Al centro delle ricerche di molte università c’è il legame tra aspirina e cuore. Dopo anni in cui l’uso di questo farmaco sembrava essere la panacea per prevenzione delle malattie cardiovascolari, da un po’ di tempo stanno arrivando studi che mettono in dubbio in alcuni casi la sua utilità. Ricordiamo però che per alcuni pazienti resta una terapia molto importante da seguire, ma sempre sotto consiglio medico.
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Aspirina e cuore: perché può essere utile?
All’interno di vene e arterie possono formarsi delle placche che rendono difficile il passaggio del sangue, fino a impedirlo. Se accade all’interno di vasi sanguigni importanti possiamo andare incontro a problemi gravi, come l’infarto, quando si tratta di arterie che portano il sangue al cuore o di ictus, quando portano il sangue al cervello.
L’azione antiaggregante dell’aspirina
Oltre alle ben note proprietà contro febbre, infiammazione e dolore, l’aspirina blocca l’azione delle piastrine, le cellule del sangue che unendosi tra loro formano il coagulo. Si tratta di un processo fisiologico importante, perché ad esempio riesce a fermare il sanguinamento quando ci tagliamo. All’interno dei vasi sanguigni però si possono formare coaguli che non solo non servono, ma sono pericolosi e che si chiamano trombi. Sono la causa delle trombosi. L’aspirina, quindi, può essere utile nella prevenzione della formazione di trombi.
Aspirina e cuore: utile in chi abbia già avuto un evento cardiovascolare
Da anni l’uso di questo farmaco a basso dosaggio viene utilizzato soprattutto nella prevenzione secondaria con benefici evidenti. Molti i dubbi che sia utile nella prevenzione primaria.
Prevenzione primaria, secondaria e terziaria
- Si parla di prevenzione secondaria quando gli interventi di prevenzione avvengono quando compaiono i primi sintomi.
- La prevenzione è primaria quando cerca di abbassare il rischio in una persona sana di sviluppare una malattia.
- Diventa terziaria quando la patologia è conclamata.
Aspirina e cuore: l’uso nella prevenzione secondaria è raccomandato
Nella prevenzione secondaria l’uso dell’aspirina riduce di un quinto il rischio di gravi malattie cardiovascolari. Il ruolo di questo farmaco nella terapia antiaggregante piastrinica è ormai un dato assodato. Molto più critica la situazione nella prevenzione primaria. I benefici per prevenire il primo evento cardiovascolare sono bassi, mentre aumenta il rischio di emorragie.
Aspirina e cuore: troppi rischi in chi non ha mai avuto un evento cardiovascolare
Nel tempo sono arrivati tre studi che sostengono che il rapporto benefici-rischi nella prevenzione primaria ci indicano che sia meglio evitare. Comunque i benefici sono più alti solo nelle persone che hanno un rischio familiare alto e se cominciano la terapia da giovani.
Assumere aspirina anche se a basso dosaggio ogni giorno, espone a effetti indesiderati. Ci sono più probabilità di avere emorragie a livello dello stomaco, dell’intestino e del cervello. Il rischio diventa alto in chi abbia più di 60 anni. Uno studio recente sostiene anche che aumenti il rischio di anemia. Occorre quindi valutare sempre i livelli di ferro e ferritina nel sangue.
Quali sono le indicazioni attuali?
Le indicazioni sono che le persone tra i 40 e i 59 anni che abbiano un rischio cardiovascolare a 10 anni almeno del 10% può iniziare la terapia a base di aspirina a basso dosaggio solo se raccomandato dal medico cardiologo. Dai 60 anni in su il consiglio è quello di non iniziare la terapia perché i rischi emorragici sono maggiori dei benefici cardiaci.
Aspirina e cuore: attenzione se abbiamo degli stent
Un recente studio sconsiglia l’uso dell’aspirina a basso dosaggio anche ai pazienti ad alto rischio cardiovascolare che abbiano degli stent. Non solo sarebbe poco efficace, ma in molti casi addirittura pericoloso. Si possono leggere i risultati sulla rivista scientifica Circulation.
I ricercatori hanno analizzato i dati di più di 7.500 pazienti con una sindrome coronaria acuta, una patologia che raggruppa diversi eventi cardiovascolari.
I medici hanno deciso di sottoporli all’intervento coronarico percutaneo, in cui inseriscono un piccolo palloncino nel corpo per aprire l’arteria ostruita. Successivamente inseriscono un tubicino – lo stent appunto – all’interno dell’arteria coronarica. In genere dopo l’operazione si prescrive una terapia a base di aspirina a basso dosaggio per circa un anno. Lo studio ha dimostrato che siano sufficienti tre mesi.