Il glaucoma viene definito il «ladro silenzioso» o addirittura il «killer silenzioso» della vista. Sostanzialmente perché negli stati iniziali non si manifesta con alcun sintomo e le persone se ne rendono conto quando il danno visivo è già conclamato. Attualmente rappresenta la seconda causa di cecità nel mondo dopo la cataratta e in Italia ne sono affette circa un milione e 200 mila persone. Una persona su due non sa di averlo con il rischio di accorgersene quando è troppo tardi. La Settimana mondiale del glaucoma, che si celebra dal 6 al 12 marzo, istituita dalla World Glaucoma Association, è l’occasione per fare il punto sulla patologia e ricordare l’importanza, già a partire dai 40 anni, di effettuare un check up della vista per prevenire il glaucoma intercettando in tempo i suoi segnali.
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L’effetto della pandemia sul glaucoma
L’edizione 2022 della settimana permette anche di fare un bilancio dopo due anni di pandemia. Secondo gli esperti, i vari lockdown dovuti al Covid 19 hanno avuto un forte impatto sulla patologia. «Sostanzialmente c’è stato un ritardo diagnostico e terapeutico, perché le chiusure hanno ritardato o rimandato svariati controlli che monitoravano la patologia o che avrebbero potuto diagnosticarla» fa sapere Luciano Quaranta, professore all’Università di Pavia e direttore del dipartimento di Oculistica al Policlinico San Matteo di Pavia, intervenuto al congresso internazionale dell’Associazione Italiana Studio Glaucoma, che si è svolto a Roma dal 3 al 5 marzo.
Covid-19 e glaucoma
Non ci sono evidenze scientifiche, invece, sul fatto che il coronavirus possa essere causa diretta del glaucoma. «In un recente studio pubblicato su The Lancet viene dimostrato un coinvolgimento della retina dell’occhio nei pazienti con Covid 19 (può causare un’infiammazione della congiuntiva provocando arrossamento e prurito agli occhi), ma non abbiamo prove scientifiche che questo possa causare il glaucoma» precisa l’esperto. «Di certo sappiamo che è un virus sistemico, che può generare anche patologie neurologiche a lungo termine, come il Long Covid, tuttavia per ora non ci sono associazioni dirette con questa patologia».
Prevenire il glaucoma
L’aggettivo «silenzioso» significa quindi che il glaucoma si sviluppa di soppiatto e si manifesta quando già ha arrecato danni alla vista. Non c’è proprio alcun campanello d’allarme che permette di prevenire il glaucoma? «Purtroppo non ci sono segni e sintomi della malattia fino agli stadi più avanzati. Quando i pazienti notano qualcosa, ad esempio una visione offuscata che li fa inciampare spesso, significa che la patologia è già avviata. Quindi solo regolari controlli dall’oculista possono individuare precocemente la malattia» suggerisce Quaranta.
In genere il glaucoma colpisce dopo i 50-60 anni, ma può insorgere anche tra i più giovani. «Da grossi studi di popolazione sappiamo che il 50% delle forme di glaucoma non sono diagnosticate. Il motivo? Perché le persone non vanno dall’oculista o ci vanno troppo tardi. Se a 50 anni ci si reca dall’ottico per farsi fare un paio di occhiali per la tipica presbiopia dell’età adulta, consiglio di fare anche una visita oculistica» commenta l’esperto.
Curare il glaucoma
Nella cura del glaucoma sono disponibili una serie di molecole che, in mono terapia o terapia combinata, permettono di trattare un numero elevato di pazienti. Altrimenti, oggi l’innovazione tecnologica consente un approccio chirurgico mininvasivo, con diversi vantaggi rispetto alla chirurgia tradizionale. L’intervento, che consiste nell’inserimento di piccoli tubicini per il drenaggio dell’umore acqueo, è più veloce (circa un quarto d’ora), non richiede incisioni e spesso neanche punti di sutura. Il recupero del paziente risulta così più rapido: nel giro di pochi giorni, anziché settimane, si può tornare alla normale vita quotidiana.
«La chirurgia mininvasiva è molto efficace e permette di rallentare, non di curare, la malattia. Tra l’altro è stata di grande successo nel periodo pandemico. Molti interventi, infatti, sono stati effettuati durante il lockdown proprio perché sono più sicuri, rapidi e permettono degenze brevi. Inoltre, pur necessitando di controlli post operatori, hanno un livello di sicurezza maggiore. Così hanno permesso di operare molte persone che altrimenti in un periodo come quello del lockdown avrebbero dovuto rimandare». Cosa accade dopo l’intervento? «Il paziente segue un follow up terapeutico per rallentare i processi cicatriziali che potrebbero far fallire la chirurgia, ad esempio con cortisonici e antibiotici. Se poi la chirurgia ha successo», conclude l’esperto, «è possibile affrancarsi completamente dai medicinali, ma i controlli si faranno per tutta la vita».