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Tumore al seno: tutto quello che c’è da sapere

Quali sono le persone più a rischio? Colpisce anche gli uomini? Quali sono i sintomi e i fattori di rischio? Ci sono novità per le terapie? Si può prevenire? Che ruolo ha l'alimentazione? E lo sport? Può essere benigno? Tutte le risposte

Il tumore al seno è il più frequente nel mondo femminile. Colpisce una donna su otto nell’arco della vita e rappresenta il 29% di tutti i tumori che colpiscono le donne. È anche la prima causa di mortalità per tumore nelle donne: il 17% di chi muore per tumore ed è femmina, muore per tumore al seno. Questo tipo di tumore colpisce anche gli uomini: un caso su 500 è maschile.

Tumore al seno: ci sono persone più a rischio?

Oltre al sesso, come abbiamo già visto, ci sono diversi fattori di rischio:

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  • l’età: più di 3 casi su 4 interessano donne che superano i 50 anni,
  • la familiarità: tra i 5 e i 7 casi hanno un familiare stretto – in genere la mamma o la nonna – che si è ammalato. Riguarda soprattutto le donne giovani, alcuni geni predispongono a questo tipo di tumore. Si tratta dei geni BRCA1 e BRCA2. Le mutazioni di questo gene sono responsabili della metà circa delle forme ereditarie di cancro del seno e dell’ovaio. Viene anche chiamata mutazione Jolie, perché la famosa attrice premio Oscar ha deciso di intervenire chirurgicamente prima di ammalarsi, asportando seno e ovaie,
  • gli ormoni: è ormai certo che un uso eccessivo di estrogeni aumentano il rischio di cancro al seno. A conferma, le gravidanze, che abbassano la produzione degli estrogeni, hanno un effetto protettivo,
  • l’obesità,
  • il fumo.

Quali sono i sintomi del tumore al seno?

In troppi sono convinti che i sintomi di questo tumore siano solo i noduli. È assolutamente falso per una serie di motivi:

  • La maggior parte dei tumori del seno si vede solo con la mammografia e nella donna tra i 30 e i 45 anni anche con l’ecografia.
  • Ma c’è di più: solo molto raramente allo stadio iniziale questo tumore provoca dolore. Possono essere molte e diverse le cause della mistalgia.
  • La manifestazione tipica è la presenza di noduli, in genere rinvenibili al tatto, a volte anche visibili. C’è da sottolineare che quando c’è già un nodulo il tumore è già in una forma avanzata. Ecco perché è fondamentale la partecipazione agli screening, come la mammografia, per scovare le cellule tumorali all’inizio del loro sviluppo. In questo modo è molto più semplice aggredirle e sconfiggere il tumore. Va ricordato che circa il 50% dei casi di tumore al seno è localizzato nel quadrante superiore esterno della mammella.
  • Bisogna stare attente anche a tutte le alterazioni del capezzolo o al fatto che abbia delle perdite. Ricordiamoci che se le perdite sono da entrambi i seni tendenzialmente si tratta di un fattore ormonale e non di tumore.
  • Anche i cambiamenti nella forma del seno o nell’aspetto della pelle che lo riveste sono da segnalare.
Quali sono le variazioni che devono insospettirci? Ne parla Sabatino D’Archi, Chirurgo senologo presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma.

Il tumore al seno benigno

Non sempre la presenza di un nodulo al seno significa cancro alla mammella come abbiamo già visto. Oltre alle fattispecie già analizzate, c’è quella del tumore al seno benigno. In genere si tratta o di un fibroadenoma o di una displasia mammaria. Spesso però bisogna comunque sottoporsi a interventi chirurgici anche invasivi.

Si può prevenire il tumore al seno?

Dobbiamo subito ricordare che mettendo in atto comportamenti corretti come una buona e sana alimentazione, l’attività fisica moderata e regolare, il limitare il consumo di alcolici e l’astensione dal fumo è possibile prevenire oltre quattro casi di tumori su dieci. Per aiutare le donne, ma come abbiamo visto anche gli uomini, gli esperti hanno stilato sette punti che, se seguiti, ci aiutano nella prevenzione di questo tumore. Oltre all’alimentazione, che vedremo tra poco, occorre assolutamente non fumare, fare attività fisica moderata e regolare. Anche l’allattamento al seno abbassa il rischio di sviluppare il tumore. Permette alla cellula del seno di maturare completamente e di essere più resistente alle trasformazioni che possono portare al cancro.

