Qual è il lavoro più stressante secondo gli americani? In assoluto è quello del militare, seguito dal vigile del fuoco e dal pilota di linea. Subito giù dal podio troviamo il poliziotto, l’organizzatore di eventi e il PR. Chiudono la top ten i dirigenti aziendali, i conduttori, i giornalisti e i tassisti.
A stilare la classifica è il sito CareerCast, la piattaforma statunitense per la ricerca del lavoro, dopo aver analizzato un ventaglio di 200 lavori differenti. Il team ha tenuto conto di undici fattori discriminanti: numero di viaggi, scadenze, competitività, sforzi fisici, esposizione pubblica, condizioni ambientali, pericoli incontrati, vita personale (o degli altri) in pericolo, interfaccia coi clienti, interfaccia con colleghi e superiori e potenziale crescita lavorativa.
«La classifica è basata su una valutazione teorica a priori dei fattori di rischio» spiega Nicola Magnavita, dirigente medico di medicina del lavoro presso il Policlinico Gemelli e docente di medicina del lavoro all’Università Cattolica di Roma. «È una classifica ragionevole perché ai primi posti troviamo professioni obiettivamente molto snervanti per poi scendere con lavori sempre meno stressanti o almeno percepiti come tali dalle persone comuni. Attenzione: molto spesso i lavoratori tirati in causa in questa graduatoria (ad esempio i poliziotti), che sono esposti costantemente a fattori di stress innegabili, sono meno spossati rispetto ad altre persone che svolgono mestieri più blandi. Questo perché sono uomini educati e allenati ad affrontare questo rischio e stanno riuscendo egregiamente in questo compito».
L’argomento è delicato e va approfondito con cura: per questo motivo il professor Magnavita spiega quali sono i segnali, le cause e le conseguenze del cosiddetto lavoro “da stress”.
Cos’è lo stress?
Innanzitutto dobbiamo fare chiarezza sulla parola “stress”, troppo spesso usata impropriamente. In termini scientifici si possono distinguere due tipologie. La prima è il distress (o strain), cioè uno stato avverso e negativo che provoca malesseri di diverso tipo all’individuo come conflitti interiori, ansia, disturbi di qualsiasi genere; la perdita di una persona cara, un licenziamento o una malattia, provocano nella persona il distress. La seconda tipologia è l’eustress, cioè una forma di energia positiva e benefica che l’uomo utilizza per affrontare le sfide della vita; praticare uno sport che ci fa bene o lavorare a un progetto che ci fa sentire realizzati muovono l’eustress, che ci fa sentire vivi e felici.
Che differenza c’è tra lo stress “da lavoro” e lo stress “correlato al lavoro”?
Lo stress si può definire “da lavoro” quando possiamo dimostrare che è stato esclusivamente e direttamente un fattore lavorativo a determinare il malessere dell’individuo. Altre volte invece il problema deriva in parte dal lavoro e in parte dalle condizioni dell’organismo, quindi si parla di stress “correlato al lavoro” (come, ad esempio, un mal di testa che può venire a casa o in ufficio). In medicina del lavoro ci preoccupiamo di considerarli entrambi ai fini di una corretta prevenzione.
Come si manifesta il distress – lo stress negativo – nel lavoratore?
I sintomi possono essere organizzativi (assenteismo, bassa qualità nella prestazione, ecc.), psicologici (ansia, nervosismo, cattivo umore, ecc.), fisici (ulcera, ipertensione, ecc.) e comportamentali (irrequietezza, irritabilità, ecc.).
Lo stress negativo più sfociare in patologie?
Sì, il malessere può sfociare in patologie vere e proprie. Lo stress eccessivo prolungato nel tempo determina problematiche più o meno gravi sul piano biologico, fisico, psicologico e sociale. Per fortuna viviamo di stress ma purtroppo moriamo anche di stress.
Quali sono le cause dello stress “da lavoro”?
I fattori di stress occupazionale possono essere classificati in sei categorie: fattori legati al ruolo nell’organizzazione, rapporti interpersonali, clima lavorativo, interfaccia con l’esterno, carriera e fattori intrinseci al lavoro.
La legge si è espressa in merito allo stress “da lavoro”?
Sì, con il D.Lgs 81/08 è stato introdotto l’obbligo di valutare lo stress da lavoro da parte del datore, rifacendosi all’accordo Europeo del 2004 sottoscritto per lo studio dei criteri di prevenzione di questo rischio. Il 31 dicembre 2010 è entrato in vigore l’obbligo di valutazione del rischio, con riferimento alla peculiare tematica del rischio da stress da lavoro e tale obbligo ha avuto decorrenza dall’1 gennaio 2011. Quando si fa la valutazione del rischio il datore di lavoro deve semplicemente elencare i fattori e le cause di stress potenziali. In Italia si fa seguendo un elenco di possibili fattori (si distinguono quelli di contenuto, di contesto e gli eventi sentinella). Se questi fattori faranno ammalare il lavoratore o no è un’altra questione. Un lavoratore può ammalarsi anche se il fattore di rischio non sembra tanto importante o viceversa non ammalarsi affatto in presenza di fattori di rischio preponderanti.
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