Nel cinema, dagli inizi a oggi, il mondo del lavoro ha fatto più volte capolino. In particolare, le sue ricadute sulla vita privata hanno assunto un ruolo importante nelle vicende narrate. Una situazione oggi sempre più esasperata e ricorrente tanto che, a quanto riporta il Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, quasi la metà dei lavoratori italiani lascerebbe l’attuale occupazione. Per scoprire quali sono le situazioni di malessere più diffuse Serenis, piattaforma di psicoterapia online, ha selezionato 8 film che portano in scena il volto più viziato delle aziende odierne.
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The Wolf of Wall Street: iperproduttività e manipolazione mentale
Non vendere, ma sedurre il pubblico per creare nuovi bisogni. Questa è la filosofia spietata degli squali, anzi dei “lupi” di Wall Street. Nella pellicola del 2013, diretta e prodotta da Martin Scorsese, il protagonista – interpretato da Leonardo DiCaprio – è disposto anche a ingannare pur di arricchirsi. Così la manipolazione altrui diventa godimento e stordimento in una sequela di truffe e goliardie in una vita controllata da droghe, sesso e tanto denaro.
7 minuti: diritti del lavoro e delle donne
Cosa succede quando la crisi economica ricade sul dipendente? Ispirato a una storia vera accaduta in Francia nel 2012, il film di Michele Placido affronta il tema dell’erosione dei diritti sul lavoro. Per evitare il licenziamento, 11 donne di un’azienda tessile dovranno scarificare 7 minuti della loro pausa pranzo. Ma la rinuncia ha sempre un prezzo e, poco alla volta, la perdita diventerà gigante con ripercussioni sempre più enormi.
L’avvocato del diavolo: disconnessione
Un promettente giovane avvocato della Florida riceve un’offerta apparentemente irrinunciabile: lavorare per un esclusivo studio legale di Manhattan. Il sogno si trasforma quasi subito in incubo, mettendo il protagonista davanti a un dilemma: è disposto ad assumere anche le cause moralmente inaccettabili pur di aumentare il proprio prestigio? L’ambizione di arrivare alla vetta è una problematica che appartiene a molti lavoratori, alle prime armi e non, dal buon potenziale.
Lo stagista inaspettato: divario di età all’interno dello stesso ambiente di lavoro
Il film, anche se utilizza un registro da commedia, affronta alcune problematiche importanti legate all’inclusione nel mondo del lavoro. Esiste un’età di scadenza quando parliamo di produttività? E quale rapporto ci può essere tra generazioni diverse? Frame dopo frame, una riflessione sulla possibilità di un ambiente lavorativo dove ognuno, indipendentemente dal fattore anagrafico, può apportare il suo reale contributo.
Il Diavolo veste Prada: ambiente di lavoro tossico
Una giovane giornalista fa di tutto pur di entrare nelle grazie della sua narcisista direttrice e delle colleghe che le fanno mobbing. Cambia look e atteggiamento fino a essere risucchiata in una spirale sempre più stringente di compromessi e abusi lavorativi, ma anche di confronti spietati e malsani. Il posto è salvo, ma a costo di perdere i vecchi amici e l’amore. Fino al giorno in cui si ferma a pensare se il lavoro vale più della vita privata.
Smetto quando voglio: precariato
Il lungometraggio fa una panoramica su un grande problema italiano: quello della mancanza di finanziamenti per la ricerca e della mancanza di sbocchi professionali consoni a un livello di preparazione accademico elevato. Se rimanere in Italia significa essere un laureato disoccupato, la soluzione è quella di fuggire all’estero. Ma la disperazione e la voglia di restare possono invece portare a riscattarsi con un mercato geniale, ma fuori dalle regole.
1984: alienazione
Nelle distopie, il lavoro diventa spesso lo strumento principe della divisione sociale. Paura e protezione sono i sentimenti rappresentati in questo film del 1984 diretto da Michael Radford, nel quale il lavoro raggiunge la più alta vetta dell’alienazione umana, agendo al contempo da incentivo alla discriminazione e da riparo accogliente. Tira dritto, non alzare la testa, non farti domande, non pensare, sii produttivo per non correre il rischio di essere notato.
Full Monty: ricerca del lavoro e disoccupazione
Un film del 1997 che porta sul grande schermo il tema del precariato, i problemi economici e la disoccupazione. Alcuni operai a spasso, ispirati dal giovane padre Gaz, per guadagnare qualche sterlina si improvvisano spogliarellisti. Il lavoro, per un genitore, è accoglienza, sostegno e autoefficacia. Ma quando manca lascia spazio al fantasma del disonore colpevole e la vergogna di sé isola e allontana gli unici affetti che contano.
Il parere della psicologa
La rappresentazione di fenomeni complessi e dolorosi attraverso i film li rende più accessibili e affrontabili. L’immedesimazione diventa, infatti, un modo per concretizzare l’esistenza di problemi e farci sentire meno soli. Ricordandoci però che «Se sentiamo di vivere una difficoltà, è sempre bene rivolgersi a un professionista e chiedere aiuto», afferma Martina Migliore, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale ed esperta di Superhero Therapy.