La degenerazione maculare senile è la malattia più comune che danneggia la macula, la parte centrale della retina. Si tratta di una zona importante perché ricca di cellule nervose sensibili alla luce (fotorecettori) indispensabili per la visione nitida e dettagliata. Come suggerisce il nome, si tratta di una patologia che colpisce gli anziani, la cui incidenza aumenta con il progredire dell’età. In particolare, riguarda circa il 10% degli over 65, oltre il 20% degli over 75, il 20-30% degli ultraottantenni, per un totale di oltre un milione di persone in Italia. Una cifra destinata ad aumentare nei prossimi anni, parallelamente al progressivo invecchiamento della popolazione.
Edoardo Ligabue, coordinatore dei servizi oculistici del Centro Diagnostico Italiano (CDI) di Milano, spiega nel dettaglio come mai insorge questa patologia e quali sono le terapie per tenerla sotto controllo.
In questo articolo
Degenerazione maculare: un danno ai recettori della luce
«La degenerazione maculare, che può colpire entrambi gli occhi o uno solo, consiste in un invecchiamento patologico della macula». Francesco Bandello è direttore dell’unità di oculistica dell’Irccs ospedale San Raffaele di Milano e professore ordinario di oftalmologia all’Università Vita Salute San Raffaele.
«Le forme principali sono due:
- secca o atrofica. È la più frequente (circa l’80% dei casi), evolve lentamente e pertanto occorrono molti anni prima che il danno diventi evidente;
- umida. Riguarda il restante 20% dei casi, progredisce rapidamente provocando un danno improvviso, che di solito si manifesta nell’arco di pochi giorni e, in alcuni casi, perfino di poche ore».
La degenerazione maculare secca
La forma secca è caratterizzata dall’accumulo di drusen, depositi giallo-biancastri di detriti cellulari, soprattutto lipidi e proteine. Si formano sotto la retina, in particolare tra l’epitelio pigmentato retinico. È lo strato più esterno della retina stessa. È composto da cellule di colore scuro per la presenza di un pigmento chiamato fuscina, e la membrana di Bruch, una sottilissima lamina di due-quattro micrometri (un micrometro è un millesimo di millimetro). Questi sedimenti, che possono essere duri, piccoli, con bordi netti oppure molli, più grandi, con bordi indistinti e con la tendenza a confluire tra loro, sottraggono ossigeno e nutrienti alle cellule. A lungo andare, se la malattia viene trascurata, si possono sviluppare delle aree di assottigliamento della macula (atrofia geografica), in cui i fotorecettori degradano fino a scomparire.
La degenerazione maculare umida
La forma umida è, invece, caratterizzata dalla formazione di nuovi vasi sanguigni (neovascolarizzazione), che dalla coroide, un tessuto sottostante la retina, oltrepassano la membrana di Bruch, raggiungendo così la retina stessa in corrispondenza della regione maculare. Dalle loro pareti fuoriescono degli essudati, cioè sangue e siero che si accumulano danneggiando i fotorecettori. «La retina è formata da cellule perenni, non in grado di rigenerarsi in seguito a un danno, perciò l’area distrutta dalla malattia non può più essere ripristinata».
Degenerazione maculare: molto più esposta la retina dei fumatori
Ma da cosa è provocata la degenerazione maculare senile? Le cause sono molteplici (gli esperti parlano di malattia multifattoriale). Tra queste entra in gioco innanzitutto la predisposizione familiare. «Ciò significa che chi ha un parente prossimo, come il padre o la madre, colpito dalla malattia ha una maggiore probabilità di svilupparla». Soprattutto se alla familiarità si sommano altri fattori di rischio. I principali sono:
- un’alimentazione ricca di grassi animali, come carne rossa, salumi, formaggi, burro, lardo,
- l’elevata esposizione ai raggi del sole (non a caso gli agricoltori e i pescatori sono più esposti alla patologia),
- il fumo.
Perché fumare danneggia così gravemente la retina?
