studio ha confermato che chi russa di notte può avere fino al 30% di rischio in più di sviluppare la malattia diabetica;
- Ipertensione
- Gotta
- Ovaio policistico – Le donne che soffrono di ovaio policistico producono quantità anomale di ormoni maschili (gli androgeni come il testosterone). Questi determinano irregolarità del ciclo mestruale, aumento di peso, infertilità, acne e irsutismo. Da tempo è noto che questo disordine ormonale aumenta la probabilità di sviluppare altre malattie come il diabete. A influire sono fattori di rischio come i chili di troppo, la glicemia, l’insulinemia e i trigliceridi alti. Le gravidanze sembrano avere un effetto protettivo che andrà ulteriormente approfondito così come quello dei contraccettivi orali. Le donne con ovaio policistico che dovrebbero fare maggiore attenzione sono quelle che hanno un elevato indice di massa corporea e alti livelli di glicemia a digiuno;
- Menopausa precoce – Secondo uno studio olandese, le donne che entrano in menopausa prima dei 40 anni hanno quattro volte più probabilità di sviluppare la patologia diabetica;
- Pregresso diabete gestazionale;
- Colesterolo – Solitamente, il trattamento con statine contro il colesterolo viene prescritto per decenni o per tutta la vita, e quindi molti pazienti sono preoccupati che la loro assunzione prolungata possa causare l’insorgere di patologie, tra cui il diabete di tipo 2. Fa chiarezza nella videointervista Emanuele Bosi, primario di Diabetologia e direttore del San Raffaele Diabetes Research Institute (DRI) dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.
Fattori ambientali
Clima
Non solo sedentarietà e abitudini alimentari scorrette. Anche i cambiamenti climatici potrebbero contribuire al costante aumento dei casi di diabete nel mondo. Ad avanzare l’ipotesi è stato uno studio pubblicato su BMJ Open Diabetes Research & Care dagli esperti dell’università olandese di Leida. L’anello di congiunzione è il cosiddetto tessuto adiposo bruno. Cioè il grasso che accumuliamo mangiando e che bruciamo per creare energia con cui scaldare il nostro corpo. Diversi studi scientifici hanno dimostrato che alle basse temperature questo processo è più attivo. Perché brucia più grassi, determina una lieve riduzione del peso corporeo e aumenta la sensibilità all’insulina, riducendo il rischio diabete.
Se il freddo protegge, a rigor di logica il caldo dovrebbe favorire il diabete, riducendo l’utilizzo del grasso bruno e impattando di conseguenza sul metabolismo del glucosio. Per scoprire se le cose stanno davvero così, i ricercatori hanno confrontato i dati sul clima con quelli relativi alla diffusione del diabete. Sia su scala nazionale (negli Stati Uniti) che su scala globale (in 190 Paesi). Si è così scoperto che ad ogni incremento della temperatura di un grado, la diffusione del diabete sale dello 0,314 per mille, e il prediabete dello 0,17%. I ricercatori olandesi sottolineano come il disegno dello studio non sia adeguato per stabilire se esiste un vero e proprio legame di causa-effetto tra cambiamenti climatici e diabete. Ma sostengono di aver trovato un importante indizio che in futuro andrà sicuramente approfondito, considerando l’inarrestabile riscaldamento globale in atto
Pesticidi
Sembra esserci un forte legame anche tra l’uso dei pesticidi in agricoltura e alcune malattie gravi come l’obesità e il diabete. Questo il risultato di una ricerca estremamente corposa svolta in Francia dall’Istituto Nazionale della Ricerca Agronomica e dell’Istituto Nazionale di Sanità e Ricerca Medica. Per ora lo studio si è concentrato sui test in laboratorio: i ricercatori hanno nutrito un gruppo di roditori con verdure coltivate utilizzando i sei pesticidi più largamente adoperati in agricoltura. Dopo poco tempo si è visto un forte aumento della massa grassa e un’impennata del rischio di sviluppare il diabete.
Diagnosi
Il diabete di tipo 2 viene di solito diagnosticato per caso, perché l’iperglicemia si sviluppa gradualmente e anche quando la glicemia è elevata i segni clinici possono essere sfumati. Basta un esame del sangue. Valori di glicemia a digiuno maggiori di 126 mg per dl di sangue confermati in più occasioni o di emoglobina glicosilata superiori al 6,5% (48 mmol/mol) indicano la presenza di diabete.
