Una singola persona che dà una sferzata al disinteresse mondiale sulla gravità dei cambiamenti climatici e del degrado ambientale. È Greta Thunberg che, senza volerlo, ha richiamato l’attenzione anche sulla sindrome di Asperger. La sedicenne ambientalista svedese ha svelato di averla attraverso comportamenti che gran parte delle persone non hanno ben inquadrato, che considerano, erroneamente, una «disabilità». Mentre, nei fatti, è una «condizione» di cui spesso, pur parlandone, non sanno davvero nulla. Questa ignoranza ha scatenato nei confronti di Greta «confusioni, derisioni, cattiverie, malignità. Salvate il soldato Greta». Così ha scritto su Sette, il supplemento del Corriere della Sera, Susanna Tamaro, la scrittrice umbra che in tempi recenti ha dichiarato di essere soggetta alla stessa sindrome.
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Hans Asperger è stato il primo a descrivere questa sindrome
Va subito detto che il mistero di questa condizione comportamentale (altre definizioni sono «autismo mite» e «autismo ad alto funzionamento») non è stato ancora del tutto portato alla luce nemmeno dalla scienza psichiatrica o neurologica. Le regole diagnostiche sono state codificate solo nel 1994, dopo che la psichiatra inglese Lorna Wing, scomparsa nel 2014, aveva rimesso le mani e la testa negli studi – mai divulgati in ambito scientifico – effettuati dallo psicologo e pediatra austriaco Hans Asperger il quale, nella prima metà del ‘900, aveva preso in esame un gruppo di bambini accomunati da caratteristiche comportamentali mai descritte in precedenza. Per dovere di cronaca va aggiunto che Asperger è stato anche accusato di aver fatto esperimenti di dubbia moralità su ragazzini anche autistici durante il periodo nazista.
Rientra tra i disturbi dello spettro autistico
A essere precisi anche la definizione di sindrome di Asperger non è del tutto esatta, pur se viene ancora utilizzata non solo dalla cronaca ma anche dagli specialisti. O meglio, lo è stata fino al 2013, quando la sindrome stessa venne indirizzata in una categoria più ampia chiamata disturbo dello spettro autistico e il documento diagnostico di riferimento divenne The Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM). Dunque, se fino a qualche anno fa l’Asperger correva su un binario parallelo, da alcuni anni questo binario è confluito in quello dello spettro autistico. Anche se mantiene caratteristiche proprie.
Chi è un Asperger?
Chi è, sostanzialmente, un Asperger? «Una persona che ha comportamenti diversi da quelli che noi definiamo standard, che incidono sul rapporto relazionale e sociale, ma che non influiscono sul suo linguaggio e sulle sue capacità intellettive», chiarisce Patrizia Arfelli, docente di neuropsichiatria infantile all’Università di Aosta e professore a contratto all’Università di Torino, che nel suo studio segue da anni anche adolescenti, ormai diventati adulti, con questo disturbo dello spettro autistico. «Comportamenti spesso non codificati, che non si adattano a regole e convenzioni ma che seguono una loro strada “personalizzata”, perché naturalmente non tutti gli Asperger sono uguali, anzi. A prima vista potremmo definire l’Asperger un asociale, perché se ne sta spesso immerso nei propri misteriosi pensieri, perché si defila, non ama contatti fisici e smancerie. Perché magari ti fissa e ha bisogno di riflettere di più per poter dire la sua, perché la sincronia linguaggio-corpo non è immediata».
Gli Asperger pensano e agiscono fuori dagli schemi
L’esempio viene proprio da Greta Thunberg, che attende sempre qualche secondo prima di rispondere a qualsiasi domanda, e questa sua non immediatezza nella risposta sembra – a chi non sa – il sintomo di un atteggiamento arrogante. L’Asperger non riesce a eliminare le cose che non gli piacciono, ma sa concentrarsi su quelle che gli interessano particolarmente, ottenendo risultati eccellenti, spesso geniali.
In questo caso gli esempi si sprecano: Steve Jobs, cofondatore di Apple, Alan Turing, senza il quale l’informatica non sarebbe mai nata, Satoshi Tajiri, creatore dei videogiochi Pokemon, Graham Bell, che brevettò il telefono, e andando più indietro nel tempo Newton, Darwin e Mozart (diagnosticati a posteriori, dai loro modi di vivere e dai loro comportamenti) sono stati tutti portatori sani, sanissimi, di sindrome di Asperger. E geni, appunto. Una genialità, unita spesso alla creatività, di cui non conosciamo le radici, ma che, sostengono molti psicologi, potrebbe derivare proprio dal pensare e agire al di fuori degli schemi, fino ad arrivare a trovare soluzioni che una mente sottomessa alle regole non avrebbe mai trovato.
