Il problema è sempre più serio, perché a causa dell’invecchiamento della popolazione i malati di Alzheimer sono destinati a crescere. L’Italia infatti è tra i Paesi più longevi del mondo, con 13,4 milioni gli ultrasessantenni, pari al 22% della popolazione. L’Alzheimer’s Disease International ha stimato un nuovo caso ogni 3,2 secondi. I due terzi dei pazienti è costituito da pensionati; nel 2006 erano la metà.
Mancano terapie efficaci
Non ci sono ancora terapie efficaci e quindi la vera arma resta la prevenzione o interventi di rallentamento del deterioramento cognitivo appena la malattia comincia a manifestarsi. Di questi interventi se ne sono occupati in uno studio i ricercatori dell’Istituto di neuroscienze (In-Cnr) e dell’Istituto di fisiologia clinica (Ifc-Cnr) del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa.
Mens sana in corpore sano
I risultati, che sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Scientific Reports, hanno dimostrato un netto miglioramento negli anziani con diagnosi di danno cognitivo lieve che hanno seguito un programma di allenamento fisico e mentale.
«Quando impegniamo il cervello in attività cognitivamente complesse e in un contesto sociale e giocoso, i circuiti neurali vengono stimolati e rimodellati mediante la produzione di fattori neurotrofici che favoriscono la plasticità cerebrale – spiega Lamberto Maffei, vice presidente dell’Accademia dei Lincei, e coordinatore della ricerca – anche nella terza età non è mai troppo tardi: i neuroni rispondono agli stimoli con effetti sorprendenti per il benessere cerebrale, consentendo di attuare una vera strategia anti-invecchiamento».
Volontari seguiti per sette mesi
I ricercatori hanno messo sotto osservazione per sette mesi un gruppo di volontari, selezionati appunto tra coloro che manifestavano i primi sintomi di Alzheimer. Per tre giorni alla settimana è stata allestita una struttura apposita nel quale le persone coinvolte potessero allenare il corpo facendo attività fisica, ma anche partecipare a esercizi di memorizzazione di volti e parole, giochi di attenzione ed esercizi di logica.
Risultati sorprendenti
«I soggetti, accompagnati dai loro familiari, hanno fin da subito mostrato di gradire molto la partecipazione alle attività proposte – spiega Maffei – e i risultati sono stati sorprendenti: gli stimoli ambientali hanno arrestato il decadimento cognitivo nei partecipanti, con effetti riscontrabili anche a livello dei parametri di funzionalità cerebrale valutati con le più moderne tecniche di imaging. Questi risultati possono avere importanti applicazioni in campo clinico per la malattia di Alzheimer e per altre forme di demenza senile: l’arricchimento ambientale costituisce una via molto promettente per stimolare la plasticità in maniera fisiologica e non invasiva, in una fascia di popolazione che spesso vive invece in condizioni inadeguate e povere di stimoli».
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