Come sottolinea il Ministero della Salute, il caldo estremo può costituire un rischio soprattutto per chi è affetto da malattie croniche caratterizzate da una limitata possibilità di termoregolazione o dalla ridotta capacità di mettere in atto i tradizionali comportamenti protettivi, come ad esempio bere un bel bicchiere di acqua fresca, accendere il ventilatore, indossare indumenti di cotone leggeri. Ma quali sono le principali patologie da tenere sotto controllo? Perché? E con quali stratagemmi?
Di seguito una guida, stilata con la consulenza di vari specialisti, per trascorrere un’estate in tutta sicurezza, nonostante il solleone.
MALATTIE CARDIOVASCOLARI
Per comprendere il rapporto tra malattie cardiovascolari e calura occorre tenere conto di un semplice quanto importante assunto. Con l’incremento della temperatura aumenta il calibro dei vasi sanguigni (vasodilatazione). Ciò comporta una diminuzione della pressione del sangue. Il che può avere effetti diversi a seconda della specifica patologia presente.
➜ Ipertensione
Dopo tale premessa, chi è iperteso potrebbe gongolare, pensando qualcosa del
tipo: se il caldo abbassa la pressione, il problema è risolto e posso ridurre le medicine o addirittura sbarazzarmene del tutto. Errore, grave errore. «Se, da un lato, è vero che le temperature estive favoriscono l’abbassamento dei valori pressori», conferma Marco Froldi, responsabile dell’unità operativa di medicina interna dell’Irccs Policlinico San Donato e professore associato di medicina interna all’Università degli Studi di Milano, «dall’altro è uno sbaglio abbassare la guardia o, peggio, ricorrere al fai-da-te, modificando a casaccio il dosaggio dei farmaci antipertensivi, come ace-inibitori, sartani, calcioantagonisti, diuretici, beta-bloccanti. Utile, invece, programmare, prima dell’estate, una visita di controllo dal medico di famiglia o dallo specialista, che eventualmente provvederà a rimodularne le dosi, adeguandole alle necessità del singolo paziente e al tipo di vacanza prevista, in modo da controbilanciare il potenziamento dell’effetto ipotensivo generato dal caldo».
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➜ Patologie del cuore
Anche chi ha avuto in passato un problema al cuore, ad esempio infarto, angina, scompenso cardiaco, aritmie, come la fibrillazione atriale, deve stare all’erta. «Quando la pressione si abbassa, il sangue fa più fatica a raggiungere i vasi collocati in periferia», spiega il professore. «Così, per assicurare comunque un’adeguata ossigenazione dei tessuti, il cuore aumenta il proprio ritmo (tachicardia), in modo da pompare il sangue più velocemente. Questo equivale, però, a un aggravio del lavoro a carico del muscolo cardiaco, con potenziali rischi per il cuore stesso». Non solo. «Il caldo provoca sudorazione, con conseguente perdita di acqua e di elettroliti, in particolare il potassio», continua Froldi. «Una carenza di quest’ultimo (ipopotassiemia), un minerale implicato nel controllo del battito cardiaco, può provocare gravi aritmie». Neppure scompenso e caldo vanno molto d’accordo. Quando quest’ultimo fa capolino, i sintomi del disturbo, tra cui aumento del battito (tachicardia), difficoltà a respirare (dispnea) e fatica, tendono inesorabilmente a peggiorare. Come raccomandano a gran voce gli esperti, pure nel caso di malattie cardiache è importante, prima dell’estate, bussare alla porta del medico per un check up. In ogni caso, se un cardiopatico avverte disturbi come crampi muscolari, aumento o alterazioni del ritmo cardiaco, abbassamento della pressione (qualora sia possibile misurarla), è importante che si rivolga subito al pronto soccorso.
