Attacchi di ansia e di panico, nevrosi, stati di forte agitazione. Sono soprattutto questi i problemi di natura psicologica che hanno spinto centinaia di migliaia di italiani a rivolgersi alle cure del Pronto Soccorso. A rivelarlo è l’ultimo Rapporto sulla salute mentale pubblicato dal ministero della Salute.
In molti casi potevano essere gestiti a livello territoriale
«Gli accessi al Pronto Soccorso per disturbi psichiatrici – spiega all’ANSA lo psichiatra Massimo Cozza, coordinatore del Dipartimento di Salute Mentale dell’ASL Roma 2, il più grande d’Italia con circa 1,3 milioni di abitanti – nel 2016 sono stati 575.416, pari al 2,8% del numero totale di accessi, in leggero calo rispetto al 2015 quando se ne totalizzarono 585.087. Va però segnalato che ben 274.363 sono gli accessi nel 2016 per sindromi nevrotiche e somatoformi (47,7%), che avrebbero potuto essere gestite a livello territoriale».
I disturbi somatoformi sono dei disturbi psichici caratterizzati dalla presenza di sintomi fisici che inducono a pensare a malattie di natura somatica.
Pochissimi i ricoveri
Ecco il punto vero è proprio questo. Sulle quasi 600.000 persone arrivate in Pronto Soccorso, solo in una ridotta percentuale di casi si è reso necessario il ricovero ospedaliero. Le persone con questi disturbi psichici nella maggior parte dei casi si dovrebbero rivolgere alla rete territoriale dei medici di medicina generale e delle Case della Salute. Nei casi più gravi invece dovrebbero essere indirizzate ai centri di salute mentale.
Solo il 13,2% degli accessi al Pronto soccorso per problemi psicologici è stato ricoverato. C’è quindi una forte necessità di investire sul territorio e in particolare nei Dipartimenti di salute mentale.
Più di 800.000 le persone in cure nei DSM
Le persone assistite invece dai Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) sono state 807.035, in leggero aumento rispetto al 2015, quando erano 777.035. Quanto al personale per assistenza psichiatrica, nel 2016 è di 31.586 operatori, rispetto al dato 2015 di 29.260 operatori (+ 2.326).
Mancano operatori
«È senz’altro un trend positivo, anche se ancora sussiste un’importante carenza. Infatti – rileva Cozza – secondo il Progetto Obiettivo Tutela della Salute Mentale 1998-2000, lo standard dovrebbe essere di almeno un operatore ogni 1500 abitanti. Essendo pari a 60.656.000 la popolazione italiana al 2016, dovrebbero esserci 40.437 unità. Ne mancano 8.851, un numero – conclude – ancora troppo alto».
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