Paola Buja, 41 anni, lavora nell’ufficio marketing di un’azienda di Roma. Conviveva con forti dolori per una scoliosi che la bloccava sin dalla giovanissima età. Poi è stata sottoposta a un intervento di artrodesi e ha risolto il suo problema. Ecco la sua testimonianza per OK.
«Quando arrivo dall’ortopedico sbotto: “Dottore, non ce la faccio più. Convivo fin da piccola con la scoliosi. Ho trascorso ore e ore in piscina e palestra, per non parlare degli anni in cui sono stata ingabbiata in un busto. Al dolore non mi abituo perché non fa che peggiorare”.
Mario Di Silvestre di Bologna (puoi chiedergli un consulto), segretario della Società italiana di chirurgia vertebrale-Gruppo italiano scoliosi e international member della Scoliosis research society americana, mi riceve nel suo studio presso la divisione di ortopedia e traumatologia vertebrale dell’Istituto ortopedico Rizzoli di Bologna.
Camminare, una fatica. Il medico osserva le lastre e mi dice che il mio curriculum di paziente è tra i più classici: la colonna vertebrale che inizia a curvarsi con la pubertà, la ginnastica e il busto ortopedico nell’adolescenza, i risultati limitati.
Certo, questa schiena ribelle non mi ha impedito di costruirmi una vita piena, di laurearmi in scienze della comunicazione, di affermarmi nel lavoro e farmi una famiglia. Ma dai 35 anni sono iniziati i dolori alla schiena e alle gambe, prima saltuari, poi sempre più frequenti, tanto che anche camminare è una fatica.
La mia maledizione è una scoliosi lombare, una deformazione della parte bassa della colonna, quella più mobile. Con il tempo, la curva anomala si è accentuata. A forza di caricare il peso tutto da una parte, i dischi che fanno da cuscinetto tra le vertebre si sono logorati e si sono formati piccoli becchi ossei.
La soluzione: l’intervento di artrodesi. Il medico mi spiega che si tratta di una degenerazione progressiva, e che l’unica soluzione è un intervento di artrodesi.
Il principio sembra semplice: è come legare un paletto a una piantina storta. Ma è una faccenda delicatissima, dato che la colonna è insieme albero che sostiene e anche involucro di un contenuto preziosissimo: il midollo spinale e i fasci nervosi che si irradiano per tutto l’organismo.
Due barre in titanio per raddrizzarmi. A dicembre del 2007 sono in sala operatoria. Il paletto per raddrizzare la mia schiena è formato da due barre in titanio, che vengono ancorate alla colonna con delle viti speciali.
Questa tecnica relativamente recente permette di attuare subito una correzione efficace accompagnata da un’immediata stabilizzazione. Anche se la curva scoliotica è in basso, i medici intervengono su quasi tutta la lunghezza della colonna, dalla terza vertebra toracica fino alla parte più bassa della colonna lombare.
È un po’ come con la catena della bici, non si possono bloccare solo alcuni anelli e lasciar libero il resto.
In sala operatoria per sette ore. Dopo sette ore di intervento e nove sacche di sangue trasfuso, finisco in rianimazione per un paio di notti e poi in reparto. Sopporto tutto con una tenacia di cui ancora mi stupisco, l’intera famiglia vicina al mio letto ad incoraggiarmi.
I primi giorni davvero terribili, con il dolore che ti pervade il corpo e ti arriva al cervello, placato solo dagli antidolorifici a base di morfina.
“Cinque o sei giorni a pancia in su, poi la facciamo camminare”, mi incoraggia il dottore ,Di Silvestre. E così accade. Mi alzo, cammino tranquilla, un passetto alla volta, e ogni giorno alzata qualche minuto in più, con il dolore, dapprima insopportabile, che si attenua sempre di giorno in giorno.
La convalescenza a letto dura circa due mesi: al braccio di mio padre reimparo a camminare nel nuovo assetto della colonna vertebrale. È un po’ come essere tornata bambina e ricominciare con i primi passi… Poi due mesi di riabilitazione in acqua e finalmente torno alla mia vita.
L’angolo della curva ridotto del 50%. Le radiografie mostrano che l’angolo della curva si è ridotto di oltre il 50% ed è sparita l’asimmetria delle ossa del bacino, dovuta alla scoliosi. Sono solo un po’ più rigida nei movimenti di flessione ed estensione, ma non provo più i dolori che mi affliggevano prima dell’intervento.
Non potrò forse fare la ballerina classica, ma sono felice. C’è molto altro da fare.
Paola Buja – OK La salute prima di tutto
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