C’è chi si tiene tutto per sé, vergognandosi o ritenendo “normale” la propria condizione, e non chiede aiuto né alle forze dell’ordine né a familiari e amici. Nel nostro Paese le donne che subiscono violenza e denunciano l’accaduto sono pochissime, appena l’11%. È quanto emerge da un’indagine condotta da WeWorld, l’organizzazione no profit che da oltre 10 anni lavora in Italia per contrastare il fenomeno della violenza maschile contro le donne, in collaborazione con Lines. Grazie alla ricerca, che ha coinvolto psicologi ed educatori dei centri WeWorld presenti sul territorio nazionale, sono state anche individuate le fragilità più diffuse tra le donne vittime di maltrattamenti. Fragilità che, talvolta, contribuiscono a far sentire queste donne sempre più ingabbiate in situazioni di sopruso o fanno sì che non riescano a coglierne la pericolosità. Queste sono:
- Rassegnazione. Molte donne si rassegnano perché credono che la situazione sia troppo difficile da cambiare.
- Mancanza di aspirazioni. Alcune non si pongono obiettivi e si accontentano della situazione in cui vivono.
- Costrizioni all’interno di un ruolo culturalmente imposto. In questo contesto familiare o di coppia vige una netta separazione dei ruoli. Quello della donna è subalterno e in alcuni casi dedicato esclusivamente alla cura della casa e dei figli e ritenuta non all’altezza di ricoprire altre responsabilità.
- Dipendenza assoluta. La persona è considerata non adeguata e si autolimita rispetto alla possibilità di provare, sbagliare e rendersi autonoma.
In questo articolo
Violenza sulle donne: 10 campanelli d’allarme per riconoscere situazioni di pericolo
Come dicevamo, però, molte donne faticano a riconoscere le situazioni di pericolo. Uno degli obiettivi dell’indagine di WeWorld e Lines, infatti, è quello di individuare i segnali predittivi e indicativi di potenziali forme di violenza, facendoli conoscere alle donne stesse. Si tratta di 10 campanelli d’allarme, verso i quali tutte dovrebbero essere sensibili per capire se si è vittima di maltrattamento, anche psicologico. La violenza psicologica è la forma di sopruso più difficile da identificare: alcuni gesti di prevaricazione e controllo vengono spesso confusi con atteggiamenti di attenzione e di cura da parte del partner. I campanelli d’allarme sono:
- Quando si rivolge a me è spesso aggressivo e utilizza un tono di voce molto alto.
- Quando siamo con gli altri, mi contraddice in continuazione e sminuisce quello che dico.
- Di fronte a impegni concordati, li nega e dice che sono io che ho capito male.
- Quando esco con le mie amiche, mi dice che non sono una buona madre e/o una buona compagna.
- Vuole accompagnarmi sempre e dappertutto, non mi permette di uscire da sola.
- Quando non sono con lui, devo tenere il cellulare sempre a portata di mano per rispondere subito a messaggi e chiamate da parte sua.
- Vuole conoscere tutte le mie password di accesso (pc, social media, cellulare).
- Qualsiasi tipo di abbigliamento che indosso viene giudicato inadeguato, perché il mio partner ritiene che attiri l’attenzione.
- Non vuole che esca con le mie amiche perché le giudica stupide e ha paura che possano avere una cattiva influenza su di me.
- Quando gli dico che mi interessa un lavoro, mi dice che io non sono capace e che non mi serve perché tanto provvede lui a me.
In Italia ci sono 8 Spazi Donna
«Anche grazie al lavoro di realtà come la nostra il problema della violenza sulle donne e la dimensione del suo sommerso è molto più conosciuta. Ma il lavoro da fare credo sia ancora enorme», interviene Marco Chiesara, Presidente di WeWorld. «Prima di tutto nel riconoscere che la violenza non è solo quella fisica ma ci sono forme molto più sottili e altrettanto gravi. Quello che ancora manca è cambiare il modo in cui si considera la violenza: il problema della violenza contro le donne non è un’emergenza estemporanea, ma una questione strutturale, duratura, continuativa».
E l’impegno di WeWorld per contrastare i maltrattamenti sul genere femminile si traduce anche nelle iniziative territoriali, come l’apertura di Spazi Donna. Si tratta di centri – l’ultimo è stato appena inaugurato a Pescara e a oggi se ne contano 8 in tutta Italia – che, oltre a sostenere le donne a rischio di violenza, offrono percorsi di supporto psicologico e per l’empowerment femminile.