➜ Ipotensione
Se avere la pressione alle stelle, con i gravi disturbi cardiaci che ne conseguono, non è certo un bene, neppure averla sotto i tacchi è auspicabile. «Gli abbassamenti della
pressione, soprattutto se repentini, con valori inferiori a 90-60 millimetri di mercurio, possono comportare una serie di disturbi, tra cui spossatezza, apatia, affaticamento, nausea, vertigini, svenimenti», elenca l’esperto. Gli anziani, in particolare, devono prestare attenzione a eventuali cadute con conseguenti ferite, fratture, traumi, particolarmente temibili nel caso in cui assumano anche farmaci anticoagulanti, che fluidificano il sangue facilitando eventuali emorragie.
Tra gli accorgimenti utili per l’ipotensione:
- evitare alcolici;
- masticare all’occorrenza un bastoncino di liquirizia pura o bere un caffè;
- evitare di alzarsi velocemente, ma passare con gradualità dalla posizione sdraiata a quella seduta, e da quest’ultima a quella eretta.
- In caso di emergenza, stendersi subito a terra con le gambe sollevate per consentire al sangue di defluire meglio verso il cuore.
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➜ Malattie venose
Il caldo, provocando la dilatazione dei vasi, è nemico anche di chi soffre di malattie venose, come varici, tromboflebiti e trombosi. Ecco allora gambe gonfie e doloranti, prurito e formicolio alle caviglie, crampi notturni agli arti inferiori, capillari visibili, comparsa
di arrossamenti e macchie scure, vene varicose. Come cercare di alleviare i disturbi? Gli esperti suggeriscono di evitare di stare a lungo in piedi o seduti, di rinfrescare le gambe con acqua fredda (ad esempio, immergendole in piscina o nel mare o utilizzando il getto della doccia) e di cercare di tenerle il più possibile sollevate, in modo che risultino più alte rispetto al livello del cuore.
DIABETE
Per chi è affetto da diabete, il pericolo numero uno in agguato d’estate è la disidratazione, ovvero un depauperamento delle risorse idriche dell’organismo, in cui la quantità di liquidi assunti è inferiore alla quantità di quelli persi. A spiegare la correlazione tra la patologia metabolica e la carenza di acqua è Froldi. «Da un lato, se il glucosio nel sangue è alto e supera la soglia di assorbimento renale, di solito intorno ai 180 milligrammi per decilitro, il rene non riesce a riassorbire l’eccesso e, anziché reimmetterlo nel circolo sanguigno, lo elimina. Poiché lo zucchero “attrae” moltissima acqua (effetto osmotico), anche quest’ultima viene convogliata in gran quantità nelle urine e così espulsa (diuresi osmotica). Dall’altro lato, come è noto, il caldo provoca una intensa sudorazione, un fenomeno mirato a mantenere una temperatura corporea costante, compresa tra i 36 e i 37 gradi. In particolare, quando quest’ultima accenna ad aumentare, un’area del cervello (ipotalamo), che contiene neuroni sensibili alle variazioni di temperatura interna, attiva attraverso i nervi le ghiandole sudoripare che si trovano nella pelle e che producono appunto il sudore, un liquido ricco di acqua che, evaporando, raffredda la cute e quindi l’organismo. Ebbene, proprio la somma di questi due effetti fa sì che il paziente diabetico finisca con il perdere una maggiore quantità di liquidi ed essere così più a rischio di disidratazione rispetto a chi non presenta la patologia.