La dieta preventiva per il tumore al seno

Uno dei capisaldi della prevenzione per la stragrande maggioranza delle malattie è l’alimentazione. Le regole sono più o meno le stesse per tutte le patologie:

  • aumentare almeno fino a cinque le porzioni di frutta e verdura (meglio due di frutta e tre di verdura). In particolare per il tumore al seno sembrano essere molto importanti le verdure arancioni e gialle;
  • mangiare più fibra;
  • limitare il consumo di grassi saturi, in genere contenuti nella carne rossa e in quella processata;
  • bere almeno due litri di acqua;
  • bere tè verde;
  • mangiare cereali integrali;
  • aggiungere alcune spezie come la curcuma e lo zenzero alle nostre pietanze;
  • limitare il consumo di alcolici.

In pratica la dieta migliore da seguire per la prevenzione dei tumori è quella mediterranea. In particolare uno studio molto importante durato 20 anni ha spiegato come questa dieta aiuti a prevenire soprattutto le forme più aggressive del tumore al seno.

Gli antiossidanti delle crucifere

Anche le crucifere giocano un ruolo importante nella prevenzione dei tumori in generale, e quello al seno in particolare. Si tratta di cavoli, cavolfiori, broccoli, cavolini di Bruxelles. Al centro dell’attenzione ci sono i loro antiossidanti, che sono capaci di rallentare l’invecchiamento cellulare. In particolare contengono alte dosi di glucosinolati e isotiocianati. Molte ricerche li hanno indicati come antitumorali, soprattutto per il cancro al seno, al colon e alla prostata.

Il ruolo dei fitoestrogeni: la soia, i suoi derivati, ma non solo…

Ora diverse ricerche internazionali si stanno concentrato sull’apporto dei fitoestrogeni. Si tratta di ormoni vegetali, molto simili agli estrogeni femminili. In genere si trovano nella soia e nei suoi derivati, ma ce ne sono anche nei cereali integrali, nei frutti di bosco, in alcune alghe, nel cavolo, nei semi di lino e nei legumi. I fitoestrogeni diventano particolarmente importanti nel periodo della menopausa, quando gli estrogeni diminuiscono sensibilmente, esponendo le donne a un rischio maggiore di sviluppare malattie croniche.

La diagnosi del tumore al seno

La diagnosi precoce di ogni tumore è un passo fondamentale. Prima si scoprono le cellule tumorali e si iniziano le cure, maggiori saranno le probabilità di sopravvivenza. Questo vale ovviamente anche per il cancro della mammella. Ci sono diversi metodi di diagnosi e anche di autodiagnosi.

L’autopalpazione

È una tecnica di autodiagnosi, che permette alla donna di scoprire molto presto eventuali cambiamenti del proprio seno. Non è però un sistema di diagnosi sufficiente da solo. Va ricordato che quando si forma il nodulo, il tumore al seno ha già superato il primo stadio. Solo la mammografia può scoprire la presenza di cellule tumorali ai primi stadi. Qui trovi tutti i suggerimenti per svolgerla nel modo corretto.

Importante svolgere anche una visita senologica una volta all’anno, indipendentemente dall’età. Si può scegliere un ginecologo o un senologo.

La mammografia

La mammografia resta il metodo più efficace per la diagnosi precoce. Le Linee guida del Ministero della salute raccomandano di sottoporsi a una mammografia ogni 2 anni, dai 50 ai 69 anni di età. L’intervallo di tempo può comunque variare a seconda della situazione personale. Ad esempio se in famiglia c’è già un parente stretto che ha avuto questo tipo di tumore si inizia intorno ai 40 anni.

L’ecografia al seno

L’ecografia al seno si utilizza in genere per identificare un possibile tumore nelle più giovani. Di solito vi si ricorre quando vengono scoperti i noduli. Si procede a ecografia in età giovanile anche quando un familiare stretto ha avuto un tumore con mutazione genetica BRCA e BRCA1.

La risonanza magnetica

Generalmente è sufficiente la mammografia per verificare la presenza di cellule tumorali. Nei casi di seni molto densi o quando il radiologo o l’oncologo abbiano dubbi si ricorre alla risonanza magnetica.

I test genetici per la ricerca dei geni BRCA

I test genetici per la ricerca dei geni BRCA1 e 2 sono strumenti utili in alcune circostanze particolari. Si tratta di mutazioni genetiche che alzano notevolmente il rischio di sviluppare forme gravi di tumore al seno e alle ovaie. In presenza di parenti stretti che hanno avuto il cancro a causa di queste mutazioni si può procedere a questi esami genetici per verificare la situazione. Sarà il genetista a decidere se ricorrere o meno a questi test.

