Il lockdown ha ridotto l’assistenza nei confronti di molti pazienti con malattie croniche. Tra questi, anche quelli con epilessia. Tanto che in 2 persone su 10 si è verificato un peggioramento del numero delle crisi. Il dato emerge da un sondaggio condotto dalla Fondazione Lega Italiana Contro l’Epilessia. La LICE ha fotografato lo stato di salute dei pazienti epilettici durante la pandemia di coronavirus con un’indagine su mille persone.
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Epilessia e lockdown: crisi peggiorate
Circa il 40% delle persone affette da epilessia ha manifestato sintomi e il peggioramento delle crisi è stato riscontrato soprattutto nelle persone in poli-farmacoterapia e con scarsa qualità del sonno.
Il 46,9% dei pazienti ha ammesso di aver dormito male, il 19% ha sofferto di qualche sintomo depressivo e oltre la metà del campione ha lamentato un disturbo d’ansia.
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Epilessia e lockdown: visite saltate
La maggior parte dei pazienti, circa il 93%, ha continuato con regolarità le terapie durante la quarantena. Ma ben il 37% del campione ha riferito problemi nella gestione della malattia e difficoltà nel follow-up e nell’assistenza medico-sanitaria. Molti infatti hanno dovuto rinunciare al controllo neurologico che avevano prenotato e che è stato annullato a causa del lockdown. La difficoltà di accesso ai farmaci e la necessità di incrementare la terapia sono state le altre due problematiche principali incontrate dai pazienti durante il lockdown.
Disturbi del sonno fattore di rischio principale
Gli esperti sono consapevoli della minore assistenza riservata ai pazienti durante l’epidemia. «In questo periodo di difficoltà è stata fortemente ridotta a causa dell’avanzare della crisi sanitaria che ha investito il Paese» spiega Oriano Mecarelli, dipartimento di Neuroscienze Umane presso La Sapienza di Roma e Presidente LICE. Dai dati del sondaggio emerge «come i disturbi del sonno, da lievi a moderati, rappresentino un fattore di rischio per il peggioramento dei sintomi. Soprattutto nelle forme gravi di epilessia».
L’importanza della telemedicina
Ma i problemi emersi durante il lockdown sono uno spunto che gli specialisti non vogliono dimenticare. Anzi. Per Giovanni Assenza, consigliere MacroArea LICE Lazio-Abruzzo e coordinatore del Centro per la Diagnosi e Cura dell’Epilessia del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico così «si rende necessaria la messa a punto di servizi di telemedicina per garantire un adeguato follow-up dei pazienti».
Sms, WhatsApp ed e-mail strumenti preziosi
Anche se, sottolinea l’esperto, non tutta l’assistenza è stata persa. Ci sono stati pazienti che sono riusciti a mantenere il contatto con il proprio medico, proprio grazie alla tecnologia. «Tra le persone che necessitavano di contattare il neurologo curante, il 71% ha avuto successo. Il 43% attraverso sms o WhatsApp, il 25% tramite e-mail e il 31% via telefono». Gli strumenti ci sono: il loro sviluppo e potenziamento, in termini di telemedicina, permetterebbe un’assistenza a 360 gradi in periodi difficili come quello appena vissuto.
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