«I composti nocivi contenuti nelle sigarette possono provocare un danno ossidativo e ridurre il flusso sanguigno alla retina, aumentando così la possibilità di innescare processi degenerativi a carico della macula». Del resto, la correlazione tra il tabacco e la degenerazione maculare è stata dimostrata già da decenni in numerosi studi. Tra questi, una metanalisi pubblicata nel 2005 sulla rivista Eye e condotta dai ricercatori dell’Università di Manchester, nel Regno Unito. Il team di lavoro ha revisionato 17 studi, dimostrando che il fumo ha effetti tossici sulla retina e che i fumatori hanno un rischio due-tre volte maggiore di sviluppare la malattia rispetto a chi non fuma. Risultati confermati da uno studio pubblicato nel 2014 su Ophthalmology.
La degenerazione maculare inizia con un puntino scuro
Tra i primi campanelli d’allarme della malattia si annoverano la diminuzione dell’acuità visiva e una visione centrale offuscata o con un piccolo punto cieco (scotoma). A mano a mano che la malattia avanza, quest’ultimo diventa progressivamente più grande, dando origine a una macchia scura al centro del campo visivo. Un altro segno caratteristico della patologia è la visione deformata (metamorfopsia). Ad esempio, guardando un foglio quadrettato le righe, che in realtà sono diritte, si vedono storte. In alcuni casi, diminuisce la percezione dei colori. Può essere presente la difficoltà di vedere bene in ambienti molto luminosi (fotofobia) e di adattare la visione passando dal buio alla luce. Tutto ciò finisce con il compromettere notevolmente la capacità visiva, rendendo molto difficile svolgere le attività quotidiane, come leggere, scrivere, guardare la televisione, guidare l’automobile.
Fondamentale la diagnosi precoce
Per tenere alla larga questi fastidiosi disturbi e limitare il più possibile il danno è fondamentale agire tempestivamente, contattando un oculista in caso di difficoltà visive. «Di solito ciò avviene più facilmente nel caso della forma umida, in quanto il paziente è allarmato dalla repentina perdita della vista. Nel caso della forma secca, in cui la progressione è molto graduale, chi ne è affetto finisce per abituarsi al problema, rivolgendosi allo specialista solo quando la malattia è in fase ormai avanzata».
Degenerazione maculare: diagnosi precisa con l’OTC
Normalmente per diagnosticare la patologia è sufficiente una visita oculistica con misurazione della vista ed esame del fondo oculare. Quest’ultimo si effettua con uno strumento detto oftalmoscopio. Consente di osservare le varie strutture che compongono la retina, evidenziando la presenza di eventuali irregolarità. Per approfondire il tipo di degenerazione maculare può poi essere effettuata una tomografia a coerenza ottica (Otc). «Si tratta di una sorta di ecografia nella quale un fascio di radiazioni laser penetra nell’occhio e viene riflesso dalla retina», spiega Bandello. «L’Otc consente di ottenere immagini ad alta risoluzione, in sezione, di tutti gli strati che compongono la retina, determinando con precisione il tipo di lesioni presenti. L’esame è rapido, non doloroso e non invasivo, dato che non richiede la somministrazione né di un liquido di contrasto, né di gocce di collirio per dilatare la pupilla».
Quali sono le terapie per la degenerazione maculare?
Integratori per arginare la forma secca
Una volta appurata la diagnosi si può procedere con il trattamento. Per quanto riguarda la forma secca, a oggi non esiste purtroppo alcun principio attivo efficace contro la malattia. Sono stati condotti vari studi, ma nessuno ha dato gli esiti sperati. Ciò non significa, però, che non si possa fare nulla per contrastare la patologia. In particolare, per cercare di frenarne l’evoluzione, il medico può prescrivere l’assunzione quotidiana di una specifica combinazione di integratori, come vitamina C ed E, luteina, zeaxantina, zinco, acidi grassi omega 3.
Nel 2011 lo studio Areds 2 (Age-related eye disease study), condotto dai ricercatori del National Eye Institute, negli Stati Uniti, su oltre 4.200 pazienti ad alto rischio di sviluppare la degenerazione maculare senile, ha evidenziato che l’assunzione di questi supplementi può ridurre del 25% la possibilità di andare incontro alla forma avanzata di malattia. I risultati di questa ricerca hanno aggiornato e completato quelli già ottenuti nel 2001 con il primo studio Areds.
