Focus di Sebastiano Filetti, professore di medicina interna all’Università La Sapienza di Roma.
Il carcinoma midollare della tiroide rappresenta lo 0,3-0,5% dei tumori tiroidei. Nella forma avanzata metastatica colpisce ogni anno circa 200 italiani: la sua incidenza ridotta quindi lo rende a tutti gli effetti un tumore raro.
SINTOMI. I tumori tiroidei possono rimanere asintomatici a lungo. Tra i segnali che possono sollevare un sospetto: la presenza di un nodulo nella parte anteriore del collo, gonfiore in prossimità della gola, raucedine, mal di gola, tosse, difficoltà di deglutizione e respiratorie. Negli stadi più avanzati, spesso compaiono sintomi come flush (arrossamenti transitori) al viso o grave diarrea.
DIAGNOSI. Alla diagnosi si arriva mediante l’analisi citologica di materiale aspirato dal nodulo tiroideo, ma anche attraverso l’analisi del sangue, con la misurazione di un marcatore sierico specifico della patologia, la calcitonina.
LE CAUSE. Il carcinoma midollare della tiroide può essere di tipo sporadico, quindi insorgere nella sola persona colpita, oppure familiare, per trasmissione genetica nel 20-25% dei casi. Da circa 20 anni è stata identificata la causa: un’alterazione del Dna, precisamente una mutazione del gene Ret, localizzato nel cromosoma 10.
LA TERAPIA ALL’AVANGUARDIA. Il trattamento ha subito una rivoluzione: fino a pochi anni fa non esisteva una terapia ad hoc e, laddove l’asportazione chirurgica della tiroide non era possibile o quando, dopo l’intervento, la malattia si diffondeva, erano utilizzate chemio e radioterapia, con scarsa efficacia. Adesso sono stati introdotti farmaci che funzionano inibendo sia la neoangiogenesi che la proliferazione tumorale: Vandetanib è la prima molecola a essere stata studiata per il carcinoma midollare della tiroide. La terapia, che richiede l’assunzione di una compressa al giorno, può essere seguita a casa propria.
Sebastiano Filetti – OK Salute e benessere