Salute

Coronavirus, i malati rari: «Chiediamo di poterci curare a casa»

Le associazioni rappresentative di persone con patologie rare accendono i riflettori sull'home therapy che, in epoca di Covid-19 ma non solo, potrebbe apportare enormi benefici sulla qualità della vita dei pazienti

Quella che prima era una richiesta fatta per migliorare sensibilmente la qualità della vita di un malato raro, oggi, in piena emergenza Coronavirus, si trasforma in un’esigenza prioritaria, urgente e soprattutto vitale. In questo contesto storico di grave crisi sanitaria ed economica del Paese, le associazioni rappresentative di persone con patologie rare fanno ancora una volta fronte comune e si appellano alle istituzioni affinché i pazienti possano accedere facilmente alle cure domiciliari, in modo da evitare eventuali contagi all’interno delle strutture ospedaliere dove, nella gran parte dei casi, vengono erogate le terapie.

I malati rari chiedono una maggior diffusione dell’home therapy

«Da anni chiediamo una maggiore diffusione dell’home therapy, che fortunatamente è già attiva e consolidata in diverse regioni, ma ancora non consentita in altre» commenta Flavio Bertoglio, Presidente dell’Associazione Italiana Mucopolisaccaridosi e Malattie Affini (AIMPS ONLUS), della Consulta nazionale delle Malattie Rare e della Federazione Lombarda Malattie Rare. «La pandemia in atto non fa che riportare al centro dell’attenzione, e più insistentemente di prima, questa tematica che, nell’attuale e delicatissima fase, deve essere nuovamente affrontata in sede politica. E a sostegno delle nostre sollecitazioni, la senatrice Paola Binetti ha presentato un emendamento al decreto “Cura Italia” con l’obiettivo di facilitare fin da subito l’estensione di questo prezioso servizio, avvalendosi anche della compartecipazione del privato, come già spesso accade, per non gravare ulteriormente sul Sistema Sanitario Nazionale già messo a dura prova dall’infezione Covid-19».

Gruppo San Donato

Nonostante queste doverose pressioni, però, talvolta sfugge ancora l’importanza di promuovere, in tempi di Coronavirus ma non solo, la terapia domiciliare per il malato raro che, proprio a causa dell’aggettivo che lo descrive, viene spesso dimenticato e lasciato a se stesso. Per far comprendere la portata del problema, basti pensare a chi è affetto da una delle patologie da accumulo lisosomiale. Dietro a questa definizione articolata c’è un gruppo di malattie genetiche rare del metabolismo, che origina da anomalie a carico dei lisosomi, organelli cellulari che ospitano alcuni enzimi responsabili dello smaltimento di sostanze di scarto. Se questi enzimi non sono presenti o funzionano male, il materiale non degradato si accumula nei lisosomi, provocando danni progressivi, anche neurologici, all’intero organismo. Per molte di queste patologie gli unici trattamenti disponibili o efficaci sono le terapie enzimatiche sostitutive, caratterizzate dall’infusione endovenosa dell’enzima mancante o carente. La terapia, alla quale il malato deve sottoporsi per tutta la vita, viene eseguita, a seconda della patologia, ogni 7 o 14 giorni, con sedute ospedaliere che durano anche diverse ore.

In molte regioni le cure domiciliari sono ancora un diritto negato

«Fortunatamente una parte di questi pazienti, dopo aver superato un protocollo medico rigidissimo, può usufruire da tempo dell’home therapy: diverse regioni, infatti, hanno già attivato questo servizio. Queste persone, quindi, hanno continuato a curarsi a casa con regolarità anche in piena emergenza sanitaria» spiega il presidente. «Purtroppo, però, in altre zone rimane un diritto negato, sia per le politiche dei sistemi sanitari regionali, sia per problemi burocratici legati alla registrazione e all’erogazione dei farmaci stessi.

