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Cardioaspirina: farmaco salvavita per chi ha già avuto infarto o ictus

Uno studio di Humanitas ha confermato che la cardioaspirina rimane il farmaco antiaggregante di riferimento per prevenire nuovi coaguli di sangue in chi ha già avuto un evento cardiovascolare

La cardioaspirina è un antitrombotico a base di acido acetilsalicilico. È in grado di prevenire la formazione di coaguli di sangue (i cosiddetti “trombi”) all’interno dei vasi. Per questo motivo viene solitamente utilizzata per ridurre l’incidenza di trombosi nei pazienti che, in passato, hanno già avuto un infarto del miocardio o un ictus cerebrale. Due patologie, queste, causate proprio da un “tappo” di sangue. Questo impedisce il passaggio di ossigeno e sostanze nutritive all’organo più vicino, provocandone un danno più o meno grave.

Cardioaspirina o nuovi farmaci antiaggreganti:
cosa è meglio per chi ha già avuto infarto o ictus?

Oggi la cardioaspirina si conferma essere un farmaco salvavita per chi ha già avuto a che fare con un evento cardiovascolare. A dirlo è uno studio diretto da Humanitas e pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet. La ricerca ha preso in considerazione 9 trial realizzati negli ultimi 30 anni. Gli studiosi hanno confrontato su oltre 40.000 pazienti gli effetti della cardioaspirina con quelli delle tienopiridine, cioè nuovi farmaci antiaggreganti piastrinici. Come fa sapere Giulio Stefanini, cardiologo di Humanitas e docente di Humanitas University, l’obiettivo era proprio quello di verificare se questi farmaci di ultima generazione dessero benefici paragonabili a quelli della storica cardioaspirina, in termini di prevenzione cardiovascolare secondaria (su chi, cioè, aveva già avuto infarto o ictus).

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La cardioaspirina è il farmaco di riferimento per chi ha avuto un evento cardiovascolare

I risultati hanno evidenziato che i benefici della terapia con tienopiridine sono marginali rispetto a quelli con la cardioaspirina. Per prevenire un solo infarto del miocardio è necessario, infatti, trattare 244 pazienti con i nuovi antiaggreganti. Un numero, questo, eccessivamente alto per giustificare la nuova terapia in sostituzione della cardioaspirina,  oltretutto senza alcun effetto sul rischio di mortalità. Gli specialisti concordano dunque nel ritenere la cardioaspirina il farmaco antiaggregante di riferimento per prevenire nuovi coaguli di sangue in chi ha già avuto una patologia cardiovascolare.

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