La brucellosi, o febbre maltese (perché fu scoperta a Malta alla fine del 1800), è una tipica zoonosi, cioè un’infezione degli animali che può essere trasmessa anche all’uomo, soprattutto attraverso il latte infetto e i suoi derivati, come panna, ricotta, mozzarella e formaggi freschi. In Italia colpisce due persone ogni 100mila abitanti.
• Cause e contagio. Gli animali che possono veicolare la brucellosi sono soprattutto i bovini, i suini, le pecore e le capre. «La malattia è causata da batteri della famiglia delle brucelle (brucella abortus bovis, brucella abortus suis, brucella melitensis), che nell’uomo attaccano il fegato e la milza», spiega Fabrizio Pregliasco, ricercatore del dipartimento di sanità pubblica, microbiologia, virologia dell’Università degli Studi di Milano.
Sono due le vie di trasmissione: attraverso alimenti contaminati o tramite piccole ferite sulla pelle che vengono a contatto con il sangue o gli escrementi degli animali infetti (è questo il caso di chi lavora a stretto contatto con gli animali).
«La via alimentare è naturalmente quella più comune, perché il batterio della brucellosi resta nel latte degli animali contagiati, se non viene pastorizzato, e nei prodotti freschi che ne derivano», spiega Pregliasco.
• Sintomi. Dopo un periodo di latenza, che può arrivare a quattro-sei settimane, la malattia si manifesta talora in forma acuta, con brividi, febbre che va e viene e può raggiungere i 41 gradi, mal di testa, dolori articolari e muscolari, gonfiori, ispessimento dei linfonodi e, nei maschi, dei testicoli (con rischio, nei casi più gravi, di sterilità).
Altre volte si presenta in forma meno eclatante, ma forse più insidiosa, con vago malessere, debolezza, inappetenza, febbricola nelle ore pomeridiane e notturne.
• Diagnosi e terapia. La malattia può essere diagnosticata in modo preciso solo andando a cercare nel sangue gli anticorpi sviluppati dall’organismo contro i batteri della famiglia brucella. «La terapia prevede l’uso di antibiotici, come la doxiciclina (200 milligrammi al giorno) e la rifampicina (600-900 mg al giorno), per sei settimane. A volte alla doxiciclina viene associata anche la streptomicina. Ma naturalmente ogni valutazione spetta al medico, caso per caso», dice Pregliasco.
Ultimo aggiornamento: 4 dicembre 2009
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