Cosa rischiano i malati rari costretti a recarsi in ospedale in epoca Covid-19

E così moltissimi pazienti sono attualmente costretti a recarsi nei nosocomi per ricevere la terapia enzimatica sostitutiva e ciò li espone a un rischio maggiore di contrarre il SARS-Cov-2. Non dimentichiamo, infatti, che quelle con patologie lisosomiali sono spesso persone immunodepresse e con problematiche respiratorie di base più o meno gravi. Pur mettendo in atto le dovute misure cautelative, l’ambiente ospedaliero non può tutelare oggi al 100% la salute del paziente raro» continua Bertoglio. Poi, c’è anche il problema dell’aderenza terapeutica: in questo periodo ci sono pazienti che fanno fatica a seguire la terapia per la paura di recarsi in ospedale. «La mancata aderenza alla terapia enzimatica sostitutiva può costituire un problema serio, che contribuisce enormemente ad aggravare le condizioni di salute del paziente raro». È in questo quadro che si inserisce, dunque, l’importanza dell’home therapy, che garantirebbe la continuità delle terapie in tutta sicurezza.

AIFA al fianco dei malati rari

In questa direzione si muove la determina dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) del 30 marzo scorso, che autorizza l’erogazione della terapia enzimatica sostitutiva in regime domiciliare anche laddove generalmente il servizio non è attivo, limitatamente al periodo di emergenza e seguendo un preciso protocollo. «Siamo felici che AIFA sia con noi in questa battaglia» chiosa il presidente Bertoglio. «Questa delibera è sicuramente un buon punto di partenza per far valere il diritto alla salute e alla sicurezza del malato raro, che in questo momento deve essere ancor più tutelato. Tuttavia ci auspichiamo che questo modello di trattamento domiciliare, che annulla le disparità attualmente presenti in fatto di home therapy tra le diverse regioni italiane, possa essere replicato anche in futuro, quando saremo usciti dall’emergenza e tornati alla normalità» aggiunge Bertoglio.

Quali sono i benefici dell’home therapy in epoca Covid-19 e non solo

I benefici apportati dalla terapia fatta a casa, sono infatti sotto gli occhi di tutti. «Se sono costretti a recarsi e fermarsi in ospedale per diverse ore, i pazienti perdono spesso giornate lavorative o scolastiche o, se ad accompagnare i minori sono genitori lavoratori, entrambe. Per il bambino raro, poi, è importante rimanere nel suo habitat familiare che, durante la procedura di infusione, non solo gli dà sicurezza ma gli offre anche diverse modalità di distrazione, come il gioco, la lettura, la visione di cartoni animati» ricorda Bertoglio. A godere dei vantaggi offerti dalla terapia a domicilio sono anche i sistemi sanitari regionali. «Curarsi a casa significa anche sgravare le strutture ospedaliere, sia in termini di accesso sia di spazio e risorse impiegate, e ridurre la spesa riservata ai day hospital. Insomma, pur nella sua drammaticità, l’emergenza Coronavirus ha fornito l’input per sviluppare, in un futuro – speriamo – non troppo lontano, tutti quei servizi che possono contribuire a migliorare la qualità della vita di chi ogni giorno combatte contro una malattia rara» conclude il presidente Bertoglio.

Chiara Caretoni – Pubblicato 20/04/20

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Chiara Caretoni

Giornalista pubblicista, lavora come redattrice per OK Salute e Benessere dal 2015 e dal 2021 è coordinatrice editoriale della redazione digital. È laureata in Lettere Moderne e in Filologia Moderna all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha accumulato diverse esperienze lavorative tra carta stampata, web e tv, e attualmente conduce anche una rubrica quotidiana di salute su Radio LatteMiele e sul Circuito Nazionale Radiofonico (CNR). Nel 2018 vince il XIV Premio Giornalistico SOI – Società Oftalmologica Italiana, nel 2021 porta a casa la seconda edizione del Premio Giornalistico Umberto Rosa, istituito da Confindustria Dispositivi Medici e, infine, nel 2022 vince il Premio "Tabacco e Salute", istituito da SITAB e Fondazione Umberto Veronesi.
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