Anticorpi monoclonali per la forma umida
Per quanto riguarda, invece, il trattamento della forma umida sono a disposizione i farmaci anti-Vegf (Vascular endotelial growth factor, ovvero fattori di crescita dell’endotelio vascolare). Si tratta di molecole che, bloccando un’apposita proteina, limitano la formazione dei vasi sanguigni anomali. I medicinali a oggi impiegati per questo scopo sono:
- il bevacizumab: prodotto da cellule di origine murina, cioè dei topi. È stato formulato dal farmacologo Napoleone Ferrara per la terapia dei tumori del colon-retto, del polmone, del rene e della mammella metastatici, ma viene largamente utilizzato anche contro la degenerazione maculare;
- il ranibizumab: è un frammento di un anticorpo monoclonale dotato, rispetto al predecessore, di dimensioni molecolari più ridotte, il che dovrebbe facilitare la penetrazione nei tessuti oculari.
Entrambe queste molecole sono efficaci. Gli studi hanno dimostrato che sono in grado di mantenere la funzione visiva in oltre il 90% dei pazienti e di indurre un miglioramento in circa il 30% dei casi.
Come si assumono questi farmaci?
«La loro somministrazione avviene tramite iniezioni intravitreali in ambulatorio. Lo specialista somministra al paziente l’anestesia in forma di collirio e un disinfettante antibiotico sulle palpebre. Dopo aver posizionato uno speculum, una specie di molletta per tenere le palpebre aperte, inietta il farmaco, grazie a un ago sottilissimo montato su una speciale siringa, nella zona bianca dell’occhio, detta sclera. Da qui il principio attivo raggiunge il vitreo, cioè il liquido viscoso e trasparente che riempie la cavità oculare, dove si diffonde e si attiva. La procedura, che dura in tutto 15-20 minuti, non provoca dolore ma solo una sensazione di pressione. Al termine del procedimento viene poi instillato un collirio antibiotico e il paziente può tornare a casa».
Cosa sono esattamente le iniezioni intravitreali? Ogni quanto bisogna sottoporsi a queste sedute? Ce lo spiega Matteo Cereda, Dirigente Medico presso l’Ospedale Sacco di Milano.
Ci sono effetti collaterali?
Gli effetti collaterali sono molto rari, e perlopiù limitati a un po’ di fastidio oculare e a un leggero appannamento della vista, che svaniscono spontaneamente entro un paio di giorni. «Questi farmaci hanno, però, il limite di stazionare all’interno dell’occhio per un periodo di tempo limitato. Questo rende necessario ripetere le iniezioni di frequente (una volta al mese o al massimo ogni due mesi), con un conseguente disagio per il paziente, che spesso finisce per non sottoporsi con regolarità alla terapia o per abbandonarla».
Degenerazione maculare: i nuovi farmaci
Per ovviare a questo problema, si sta attualmente puntando su nuove molecole a lunga durata d’azione, che permettono di ridurre il numero delle iniezioni intraoculari. Tra i farmaci in uso si annovera aflibercept, una proteina prodotta con la tecnologia del Dna ricombinante. Abicipar pegol è ancora sperimentale. Si tratta di una piccola proteina anti-Vegf. Un’alternativa sono i nuovi dispositivi a rilascio graduale di farmaco. Si tratta di un piccolo serbatoio, inserito all’interno dell’occhio, contenente il medicinale, che viene rilasciato lentamente per circa sei mesi. Quando la capsula è vuota, può essere nuovamente riempita.
Si può prevenire la degenerazione maculare?
Anche nella degenerazione maculare senile, come in molte altre malattie, giocare d’anticipo potrebbe essere la carta vincente. Ecco allora i tre pilastri della prevenzione.
- Seguite un’alimentazione varia ed equilibrata, portando in tavola soprattutto cereali integrali, legumi, verdura e frutta di stagione, carni bianche e pesce, olio extravergine di oliva.
- Eliminate il fumo e riducete al minimo il consumo di alcolici.
- Indossate occhiali da sole con filtri ultravioletti soprattutto d’estate, quando la luce è più intensa. Fate in modo che li indossino anche i bambini.
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