La gestione delle malattie rare è ancora ricca di problematiche. Molti passi avanti sono stati fatti negli ultimi 10 anni ma i punti da risolvere sono molti e il difficile periodo economico non aiuta. Non è però un motivo sufficiente, questo, per accettare che vi siano in Italia tante disparità: lo dicono i pazienti e le loro associazioni, lo sostengono anche gli specialisti e molti dei deputati che da tempo si battono per un sistema di governance migliore. Questi argomenti sono stati trattati di recente in un convegno organizzato al Senato per presentare il volume Malattie Rare: alla ricerca dell’approdo, un lavoro svolto in vista della ormai prossima definizione del Piano Nazionale Malattie Rare che l’Italia dovrà presentare entro il 2013 alla commissione europea.
Le disparità sono forse uno dei più grandi ostacoli per una buona gestione del sistema e si riscontrano su tanti temi diversi. Il primo è quello degli screening neonatali, cioè quell’esame che si fa in maniera non invasiva sui neonati per individuare una serie di malattie rare che possono creare gravi danni se non trattate subito. Alcune regioni, come la Toscana, li fanno per un numero molto alto di patologie, circa una quarantina, altre Regioni ancora hanno difficoltà a fare i 4 esami obbligati dalla legge. Questo genera disparità incredibili: come si fa a dire a una madre che suo figlio è gravemente disabile o, peggio, è morto, perché è nato nella regione sbagliata? E’ un argomento molto delicato, troppo per lasciare la scelta alle singole regioni.
Poi c’è il tema dell’accesso alle terapie. In alcune regioni i farmaci di fascia C – che non sono i farmaci orfani costosi, ma spesso medicinali di uso comune, che i pazienti devono usare in maniera continuativa – sono dati ai malati rari gratuitamente, purché ne sia certificata la necessità: in altre non è possibile. E questo significa per alcune famiglie una spesa costante e ù considerevole che va a gravare in una situazione già difficile.
C’è infine quella che viene percepita come una discriminazione di fondo tra pazienti affetti da diverse malattie. A livello nazionale c’è, infatti, un elenco – fatto nel 2001 – di malattie che ovunque devono essere considerate esenti: ma sono poche rispetto al totale e questo elenco doveva essere aggiornato già molti anni fa. Alcune Regioni hanno avuto la volontà di superare l’elenco nazionale inserendo alcune patologie in ulteriori elenchi regionali, ma ognuna si è mossa per conto suo. Il risultato è che chi risiede fuori da queste regioni virtuose si sente doppiamente discriminato: tanto dalla legge nazionale che dalla minore attenzione della sua Regione. Per questo in molti invocano ormai, nonostante le prerogative costituzionali delle regioni in materia sanitaria, almeno una cabina di regia nazionale forte che aiuti a uniformare la situazione, sarebbe di certo un primo importante passo avanti.