L’atassia di Friedreich è una malattia genetica rara e neurodegenerativa che colpisce, oltre al sistema nervoso centrale e periferico, il cuore e frequentemente altri sistemi come quello endocrino. L’età di insorgenza più frequente è la prima adolescenza, ma ci sono rari casi a esordio molto precoce (in età prescolare) e altri a esordio tardivo (oltre i vent’anni).
È una malattia ereditata come carattere autosomico recessivo, con eguale rischio per maschi e femmine, ma necessita che entrambe le copie del cromosoma 9 portino una mutazione nel gene FXN che codifica per la proteina fratassina, importante per la funzione dei mitocondri, le nostre centrali energetiche cellulari. La mutazione viene trasmessa ai figli da genitori portatori asintomatici.
Andrea Martinuzzi, direttore dell’Unità Complessa di Neuroriabilitazione per l’età evolutiva e per l’età giovane adulta del Polo Veneto dell’IRCCS Eugenio Medea-Associazione La Nostra famigliain Conegliano-Pieve di Soligo, spiega meglio di cosa si tratta.
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Quali sono i sintomi dell’atassia di Friedreich?
Incertezza nella marcia e nelle azioni che richiedono coordinazione sono i primi segni della malattia. Ancor prima delle manifestazioni neurologiche, i ragazzi presentano dismorfismi ossei come scoliosi e piede cavo. La malattia procede poi rendendo sempre più difficile muoversi, parlare, usare con precisione le mani.
La velocità di progressione varia, in relazione alla dimensione dell’espansione genica, con un tempo medio dall’esordio alla perdita del cammino di circa 15 anni. Parallelamente procede in modo più subdolo il coinvolgimento cardiaco, con una cardiomiopatia ipertrofica che riduce progressivamente la funzionalità del cuore e che è nella maggioranza dei casi la principale causa di morte per questi pazienti.
Altri segni spesso presenti sono diabete, difficoltà visiva e uditiva, disturbi della minzione.
Come si diagnostica?
Il sospetto diagnostico viene dalla clinica (segni di incoordinazione, perdita dei riflessi, età), la conferma viene dall’analisi genetica su Dna, solitamente estratto da sangue, che rivela le espansioni negli alleli del gene FXN. La frequenza della condizione di portatore nella popolazione europea è di circa 1/85, quindi un test preventivo a tappeto non è proponibile né utile. È tuttavia possibile confermare o meno la condizione di portatore nei genitori e fratelli di pazienti ed è possibile la diagnosi pre-natale.
Quali sono le terapie disponibili per l’atassia di Friedreich?
Arriva un nuovo farmaco: omaveloxone
Se fino a qualche anno fa non esisteva una terapia efficace per questa malattia, oggi nell’Unione Europea è stato approvato omaveloxolone, il primo trattamento per questa patologia genetica rara e neurodegenerativa. Biogen ha annunciato, infatti, che la Commissione europea ha autorizzato l’utilizzo di questo farmaco negli adulti e negli adolescenti di età pari o superiore ai 16 anni.
L’approvazione di omaveloxolone si basa sui dati ottenuti dallo studio controllato con placebo MOXIe parte 2. Al termine delle 48 settimane, i pazienti che avevano ricevuto omaveloxolone presentavano punteggi migliori sulla scala di valutazione dell’atassia di Friedreich modificata (modified Friedreich Ataxia Rating Scale, mFARS) rispetto al gruppo placebo.
In particolare, la capacità di deglutire (funzionalità bulbare), la coordinazione degli arti superiori, la coordinazione degli arti inferiori e la stabilità in posizione eretta erano favorevoli a omaveloxolone rispetto a placebo. «Le persone con atassia di Friedreich trattate con omaveloxolone hanno registrato miglioramenti rilevanti e clinicamente significativi nella quotidianità. Omaveloxolone ha il potenziale per inaugurare una nuova era nella gestione della malattia», commenta Sylvia Boesch, sperimentatore principale dello studio MOXIe.
Gestione dei sintomi
L’evoluzione della scoliosi può portare a dover correggere la curvatura con interventi programmati con cura considerando il rischio chirurgico. Nei pazienti con spasticità possono essere utilizzati i farmaci come la tossina botulinica. Vanno inseriti in relazione all’andamento clinico farmaci antiaritmici e cardioattivi in grado di compensare almeno in parte la disfunzione cardiaca o, in caso di diabete, gli antidiabetici.
Si procede, poi, con un intervento riabilitativo combinato (fisioterapia, terapia occupazionale, logopedia, individuazione di ausili), individualizzato e mirato a obiettivi funzionali rilevanti e realistici. A questa strategia di base, si stanno provando ad associare tecniche di neuromodulazione come la stimolazione elettrica transcranica.
L’aspettativa di vita media per questi pazienti è di circa 40 anni e la qualità della vita è fortemente condizionata dalla disabilità in ambito motorio. È importante contare su un team riabilitativo, esperto anche in supporto psicologico, che coinvolga, se necessario, la famiglia.