Se il risultato è positivo si possono aumentare le misure di controllo come ecografie o mammografie molto ravvicinate in modo da poter scoprire il tumore negli stadi iniziali. In casi molto particolari si può decidere per interventi chirurgici preventivi, come l’ovariectomia o la mastectomia.

La biopsia

Quando ci sono noduli o formazioni sospette, il medico può decidere di procedere a una biopsia. Può essere svolta in sala operatoria o in ambulatorio. Il professionista inserisce un ago nel nodulo per procedere a un esame citologico o microistologico. Nell’esame citologico  si esaminano le cellule, in quello microistologico il tessuto. Sono test per comprendere la natura della malattia.

La biopsia liquida

Il medico può scegliere di procedere anche con la biopsia liquida, chiamata anche lavaggio dei dotti. Si introduce del liquido nei dotti galattofori, quelli che permettono la fuoriuscita del latte. Il liquido raccolto contiene alcune cellule della parete dei dotti stessi che possono essere studiate al microscopio alla ricerca di eventuali anomalie.

Quanti stadi ha il tumore al seno?

Il tumore al seno può avere forme invasive e non invasive. La sua evoluzione può contare cinque stadi.

Stadio 0

È chiamato anche carcinoma in situ. Si considera una forma precancerosa. Di solito non diventa un vero e proprio cancro e regredisce spontaneamente, grazie all’azione del sistema immunitario.

Ce ne sono due tipi:

  1. Carcinoma lobulare in situ: non è un tumore aggressivo ma può aumentare le possibilità di una futura lesione maligna.
  2. Carcinoma duttale in situ (DCIS): colpisce le cellule dei dotti e aumenta il rischio di avere un cancro nello stesso seno.

Stadio I

È un cancro in fase iniziale. Le dimensioni non raggiungono i 2 centimetri e i linfonodi non sono ancora coinvolti.

Stadio II

Quando il cancro non ha ancora raggiunto i 2 centimetri, ma ha coinvolti i linfonodi che si trovano sotto l’ascella siamo allo stadio II. Oppure anche quando il tumore ha superato i 2 centimetri, senza coinvolgere i linfonodi.

Stadio III

In questo stadio siamo di fronte a un tumore localmente avanzato. Le sue dimensioni sono variabili. Anche i linfonodi sotto l’ascella sono stati coinvolti, oppure i tessuti vicini al seno.

Stadio IV

A questo livello ci sono già metastasi con il coinvolgimento di altri organi del corpo.

La sopravvivenza a cinque anni del tumore al seno

Se il tumore al seno è scoperto allo stadio 0 la sopravvivenza a cinque anni nelle pazienti è del 98 per cento. Le ricadute variano tra il 9 e il 30% dei casi, a seconda della terapia effettuata. Se invece i linfonodi sono coinvolti e contengono cellule tumorali (si parla di linfonodi positivi), la sopravvivenza a cinque anni scende al 75 per cento. In presenza di metastasi che in genere interessano le ossa, i polmoni e il fegato, la sopravvivenza media delle pazienti curate con chemioterapia è di due anni, ma ciò significa che vi sono casi in cui la sopravvivenza è molto più lunga, anche fino a dieci anni.

Le terapie per il tumore al seno

L’intervento chirurgico per il tumore al seno

Generalmente tutte le pazienti interessate da un tumore al seno vengono sottoposte a un intervento chirurgico per rimuovere i tessuti colpiti dalle cellule cancerogene. Quando la situazione lo permette si sceglie la chirurgia conservativa: si asporta tutta la parte con la lesione, ma si “salva” il seno. Questa operazione prende il nome di quadrantectomia o ampia resezione mammaria. Successivamente la paziente sarà sottoposta a radioterapia per proteggere la ghiandola mammaria dal rischio di recidiva locale e dalla comparsa di una nuova neoplasia mammaria.

Il linfonodo sentinella

Talvolta durante lo stesso intervento, il chirurgo può anche asportare i linfonodi dell’ascella. Per capire se siano coinvolti, si utilizza la tecnica del linfonodo sentinella, cioè si identifica il linfonodo che drena la linfa dall’area dove è situato il tumore. Il medico analizza al microscopio il linfonodo sentinella. Se non presenta cellule tumorali o ne individua un piccolissimo aggregato, chiamato micro metastasi, si asporta solo quello. In caso contrario il chirurgo svuota il cavo ascellare, cioè rimuove tutti i linfonodi ascellari.

