Nell’overdose informativa che sta caratterizzando il caso coronavirus, una cosa si sente dire spesso: i più esposti al rischio sono le persone anziane, immunodepresse, con patologie pregresse, ma anche i pazienti oncologici in generale. In Italia ci sono quasi tre milioni e mezzo di persone che vivono dopo una diagnosi di cancro (nel 2019 sono state 371.000) e le loro domande sono tante. Siamo più a rischio? Come ci dobbiamo comportare? Quali cure indeboliscono di più? E i bambini?
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Coronavirus e tumore
Perciò la Fondazione AIRC ha deciso di coinvolgere i suoi esperti e fornire indicazioni precise alle persone in cura per un tumore. Ma anche a chi ha avuto un cancro in passato oppure assiste pazienti oncologici. Gli esperti di AIRC ci tengono a precisare che le conoscenze su questa nuova infezione, comparsa a dicembre 2019 sulla scena mondiale, sono poche, premature e cambiano di ora in ora. Perciò occorre molta cautela nell’offrire suggerimenti che non possono poggiare su evidenze e osservazioni specifiche, solide e rigorose. È però possibile dare alcune indicazioni di buon senso, basate su evidenze scientifiche validate in precedenti situazioni infettive ed epidemiche. Come le seguenti.
I pazienti oncologici sono più a rischio degli altri?
«Non vi sono indicazioni che un paziente oncologico sia più a rischio di infettarsi specificamente con Covid-19» spiega Francesco Perrone, direttore dell’Unità sperimentazioni cliniche dell’Istituto nazionale tumori di Napoli. «Il rischio di contrarre una malattia infettiva è relativo allo stato di salute del sistema immunitario di una persona, non a quello dei suoi organi. Quindi non si possono fare stime di rischio relativamente a una tipologia di cancro piuttosto che un’altra. Un tumore ai polmoni non espone a un rischio maggiore rispetto a un tumore in altri organi. La presenza di malattia tumorale attiva, può essere una condizione che può rendere il decorso della malattia infettiva più complicato, ma non si può dire che ne stimoli l’insorgenza».
Quali accorgimenti deve prendere un malato oncologico? Deve indossare la mascherina?
Le regole generali di comportamento suggerite dal Ministero della Salute restano fondamentali per contenere il rischio di contagio anche per i malati oncologici. Perrone rassicura: «La mascherina serve solo nel caso in cui si pensi di poter essere affetti dall’infezione, e nel caso in cui si assista una persona sicuramente contagiata. Può anche essere utile per coloro che assistono malati di tumore in condizioni di immunosoppressione, per esempio durante l’abbassamento dei globuli bianchi causato dalla chemioterapia».
Le persone con cancro sono sempre immunodepresse?
«Un paziente oncologico non è da considerarsi immunodepresso in assoluto. Certo, il fatto che abbia sviluppato un tumore significa che c’è stato un fallimento del suo sistema immunitario. Ma è stato un fallimento temporaneo, non una condizione costante per tutta la vita. L’immunodepressione, tuttavia, può essere un effetto collaterale dei trattamenti a cui questi pazienti vengono sottoposti» sottolinea Perrone.
Quali sono le terapie che “indeboliscono” di più il paziente?
«La chemioterapia è quella che espone a rischi maggiori, perché produce un abbassamento nel sangue di globuli bianchi, cellule attive del sistema immunitario – specifica l’esperto – Ciò espone di più al rischio di infezioni, soprattutto batteriche e virali. La radioterapia è meno impattante della chemioterapia in questo senso, ma espone comunque a una forma di immunodepressione, sicuramente più della terapia ormonale, l’unica che non ha effetti diretti sul sistema immunitario». Tuttavia, non esistono dati certi sui rischi di contrarre l’infezione da coronavirus durante la chemioterapia: «è ragionevole pensare, per analogia con quanto accade nel caso dell’influenza stagionale, che in presenza di immunosoppressione da chemioterapia ci possano essere più complicanze e che il loro andamento clinico possa essere peggiore».
Coronavirus e tumore: se i pazienti sono bambini?
«I bambini hanno un sistema immunitario che ha più capacità di adattarsi rispetto a quello degli adulti. È in crescita e stimolato dalle varie vaccinazioni, quindi in genere riesce a gestire meglio l’eventuale contatto con virus e batteri. Un bambino affetto da tumore si porta dietro questa eredità positiva, ma se è sottoposto a trattamenti chemioterapici il discorso è analogo a quello fatto per gli adulti» sottolinea Perrone.
Occorre rinviare o interrompere le terapie di un paziente oncologico in questo periodo?
Non ci sono ragioni che giustifichino l’interruzione o il rinvio di una terapia oncologica. Secondo Michele Milella, direttore del Dipartimento di oncologia dell’Università di Verona, «l’unica ragione che potrebbe portare a una decisione di questo tipo potrebbe essere il rischio sanitario connesso al luogo dove vengono effettuate le cure. In questo caso vorrebbe dire che il reparto di Oncologia della struttura di riferimento è stato esposto all’infezione da coronavirus, com’è per esempio accaduto a Crema».
Cosa succede se un malato oncologico contrae il coronavirus?
Milella spiega che, in caso di infezione da coronavirus, «in un paziente oncologico ci si comporta come avviene in caso di polmonite di origine batterica. Il cui trattamento diventa prioritario rispetto a quello del cancro. Questo, d’altronde, avviene per tutte le malattie acute».
Quali sono le raccomandazioni per le persone che si prendono cura dei malati oncologici?
Chi assiste i pazienti oncologici può facilmente essere un veicolo d’infezione. Pertanto, spiega Perrone «chi si prende cura di un malato di tumore, specialmente se è in chemioterapia, deve fare attenzione a non venire in contatto con soggetti che presentano sintomi come febbre e tosse». Nel caso un familiare o chi si prende cura di un malato manifestino sintomi di infezione respiratoria, suggerisce Milella, «è raccomandabile mantenere le distanze dal malato di cancro. E osservare tutte le raccomandazioni contenute nel decalogo diffuso dal Ministero della Salute».
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