Salute Mentale

Guardare il telefono del partner: sì o no?

La gelosia è un’emozione che spesso diventa “patologica”. Ecco i segnali per riconoscere quando è eccessiva e quando è il sintomo di una malattia più grave

Con lo smartphone chiacchieriamo, navighiamo, siamo in contatto con tante persone. Tutto bello ma un dispositivo sempre collegato alla Rete nasconde alcune insidie, specie per le coppie che vedono minata la loro privacy. Un messaggio ricevuto di sera e un apprezzamento a una foto, il cosiddetto like, bastano, infatti, a scatenare liti e incomprensioni tra ragazzini ma anche in partner di età più matura.

«Nessuna coppia può dirsi al sicuro dalla gelosia. Un’emozione sgradevole, talvolta utile ma che spesso diventa patologica», afferma Simona Elvira Solimando, psicoterapeuta. Ci sono però dei segnali ben precisi per riconoscere quando è eccessiva e quando è il sintomo di una malattia più grave.

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La gelosia è un sentimento universale

La gelosia è un’emozione che esiste dall’alba dei tempi. «Dosata quindi può essere un bene, ma dobbiamo fare in modo che resti entro certi limiti», dice Solimando. Ciò che fa scattare la gelosia, con i sentimenti negativi che essa trascina con sé (dalla rabbia al risentimento), è il timore di essere traditi e di poter perdere la persona amata. Si tratta di un attacco al proprio orgoglio, di una ferita nei propri sentimenti, nella propria parte più fragile e indifesa. Oggi questi timori sono amplificati da una sempre minore privacy tra gli individui, per colpa della tecnologia.

Guardare il telefono del partner: sì o no?

Di fatto, lo sappiamo tutti, lo smartphone è il vero scrigno dei segreti di una persona. Ma guardare il telefono del partner non può, e non deve, diventare un nostro diritto. «Molto dipende anche dal tipo di accordo che c’è tra i due individui», continua l’esperta.

«Se lo smartphone viene liberamente usato in condivisione, sicuramente non ci sarà alcun problema nel guardare il telefono del partner. Anzi, è qualcosa in più da vivere insieme. Ma se identifica uno spazio personale l’occhiatina rappresenta una violazione della privacy del partner, che sicuramente non fa bene alla coppia». Mai dimenticare, dunque, anche ai tempi del social e della iper connessione, che al di là del noi, bisogna preservare un io, uno spazio individuale in cui mantenere la propria personalità.

Servono fiducia nel partner e autostima

Per tenere a bada la gelosia, servono una buona dose di fiducia nel partner, cosa che dovrebbe essere alla base di ogni rapporto, e di autostima, altro aspetto fondamentale nella relazione. Prima di scattare in ire e domande aggressive, fermiamoci allora un attimo a riflettere se ciò che ci fa infuriare è un evento reale o, magari, solo una nostra interpretabile deduzione.

È importante valutare poi le proprie pretese. Essere l’interesse esclusivo di una persona non è possibile: significherebbe che il partner non ha una vita, non ha degli hobby, né degli spazi personali. Infine, step difficile ma necessario, bisogna liberarsi delle vecchie paure. Capita a tutti di essere stati lasciati o traditi: non è una maledizione né un destino inevitabile. Se è successo in passato non vuol dire che non avremo mai più una relazione felice.

Quando la gelosia diventa patologica

Ci sono però dei casi in cui la gelosia sembra sfuggire di mano e diventare una condizione patologica: si lega all’ansia e diventa un attacco alla serenità del rapporto. «Riconoscerlo spesso non è facile, ma uno dei segnali può essere quando la gelosia è in grado di modificare pensieri, sentimenti e comportamenti pur mancando prove oggettive che dimostrino l’infedeltà del partner».

Oppure, continua la specialista, «quando si basa su presupposti rigidi, per esempio: “nessun uomo deve parlare con mia moglie”. Qui si rientra in un campo molto ampio, dove il controllo da parte del partner limita la libertà dell’altra persona. Si può parlare quindi di dipendenza affettiva, che è uno schema di comportamento caratterizzato da un interesse eccessivo verso il proprio partner a scapito dei propri bisogni», continua Solimando.

Chi soffre di dipendenza affettiva

Aiutate anche dall’utilizzo di internet e dei social network, le persone con dipendenza affettiva trascorrono molto tempo (e fanno molti sforzi per mantenere la vicinanza) con la persona amata. «Ecco allora che continuano a guardare il profilo social del partner e arrivano a spiare le conversazioni digitali dell’amato, con una attenzione di tipo ossessivo».

Questi comportamenti si traducono in una mancanza di cura di sé che si manifesta in modi diversi, per esempio con l’abbandono di aspetti importanti della propria vita (interessi, hobby, amicizie) e del proprio benessere, allo scopo di rimanere il più possibile in contatto con l’oggetto d’amore. Ma si può arrivare anche a immaginare tradimenti non reali, limitare la libertà del partner o usare la violenza.

Troppa gelosia? Meglio rivolgersi a uno psicoterapeuta

«Il trattamento di chi soffre di dipendenza affettiva è un processo lungo di scoperta e rafforzamento del proprio sé. Richiede l’adozione di misure specifiche come riuscire a riconoscere la dipendenza, comprendendo a pieno le conseguenze dannose. Per superare queste problematiche, è necessario rielaborare i ricordi dolorosi legati a qualche forma di abbandono e trascuratezza sperimentata durante l’infanzia. In parallelo, infine, la terapia cerca di aiutare il soggetto dipendente a riconoscere e convalidare i propri desideri, utilizzandoli per compiere scelte autonome».

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Simona Cortopassi

Classe 1980, è una giornalista iscritta all’Ordine regionale della Lombardia. Toscana d’origine, vive a Milano e collabora per testate nazionali, cartacee e web, scrivendo in particolare di salute e alimentazione. Ha un blog dedicato al mondo del sonno (www.thegoodnighter.com) che ha il fine di portare consapevolezza sull’insonnia.
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