La mastectomia parziale

A volte non è sufficiente asportare solo un quadrante di seno. Il chirurgo procede alla  mastectomia parziale, chiamata anche segmentale. Successivamente la paziente deve fare delle sedute di radioterapia. Nelle forme iniziali di cancro (stadio I e II), la quadrantectomia seguita da radioterapia è altrettanto efficace dell’asportazione del seno. La maggior parte delle pazienti con neoplasia intraepiteliale segue lo stesso percorso.

La mastectomia radicale modificata

Quando siamo in presenza di tumori a stadi avanzati, il chirurgo asporta completamente il seno. L’intervento prevede che sia asportata la ghiandola, il linfonodo sentinella e a volte tutti i linfonodi che si trovano sotto l’ascella. Solo in rari casi si asporta anche il muscolo pettorale.

La nipple sparing mastectomy

Sempre più spesso si punta a salvare il capezzolo e la maggior parte della pelle. Si usa la tecnica della mastectomia che conserva il capezzolo e l’areola. Per la zona areolare si prescrivono dosi mirate di radioterapia.

La ricostruzione del seno è a carico del Servizio Sanitario Nazionale

In ogni caso dopo l’intervento si procede alla ricostruzione del seno. Solo raramente si decide di attendere la fine della radioterapia, perché potrebbe rallentare la cicatrizzazione. Di solito invece il chirurgo procede alla plastica del seno nel corso dell’intervento di asportazione.

Sia che venga eseguita subito dopo l’intervento oncologico sia che venga fatta tempo dopo la ricostruzione è a carico del sistema sanitario nazionale. Questo perché non si tratta di un problema estetico ma entrano in gioco l’integrità del corpo e il recupero fisico della paziente dopo il tumore.

In alcuni casi si può procedere alla ricostruzione del seno anche con un autoinnesto del proprio grasso. Il risultato è decisamente più naturale di quello svolto con la protesi, ma non sono ancora tanti i professionisti capaci di farlo. Serve grande esperienza.

Cosa succede dopo l’intervento al tumore al seno?

Una volta superato l’intervento, ci sarà un’attenta valutazione per decidere le linee guida da seguire nelle terapie per ridurre il rischio che la malattia possa colpire con metastasi a distanza altri organi. In genere il medico prescrive dei farmaci anticancro.

In laboratorio si verificano le caratteristiche biologiche del tumore al seno. Si monitora soprattutto lo stato dei recettori per gli estrogeni e per il progesterone, i due principali ormoni femminili. Se il tumore è positivo per i recettori degli estrogeni si possono prescrivere farmaci che bloccano gli estrogeni come il tamoxifene. Se la paziente è fertile le si darà anche un inibitore LH-RH analogo che induce una menopausa temporanea.

Ci sono anche altri farmaci che hanno lo stesso scopo. Si chiamano inibitori delle aromatasi e si prescrivono alle donne già in menopausa. Il tumore viene esaminato  anche per individuare la presenza di un recettore chiamato HER-2/neu. Se c’è è alto il rischio di avere una ricaduta. In questo caso si prescrive un farmaco biologico chiamato trastuzumab, una sostanza che blocca i recettori e impedisce al tumore di crescere. Altri farmaci biologici sono allo studio.

La chemioterapia

Resta uno dei sistemi più utili contro il cancro. Naturalmente va prescritta solo se strettamente necessaria, visti i pesanti effetti collaterali. Se svolta nei primi stadi migliora velocemente la situazione, anche meglio di quello che avviene negli stadi più avanzati. Negli ultimi anni si è diffuso anche l’uso della chemioterapia neoadiuvante, ovvero somministrata prima dell’intervento per ridurre la dimensione e l’aggressività del tumore.

La radioterapia

La radioterapia dura pochi minuti e va ripetuta per cinque giorni la settimana, fino a cinque-sei settimane di seguito. In genere il trattamento radioterapico può essere combinato all’uso di farmaci.

 

 

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Francesco Bianco

Giornalista professionista dal 1997, ha lavorato per il sito del Corriere della Sera e di Oggi, ha fatto interviste per Mtv e attualmente conduce un programma di attualità tutte le mattine su Radio LatteMiele, dopo aver trascorso quattro anni nella redazione di Radio 24, la radio del Sole 24 Ore. Nel 2012 ha vinto il premio Cronista dell'Anno dell'Unione Cronisti Italiani per un servizio sulle difficoltà dell'immigrazione. Nel 2017 ha ricevuto il premio Redattore del Gusto per i suoi articoli sull'alimentazione.
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