➜ Gli antidiabetici possono favorire la disidratazione
Come se ciò non bastasse, anche alcuni farmaci antidiabetici possono contribuire ad aumentare ulteriormente la disidratazione. Ciò accade, in particolare, con gli inibitori SGLT-2, che includono canagliflozin, dapagliflozin, empagliflozin, e con le gliflozine. Entrambe le classi di molecole agiscono aumentando le perdite urinarie di glucosio e, con esso, anche di acqua. «Nei diabetici la disidratazione è nociva perché può causare un rilevante aumento della concentrazione di zuccheri nel sangue (iperglicemia)», mette in guardia Froldi. «Inoltre, nel diabete di tipo 2, potrebbe innescare la sindrome iperosmolare iperglicemica, una grave complicanza della malattia che può provocare convulsioni, coma e anche la morte». Per evitare tutto ciò è bene giocare d’anticipo, bevendo circa 2-2,5 litri di acqua al giorno e non facendo mai mancare sulla tavola cibi come le verdure, che contengono un’elevata quantità di acqua (fino al 95%), oltre a vitamine ed elettroliti, come potassio, sodio, calcio, magnesio, preziose sostanze che vengono eliminate con le urine. Nonostante le precauzioni, potrebbe comunque capitare di incorrere in una eccessiva perdita di liquidi. Qualora si avvertissero nausea, capogiri, mal di testa, respiro affannoso e accelerato, è bene rivolgersi subito al più vicino pronto soccorso, dove sarà possibile, tramite la somministrazione per via endovenosa di soluzioni di cloruro di sodio, ripristinare velocemente una corretta idratazione e controllare progressivamente la glicemia nel tempo.
➜ Attenzione anche alla ipoglicemia
Oltre alla disidratazione, un altro rischio che i diabetici non dovrebbero trascurare, soprattutto se in trattamento con insulina o con farmaci orali quali sulfoniluree e glinidi, è quello di ipoglicemia. «Occorre prestare attenzione perché uno dei sintomi classici della crisi ipoglicemica, la copiosa sudorazione, d’estate può essere confuso con un effetto del caldo, portando a una tardiva identificazione del calo di zuccheri», avverte Froldi. «Tuttavia, per non incorrere in errore, basta ricordare che a quest’ultimo si associano in genere, oltre alla sudorazione, ulteriori sintomi, come confusione mentale, difficoltà di concentrazione, visione doppia (diplopia), formicolio generalizzato, pallore». In caso di dubbio, la prima cosa da fare è misurare la glicemia con un glucometro, l’apposito strumento di monitoraggio che, soprattutto durante la stagione calda, dev’essere sempre tenuto a portata di mano. Se i valori glicemici sono inferiori a 50-60 milligrammi per decilitro, è sufficiente assumere una zolletta di zucchero, una bibita zuccherata o un
frutto ad alto contenuto zuccherino, come la banana, per ripristinare l’equilibrio glucidico. Proprio per non incorrere in questo tipo di problemi, come raccomanda l’esperto, «d’estate la glicemia dovrebbe essere monitorata con regolarità e in modo particolarmente scrupoloso, con almeno tre misurazioni giornaliere a digiuno, ovvero prima della colazione, del pranzo e della cena».
➜ L’insulina teme il caldo
Infine, un’ultima avvertenza. Se tutti i farmaci vanno conservati al riparo dal caldo e dalla luce, ciò vale in modo particolare per i flaconi di insulina, molto sensibile alle elevate temperature, e per il glucometro e le relative strisce reattive, che, se esposte al sole, possono danneggiarsi irreparabilmente rendendo inaffidabili i risultati delle misurazioni.
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MALATTIE DELLA TIROIDE
Se la tiroide non funziona a dovere, il caldo può causare qualche problema. «Quando il sistema degli ormoni tiroidei, deputato al mantenimento della stabilità della temperatura corporea, è difettoso, si presentano difficoltà nella termoregolazione», spiega Froldi. «Per questo motivo, le escursioni termiche ambientali sono percepite in maggior misura da chi sia affetto da ipertiroidismo o da ipotiroidismo. In particolare, negli ipertiroidei non adeguatamente trattati con i farmaci appropriati si verifica un eccesso di ormoni tiroidei, che induce una dilatazione dei vasi sanguigni con conseguente maggiore afflusso di sangue e aumento della temperatura corporea. Da qui la caratteristica insofferenza di chi presenta ipertiroidismo verso le alte temperature. Al contrario, negli ipotiroidei gli ormoni diminuiscono e accade, quindi, l’opposto, con una maggiore tolleranza nei confronti del caldo. Nonostante ciò, chi soffre di ipotiroidismo può comunque subire un peggioramento della propria condizione a temperature elevate, ad esempio avvertendo maggiormente la consueta stanchezza».