Prediligono le materie scientifiche e tecniche
Statistiche alla mano, i ragazzi hanno una predilezione per le materie scientifiche, tecniche, che vanno dall’astronomia alla matematica, dalla fisica all’informatica, e sviluppano anche una certa manualità; le ragazze sono più attratte dalle attività artistiche: la scrittura, la recitazione, la musica. Inoltre hanno un incredibile rapporto con gli animali, sanno immediatamente interpretarne le sensibilità. Un esempio ne è la zoologa e docente universitaria Asperger Temple Grandin, nata a Boston nel 1947, che ha inventato numerose apparecchiature per la cura degli animali e una particolare «macchina per gli abbracci», citata in film, libri e serial televisivi.
Altro esempio è Beata Thunberg, la tredicenne sorella di Greta, anche lei con sintomatologie che portano all’Asperger, che è un’eccellente cantante. A scuola, dove è stata anche oggetto di bullismo, ha qualche difficoltà a relazionarsi con i compagni, ma non ha alcun problema a esibirsi sul palco del più grande show della tv svedese davanti a un pubblico di sconosciuti. Quelli che Tony Attwood definirebbe «gli assedianti».
La miglior “cura”? Essere compresi dagli altri
Attwood è uno psicologo inglese ed è considerato il massimo esperto di Asperger. Lavora in Australia, in un centro specializzato fondato nel 1992 e da allora si è dedicato allo studio e alla diagnosi di questa sindrome. Non alla cura, perché la cura non c’è. Non ci sono terapie specifiche da seguire e men che meno farmaci da utilizzare. L’unica medicina buona e utile è la comprensione da parte di chi ha a che fare con un Asperger. Il quale, quando viene accettato per quello che è, senza interferenze, allenta le proprie tensioni, migliora il suo umore, accresce la propria autostima.
In che modo sviluppare la comprensione da parte delle persone cosiddette normali? Parlando loro della sindrome di Asperger con competenza e al tempo stesso con molta semplicità. «Molte volte», ripete Attwood nelle sue conferenze, «quando dici a un adulto come si comporta un giovane con questa sindrome, in cui si manifestano riservatezza, incertezza, irritazione, testardaggine, stati di apparente solitudine e sensibilità elevate, la prima reazione è: “Accidenti, ma questo ero io da ragazzo!”».
La sindrome si manifesta in maniera diversa
Insomma, gli Aspie, come vengono chiamati gli Asperger, non sono «difettosi», vivono una condizione propria. Ed è questa condizione che bisogna far accettare agli altri. A conti fatti, il loro vero nemico non è la sindrome stessa, ma le persone che stanno loro intorno e che sono incapaci di comprendere. Va però detto che arrivare a diagnosi precise non è facile. Anche perché ci sono variazioni comportamentali diverse da persona a persona e in base all’età e al sesso. I ragazzi, per esempio, sono più «facili» a una valutazione diagnostica perché sono essenziali, istintivi, naturali. Le ragazze, invece, tendono a minimizzare, sono abili a far finta di essere normali, recitano, indossano maschere, e per questo si stressano molto fino a manifestare stati d’ansia e di depressione che influiscono sull’età adolescenziale.
La diagnosi nell’adulto è ancora più difficile
La diagnosi sugli adulti è ancora più difficile. Perché ormai, pur sapendo di non essere come gli altri, sono stati capaci, a fatica e senza alcun aiuto, di adattarsi in qualche modo alla quotidianità, anche se sempre sotto pressione. «Quando gli adulti capiscono, su basi scientifiche, di avere la sindrome di Asperger, si rilassano», dice ancora Attwood. «Capiscono, finalmente, di non essere strani, svitati, matti, ma solo non uguali agli altri. Possono tornare finalmente a essere se stessi».
Anche se, poi, qualcuno finisce per deprimersi. Perché a quel punto si aspetta di trovare sostegno dai servizi sociali che non ci sono o non sono preparati. Da qui l’importanza dei gruppi di supporto, delle associazioni formate non dai medici o dagli psicologi, ma da coloro che hanno la stessa sindrome, che sanno subito comprendere e dare i giusti consigli su cosa è meglio fare o non fare. E, soprattutto, sanno come spiegare agli altri questa condizione e farsi accettare per quel che si è.