Risonanza magnetica e autismo. Una ricerca svolta da una prestigiosa università americana mette in luce come questa metodo diagnostico sarebbe in grado di individuare molto precocemente se un bambino sia destinato a sviluppare un disturbo dello spettro autistico. Il tema è centrale perché sappiamo che uno dei problemi di questo disturbo è proprio il ritardo nella diagnosi. Una risonanza magnetica alla testa, eseguita già a sei mesi di vita, è in grado di predire se in futuro un bambino soffrirà di autismo. I piccoli destinati ad ammalarsi, infatti, presentano fin da subito differenze nelle connessioni tra le diverse aree cerebrali, rispetto ai bimbi che non avranno questo disturbo.
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Risonanza magnetica e autismo: lo studio
A rivelarlo sono i ricercatori dell’Università del North Carolina, negli Stati Uniti. Gli esperti hanno condotto uno studio preliminare pubblicato sulla rivista scientifica Science Translational Medicine. Nella ricerca sono stati coinvolti 59 bambini che avevano un alto rischio di malattia a causa di un fratello maggiore con autismo. Tutti sono stati sottoposti a risonanza magnetica già nei primi mesi di vita.
I risultati della ricerca
Dalle analisi i ricercatori americani sono stati in grado di predire, con elevata accuratezza, quali di questi bimbi avrebbero sofferto di autismo negli anni a venire. E infatti, gli undici bambini ai quali era stato pre-diagnosticato il disturbo, successivamente si sono effettivamente ammalati.
Risonanza magnetica e autismo: perché funziona?
A sei mesi di vita questi undici bimbi presentavano già molteplici differenze nelle connessioni nervose tra 230 aree neurali studiate con la risonanza magnetica. In particolare le differenze sono tra zone con una spiccata funzione implicata nella malattia. Si tratta di linguaggio, socialità, sviluppo motorio, comportamenti ripetitivi, ecc.