MALATTIE NEUROLOGICHE
➜ Sclerosi multipla
I primi scritti sulla sensibilità termica nella sclerosi multipla sono attribuibili al patologo francese Charles- Prosper Ollivier d’Angers, che nel 1824 osservò come, in un paziente affetto dalla malattia, fare un bagno caldo induceva un intorpidimento delle gambe e una ridotta sensibilità delle mani. Nel 1890 l’oculista tedesco Wilhelm Uhthoff osservò, invece, un gruppo di pazienti con la patologia, nei quali era presente la tipica neurite ottica, una grave infiammazione del nervo degli occhi che compromette la trasmissione dei segnali nervosi dalla retina alla corteccia cerebrale, provocando, nei casi più gravi, anche la cecità.
Ebbene, in seguito a esposizione al calore, il medico rilevò un peggioramento della vista in tutti i soggetti. «La sclerosi multipla è una malattia neurodegenerativa del sistema nervoso centrale, in cui si verifica una perdita di mielina, la sostanza che ricopre le fibre nervose (assoni) deputate a condurre i segnali elettrici», ricorda Federica Agosta, neurologa della Neuroimaging Research Unit dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano diretta da Massimo Filippi e ricercatrice all’Università Vita- Salute San Raffaele di Milano. «L’effetto di tale demielinizzazione è una conduzione rallentata degli impulsi nervosi. In presenza di un incremento termico, la trasmissione subisce un ulteriore rallentamento (fenomeno di Uhthoff). Ecco perché con un clima caldo, ma anche a causa di esercizi fisici, febbre, sauna, bagno turco, esposizione solare, in circa il 60-80% dei pazienti con sclerosi multipla si riscontra un peggioramento o un’esacerbazione dei sintomi già presentati in passato, che possono includere numerosi disturbi, tra cui quelli motori, visivi, di sensibilità». Del resto, vari studi hanno dimostrato che è sufficiente un aumento di soli 0,5 gradi della temperatura corporea per rallentare o bloccare la conduzione degli impulsi nervosi nei nervi demielinizzati, mentre basta un incremento termico ancora minore per compromettere la conduzione nei nervi gravemente danneggiati. Per trattare la sensibilità al calore, potrebbero essere utili alcuni farmaci, come ad esempio la 4-aminopiridina, che aumenta la conduzione degli impulsi nelle fibre nervose demielinizzate bloccando i canali del potassio. Attenzione, però, a non confondere il fenomeno di Uhthoff con una vera e propria ricaduta della malattia. «Nel primo caso, il peggioramento non comporta nuovi danni alla mielina ed è temporaneo, facilmente reversibile riportando la temperatura entro i range appropriati», puntualizza l’esperta. «Nel secondo compare una nuova lesione rilevabile attraverso la risonanza magnetica e pertanto un aggravamento nel decorso generale della patologia». Oltre a questo fenomeno tipico della malattia, ci potrebbe essere anche un altro motivo per il quale i pazienti con sclerosi multipla non tollerano la calura. Vivono una riduzione della sudorazione data da un’alterazione del riflesso sudomotorio, a sua volta provocato da lesioni verificatesi nelle aree del cervello responsabili del controllo e della regolazione della temperatura corporea (ipotalamo). Da ultimo, occhio a mantenere la corretta idratazione dell’organismo bevendo in abbondanza. Può, infatti, capitare che siano i pazienti stessi, che spesso a causa della malattia soffrono di disturbi della minzione, a limitare volontariamente l’assunzione di liquidi per non incorrere in problemi urinari. Una scelta sbagliata, che soprattutto d’estate non paga, provocando disturbi ben più gravi di quelli che si vorrebbero evitare.
