Con l’immaginazione si può fare tutto, anche mantenere in forze la muscolatura durante un infortunio che costringe all’immobilità parziale. Sì, perché più di pesi ed esercizio fisico, in alcune circostanze, conta il cervello: è il sistema nervoso a ricoprire un ruolo chiave nella modulazione di forza e debolezza muscolare. Sebbene il meccanismo con cui la corteccia cerebrale svolga questa funzione sia ancora poco noto, i suoi effetti possono essere ben evidenti in caso di infortunio. E’ quanto dimostrato da uno studio condotto presso l’Ohio Musculoskeletal and Neurological Insitute della Ohio University, pubblicato sul Journal of Neurophysiology e che ha testato la forza dell’allenamento immaginario in un gruppo di 29 persone con gesso al braccio, a seguito di un infortunio. La metà dei partecipanti è stata guidata dagli psicologi attraverso regolari sessioni di esercizi mentali, in cui era chiesto di visualizzare la contrazione dei fasci muscolari nell’arto, seppure immobilizzato. Dopo quattro settimane di palestra immaginaria, tolto il gesso, in tutti i volontari è stata osservata una perdita di tono muscolare nell’arto dovuta al periodo di immobilità, più lieve in chi ha eseguito gli esercizi di visualizzazione mentale (24 per cento di perdita di massa muscolare contro il 45 per cento in chi non è stato sottoposto al training). Merito del potere della mente che ci permette di scalare montagne. Come? Basta visualizzarsi in cima alla vetta, ci spiega Marisa Muzio, psicologa dello sport (chiedi qui un consulto).
La tecnica si chiama visualizzazione o imagery: come si applica?
Nello sport, consiste nel visualizzare il corretto gesto sportivo oppure visualizzare se stessi durante la sua esecuzione ottimale. E’ una delle tecniche maggiormente utilizzate nella psicologia dello sport, per la preparazione atletica in discipline individuali o di squadra. Integrare l’allenamento sul campo, con esercizi fisici, alla visualizzazione dei movimenti, con sedute insieme allo psicologo preparato, può servire nell’apprendimento del gesto tecnico, come ad esempio imparare a fare canestro con un tiro libero, e anche a correggere eventuali errori di tecnica. L’imagery è sempre preceduto da una fase di rilassamento.
Come agisce, invece, nella fase di riabilitazione dopo un infortunio?
Immaginare la parte infortunata come funzionante e visualizzarla mentre compie correttamente i movimenti, impedisce all’atleta di perdere gli schemi motori relativi ai gesti che, in condizioni di salute, mette in atto durante gli allenamenti o le competizioni sportive. Inoltre, è stato dimostrato che l’imagery anticipa il recupero funzionale dell’infortunato e un suo ritorno sul campo da gioco.
L’allenamento mentale non è solo per gli sportivi: come possono utilizzarlo le persone comuni?
In qualsiasi situazione, dalla corsa mattutina, all’escursione in bicicletta, al mondo del lavoro. Visualizzare il movimento corretto della corsa oppure immaginarsi mentre si sta correndo consente di ottimizzare l’allenamento fisico, disperdendo meno energia, con un guadagno in termini di performance atletica. E’ efficace anche per affrontare e superare momenti di crisi durante lo sforzo fisico.
Può servire anche in altre situazioni, oltre l’attività fisica?
E’ praticata da molti top manager, anche se in Italia è ancora una tecnica poco diffusa. La visualizzazione è utile per prepararsi a specifici impegni professionali come una negoziazione delicata, la presentazione di una convention o la preparazione di una riunione impegnativa.
Chi pratica attività fisica con la ‘testa altrove’, magari rimuginando lavoro o impegni famigliari, vede quindi pregiudicato l’allenamento?
La performance ne può risentire così come il benessere innescato dall’attività fisica. La chiave per trarre il massimo beneficio da un allenamento è cercare un confronto con se stessi e avere percezione del proprio corpo e dei propri movimenti. In qualsiasi attività, sia anche una breve corsa di primo mattino o una partita sportiva. In questo modo si entra in uno stato, che noi psicologi chiamiamo ‘flow’, in cui è possibile vivere al meglio ciò che stiamo facendo. Guadagnandoci, quindi, nel benessere percepito.