Curva da carico di glucosio
La curva da carico di glucosio è un test che misura i valori della glicemia prima e dopo l’assunzione di una soluzione di glucosio per via orale. Il test viene richiesto quando la glicemia a digiuno è compresa tra i 100 e i 126 mg/dL (il valore considerato normale è inferiore a 100 mg/dL) e grazie agli esiti dei prelievi è possibile diagnosticare il diabete mellito. L’esame viene eseguito anche in gravidanza per lo screening del diabete gestazionale, nel caso siano presenti alcuni fattori di rischio (come, ad esempio, la familiarità e il sovrappeso).
Gestione del diabete di tipo 2: dieta
Ha l’obiettivo di mantenere un buon controllo dei livelli di glicemia e del peso. Deve comprendere verdure, legumi, frutta, cereali integrali e pesce. La dieta non dev’essere per forza fatta di privazioni, anzi pasta o pane (meglio integrali) sono ammessi. È invece essenziale che il diabetico riduca il consumo di carboidrati semplici (zuccheri, bevande zuccherate) e limiti il consumo di grassi e sale (formaggi, carne rossa, insaccati).
Dieta mediterranea
Grazie alla ricchezza in vegetali e olio extravergine di oliva la dieta mediterranea ha proprietà cardio-metaboliche favorevoli. Soprattutto per le persone con diabete, soggette ad un alto rischio cardiovascolare.
Dieta vegetariana
Uno studio dell’American Diabetes Associationha dimostrato che una persona con diabete dimagrisce più rapidamente se segue una dieta vegetariana, quasi il doppio rispetto a chi segue una dieta tradizionale per diabetici. E questo nonostante avessero consumato la stessa quantità di energia. Perdere grasso aumenta la sensibilità all’insulina e stimola il metabolismo.
Dieta mima-digiuno
La dieta mima-digiuno (dura 5 giorni, tutta a base vegetale) promette di essere molto utile anche per la prevenzione del diabete. «Da alcune prime indicazioni grazie a questo regime alimentare l’organismo torna a non essere resistente all’insulina, principale causa del diabete – spiega Valter Longo, il suo ideatore – Si torna a essere come quando avevamo 18 anni. E la cosa migliore è che i benefici durano per almeno tre mesi».
Dieta ipocalorica
Una dieta molto rigida potrebbe cancellare il diabete di tipo 2, facendo ripartire le cellule del pancreas. È quanto hanno scoperto ricercatori delle Università di Glasgow e di Newcastle. Quattro mesi di una dieta severa (mai più di 800 calorie al giorno, apportate da frullati e zuppe) hanno permesso alle persone con diabete di tipo 2 di smettere di prendere farmaci e di riportare i livelli di zucchero nel sangue a standard normali. È come se le cellule beta del pancreas che producono insulina e iniziano a funzionare male quando circondate dal grasso, venissero riprogrammate. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Cell Metabolism.
Gestione del diabete di tipo 2: movimento
Un’attività fisica di tipo aerobico e di grado moderato (cammino a passo svelto, passeggiate in bicicletta in pianura o cyclette, ginnastica, nuoto, ballo) per almeno 150 minuti a settimana oppure di tipo più intenso per 90 minuti a settimana è raccomandata per migliorare il controllo glicemico, mantenere il peso corporeo e ridurre il rischio cardiovascolare. Pensare che anche solo una passeggiata di almeno dieci minuti dopo colazione, pranzo e cena fa scendere i livelli di zucchero nel sangue del 12%. Più si cammina, più la glicemia si abbassa, meno insulina si assume.
L’attività fisica va distribuita in almeno tre giorni a settimana e non devono passare più di due giorni consecutivi senza attività. Se praticato quotidianamente, lo sport può essere considerato una vera terapia per le persone con diabete. Tanto che in molti casi permette di ridurre, e a volte addirittura di sospendere, l’assunzione dei farmaci. Prima però di iniziare un’attività fisica di intensità superiore alla camminata veloce è necessario escludere condizioni a elevato rischio cardiovascolare. Ad esempio un’ipertensione non controllata, e la presenza di complicanze che rendano controindicati alcuni esercizi.
Farmaci
Si può ottenere un controllo iniziale della malattia attraverso uno stile di vita corretto. Se dopo tre mesi il compenso glucidico non migliora si associa una terapia farmacologica. Generalmente si inizia con la metformina (se ben tollerata e non controindicata) che migliora la sensibilità all’insulina. Dopo un intervallo di due-sei mesi, se non si ottengono miglioramenti, si aggiungono uno o più farmaci orali o iniettabili che sono in grado di aumentare la secrezione e/o la sensibilità insulinica.