➜ Alzheimer
Nel caso della malattia di Alzheimer e più in generale delle demenze senili, accade che il paziente, proprio a causa del decadimento cognitivo, percepisca meno le variazioni di temperatura e abbia quindi una maggiore difficoltà a mettere in atto le tradizionali contromisure per proteggersi dall’afa. Ciò può aumentare il rischio di squilibri metabolici che, seppure lievi, in persone anziane con situazioni già compromesse potrebbero avere conseguenze assai negative. «Per evitare ciò, è fondamentale che chi si prende cura del paziente (caregiver) controlli quotidianamente che beva a sufficienza, soggiorni in un luogo climatizzato, indossi abiti leggeri e non esca nelle ore più calde della giornata, cioè tra le 11 e le 16», sottolinea Agosta.
➜ Parkinson
Anche chi è affetto dalla malattia di Parkinson con il caldo può dover affrontare qualche grattacapo in più. Tra i sintomi che fanno parte di questa condizione, si annovera, infatti, anche l’alterata termoregolazione, che può facilitare il verificarsi di un colpo di calore,
ovvero un aumento della temperatura corporea oltre i 40 gradi associato a un’alterazione della coscienza (convulsioni, delirio, coma). A favorire tale problema possono, inoltre, contribuire anche alcuni farmaci anti-parkinsoniani, come trifenidile, tropatepina, biperidene. I suggerimenti da attuare per la prevenzione sono i consueti: soprattutto bere molta acqua e monitorare il clima in casa con l’ausilio di un termometro che indichi temperatura e umidità.
MALATTIE PSICHIATRICHE
Il caldo dà alla testa, e non è solo un modo di dire. Alte temperature e umidità possono, infatti, scatenare squilibri in chi soffre di patologie mentali, come conferma l’aumentato numero di ricoveri nei reparti di psichiatria che si verifica ogni estate. Ad andare incontro a una esacerbazione sono soprattutto il disturbo bipolare e la schizofrenia. «Nel primo caso, si possono verificare dei picchi di umore euforico ed eccitato (mania), che conducono, ad esempio, ad acquisti impulsivi e a comportamenti superattivi, incontrollabili, disinibiti», spiega Cristina Colombo, responsabile del Centro disturbi dell’umore dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano. «Nel secondo caso, si possono invece accentuare o ripresentare i deliri e le allucinazioni visive e uditive». Il peggioramento di questi malati può accadere per varie ragioni. «La prima ipotesi, la più semplice, è che molti pazienti, proprio a causa del caldo, dormano poco e male e ciò lì renda più nervosi e irritabili, favorendo una riacutizzazione della patologia», prosegue l’esperta. «E poi c’è il fattore luce. L’aumentata luminosità che caratterizza l’estate incrementa la produzione di alcuni ormoni, come la serotonina, che potrebbero contribuire ad accentuare alcuni tratti del disturbo bipolare, ma anche della schizofrenia». Tutt’altro discorso vale per la depressione, che invece, proprio a causa della maggior quantità di luce e della conseguente produzione degli ormoni del benessere, come la serotonina, migliora durante i mesi estivi.
MALATTIE RESPIRATORIE
Il caldo e l’umidità fanno sentire i loro effetti negativi anche in chi soffre di patologie respiratorie, in particolare asma e broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco), una
malattia, quest’ultima, che ostruisce progressivamente le vie aeree rendendo difficile la respirazione. In presenza di un clima caldo-umido, è infatti più probabile che i pazienti avvertano il respiro difficoltoso, accusino episodi di «fame d’aria» (dispnea) e producano una maggiore quantità di catarro. Ad avere qualche ulteriore fastidio è soprattutto chi è costretto a trascorrere l’estate in città, dove gli inquinanti abitualmente presenti in alte concentrazioni nell’aria, per le elevate temperature e il forte irraggiamento solare, producono sostanze acide e ozono, che possono irritare ancora di più l’apparato respiratorio. Consigli? Evitare di uscire nelle ore più calde della giornata e, in casa e negli uffici, usare nel modo corretto l’aria condizionata, attivando cioè la funzione di deumidificazione e impostando una temperatura di circa 25 gradi, che in ogni caso non deve mai essere inferiore di oltre cinque gradi rispetto all’ambiente esterno.
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