
La passeggiata che diventa faticosa, le scale che iniziano a dare qualche problema, i barattoli che non si riescono ad aprire. Semplici azioni quotidiane si trasformano in una sfida per chi soffre di danni alla cartilagine articolare, un tessuto connettivo di consistenza elastica che, come una sorta di cuscinetto, riveste e protegge le articolazioni.
In questo articolo
Cos’è la cartilagine?
«Composta da cellule (i condrociti, che rappresentano l’1%) e da matrice extracellulare (acqua, collagene, proteoglicani, acido ialuronico, glicoproteine), non è provvista di vasi sanguigni, il che determina la sua scarsa capacità di auto guarigione», spiega Laura de Girolamo, direttrice del Centro di medicina rigenerativa Regain dell’Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio di Milano.
Quali sono le cause dei problemi alla cartilagine?
«Tra le cause di problemi articolari, ci possono essere:
- un trauma di grave entità;
- l’osteocondrite dissecante, patologia caratterizzata da un’alterazione dell’osso sottostante la cartilagine, che
genera danni alla cartilagine stessa; - l’usura dovuta all’invecchiamento».
Nei primi due casi si manifesteranno principalmente lesioni singole e confinate, nel terzo l’artrosi, malattia in cui il tessuto è complessivamente deteriorato.
Quali sono i campanelli di allarme per un problema alla cartilagine?
Tra i campanelli d’allarme di un problema alla cartilagine, specialmente nelle fasi più avanzate, si annoverano dolore, limitazioni nei movimenti e gonfiore.
Appena questi sintomi fanno capolino, è importante rivolgersi allo specialista ortopedico, in grado di effettuare la diagnosi e di mettere in atto il trattamento più appropriato per ciascun paziente, che dipende dallo stadio della patologia.
Gli interventi in caso di lesioni
Sono diversi gli interventi a disposizione dello specialista in caso di problemi alla cartilagine. Vediamo i più efficaci.
Prp, plasma ricco di piastrine
Nelle lesioni multiple in un paziente giovane è anzitutto possibile impiegare il plasma ricco di piastrine (Prp), un prodotto di derivazione ematica. «In pratica, il paziente viene sottoposto a un prelievo di sangue, che viene successivamente centrifugato allo scopo di separare le piastrine, un “serbatoio” di fattori di crescita, ovvero proteine in grado di favorire la guarigione delle lesioni e i processi rigenerativi. Il prodotto così ottenuto viene poi iniettato, attraverso una o più infiltrazioni, nella sede interessata, con l’obiettivo di facilitare la rigenerazione del tessuto cartilagineo, soprattutto modulando il processo infiammatorio», prosegue l’esperta.
L’intervento chirurgico
Se questo trattamento non dovesse dare i risultati sperati, è necessario procedere con l’intervento chirurgico.
La condrogenesi autologa indotta da matrice
Nel caso di piccole lesioni o di osteocondrite, si può effettuare un’operazione chiamata condrogenesi autologa indotta da matrice (Autologous matrix induces chondrogenesis, Amic).
In concreto, il chirurgo inserisce nella cavità articolare, attraverso una piccola incisione cutanea (massimo un centimetro), l’artroscopio, uno strumento dotato di luce e di telecamera, che proietta le immagini su un monitor
collegato. Quindi, dopo aver rimosso la cartilagine danneggiata, crea attraverso microfratturazioni piccoli canali nell’osso subcondrale. Tramite questi ultimi il sangue fluisce, raggiunge l’area danneggiata e la rigenera formando un tessuto cartilagineo sostitutivo. Per favorire il processo di guarigione, il medico applica sulla zona apposite matrici di collagene o di acido ialuronico, fissate con una colla di fibrina.
Trapianto di cartilagine morcellizzata
Sempre nel caso di lesioni o di osteocondrite, un’altra tecnica è il trapianto di cartilagine morcellizzata. In pratica, il chirurgo preleva da una zona di non carico dell’articolazione interessata una porzione di cartilagine, la frammenta con un apposito dispositivo (il processo si chiama “morcellizzazione”) e la posiziona in corrispondenza della lesione, con l’obiettivo di fornire nuove cellule cartilaginee.
La mosaicoplastica
Idoneo a trattare lesioni o osteocondrite è infine anche l’intervento di mosaicoplastica, simile al precedente. In questo caso, il chirurgo preleva piccoli cilindri osteocondrali (cartilagine con il sottostante osso) da un sito di non carico dell’articolazione stessa. Posiziona poi i prelievi eseguiti uno a fianco all’altro, come una sorta di mosaico, fino a riempire la lesione.
Testo di Paola Arosio