Si chiama “sindrome di Peter Pan”, dal nome del protagonista del famoso cartone animato Walt Disney, e descrive tutti quei soggetti incapaci di crescere e assumersi le responsabilità tipiche del mondo dei grandi. Il termine è stato introdotto per la prima volta negli anni Ottanta dallo psicologo Dan Kiley, per definire “una persona intrappolata in un limbo tra l’adulto che non vorrebbe diventare e il bambino che non può più essere”. Anche se oggi l’OMS non la riconosce ancora come disturbo psicologico, si tratta di una condizione molto comune nella società attuale, specie tra gli uomini.
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Caratteristiche dell’eterno bambino
Quali sono le caratteristiche di una persona con sindrome di Peter Pan? Non vuole maturare e vestire i panni dell’adulto perché lo ritiene un mondo ostile e troppo carico di responsabilità. Si rifugia in comportamenti e atteggiamenti egocentrici, tipici di un adolescente. Teme e rinvia gli impegni per non rinunciare alla libertà. È particolarmente attento alla cura del proprio aspetto fisico e, anche se all’apparenza non si direbbe, ha un’autostima bassa.
Non solo, l’eterno bambino non ama la solitudine. Tende infatti a circondarsi di persone, ma sfugge da relazioni affettive troppo impegnative. Spesso fatica ad adattarsi nell’ambito lavorativo, si carica di ansia durante il confronto con gli altri e non riesce a esprimere in modo adeguato le proprie emozioni.
Alle origini della sindrome di Peter Pan
Alle origini della “neotenia psichica”, termine scientifico della sindrome, può esserci il comportamento iperprotettivo dei genitori che impedisce al soggetto in questione di sviluppare le capacità necessarie per confrontarsi con la realtà. Al contrario, un atteggiamento permissivo o indifferente non lo aiuta a comprendere le conseguenze delle proprie azioni.
Inoltre, a fomentare il desiderio di eterna giovinezza possono essere le scarse, o poco stimolanti, opportunità lavorative e la continua dipendenza economica da mamma o papà che non permette di “tagliare il cordone ombelicale”. Anche eventi traumatici o di grande tensione emotiva possono spingere il paziente a non voler crescere per rimanere in uno stato di eterno privilegiato.
Come superarla
Non essendo una vera e propria malattia, non esiste un trattamento specifico per questa sindrome. Il più delle volte chi ne è affetto non se ne rende nemmeno conto. Accettare e imparare a gestire le difficoltà della vita come parte fondamentale del proprio percorso di crescita è il primo passo per affrontare la “peterpanità” e abbandonare i tratti infantili tipici della giovane età. Poi, iniziare a prendere piccoli impegni quotidiani e portarli a termine aiuta a sviluppare il senso di responsabilità e maturità.
Tuttavia, in casi più “gravi”, può essere necessario l’aiuto di uno specialista che supporti l’individuo nell’autoanalisi e identifichi gli atteggiamenti principali su cui lavorare. È importante che il Peter Pan venga messo di fronte alla vita reale, ammettendo la propria riluttanza nel crescere, per dare inizio a un percorso di transizione all’età adulta. Il professionista potrà così guidarlo verso nuove consapevolezze quali il problem solving, l’autostima, l’indipendenza e la capacità di riconoscere i propri errori.