Possono scoppiare in lacrime guardando un film romantico, restare incantati a contemplare un tramonto, ma anche riflettere a lungo sui problemi, percepire il dolore degli altri come fosse il proprio, andare in tilt in un ambiente caotico. Sono gli ipersensibili. Secondo le più recenti ricerche sono il 20% circa della popolazione, ma, tale caratteristica si riscontrerebbe, a detta dei biologi, anche in oltre cento specie animali, dai moscerini ai cavalli, dai gatti ai pesci, dai canarini ai cani.
Sfatiamo i luoghi comuni
Se pensate che le persone molto sensibili siano vulnerabili, fragili e magari pure facili ai piagnistei siete fuori strada. «Gli ipersensibili non sono né deboli, né strani», mette subito in chiaro la psicologa e psicoterapeuta Nicoletta Travaini, autrice de Il dono delle persone sensibili e del Quaderno di decompressione per persone sensibili (entrambi editi da red!), inserita nella lista internazionale di esperti dell’alta sensibilità. «Si tratta di individui che sperimentano risposte acute fisiche, mentali, emotive agli stimoli, sia esterni che interni. Sono come spugne altamente permeabili, che assorbono tutto, emozioni, vissuti, situazioni, conflitti, convinzioni, giudizi».
Più sviluppata l’area emotiva del cervello
- Iperattivazione
L’origine di tutto, come confermano gli studi scientifici, sta in un peculiare funzionamento cerebrale. Se il cervello della maggior parte delle persone, in presenza di un eccesso di stimoli, effettua spontaneamente una selezione in base alle priorità, quello degli ipersensibili è invece come una sorta di radar, che processa tutte le sollecitazioni contemporaneamente. Per intenderci, ipotizziamo che una persona stia leggendo un libro in una stanza, mentre in quella a fianco ci sono alcune persone che stanno parlando e uno stereo acceso. Ebbene, un «normosensibile» riuscirà facilmente a focalizzarsi sulla lettura, tagliando fuori i suoni non pertinenti, mentre un ipersensibile dovrà rileggere più volte la stessa frase perché sta anche ascoltando il dialogo nella stanza accanto, così come la musica in sottofondo. Ciò provoca uno stato di iperattivazione (gli esperti lo chiamano over-arousal), che finisce con il creare un grande dispendio energetico, che sfocia in sfinimento, stress, cattivo umore.
- Ipoattivazione
Al contrario, quando le sollecitazioni sono scarse e poco interessanti, può subentrare una fase di ipoattivazione (under-arousal), con conseguenti insofferenza e noia. Inoltre, tale processamento delle informazioni non solo è a 360 gradi, maggiore dal punto di vista quantitativo, ma è anche più profondo dal punto di vista qualitativo, molto sfaccettato e complesso, tant’è che gli ipersensibili colgono al volo dettagli che sfuggono alla maggior parte delle persone (tipiche sono le frasi che vengono loro rivolte: «Ah, ma lo hai notato?», «Come te ne sei accorto?»). Peculiarità, queste ultime, che molto probabilmente hanno un’origine genetica e che si sono tramandate nei secoli sotto forma di vantaggio evolutivo, dato che, in un lontanissimo passato, quando ancora vivevamo nelle caverne dando la caccia ai bisonti, captare prima e meglio degli altri i segnali provenienti dall’ambiente circostante ha consentito di mettersi tempestivamente al riparo da aggressioni e pericoli che avrebbero potuto risultare fatali.
- Reazioni intense
Ma ci sono altri meccanismi cerebrali, evidenziati nel corso di varie ricerche condotte con la risonanza magnetica funzionale, un esame strumentale che permette di “vedere” quali zone del cervello si attivano in determinate situazioni, che meritano di essere sottolineati. Negli altamente sensibili l’amigdala, la piccola struttura ovoidale al centro del cervello che costituisce la “centralina delle emozioni”, registra un funzionamento più alto della media. Ecco perché le reazioni emotive, come tristezza, rabbia, paura, ma anche la gioia, sono particolarmente intense, generando uno spiacevole senso di sopraffazione.
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I neuroni specchio sono molto attivi
Inoltre, è stato dimostrato che gli ipersensibili utilizzano molto l’emisfero cerebrale destro, il cosiddetto cervello “poeta”, quello collegato alla creatività e alla fantasia. «Per questo tendono ad avere un pensiero di tipo divergente, che non segue i percorsi logici comuni», fa notare Travaini. «Il loro modo di pensare assomiglia cioè a un albero: come i numerosi rami si sviluppano a partire da un unico tronco, così da un singolo pensiero se ne origina un altro e da quest’ultimo altri ancora. Un modello onnicomprensivo, che considera una moltitudine di opzioni».
Infine, un ultimo aspetto, che tira in ballo i neuroni specchio, particolari cellule cerebrali scoperte agli inizi degli anni 90 dal neuroscienziato Giacomo Rizzolatti, nel corso di alcuni esperimenti condotti sui macachi, e localizzate in un’area del cervello chiamata insula anteriore. Il loro nome deriva proprio dalla capacità di riflettere le emozioni degli altri proiettandole nel nostro cervello come se fossimo noi stessi a provarle. Ecco spiegato il perché se si vede una persona piangere sopraggiunge un senso di tristezza e se si nota un bambino divertirsi viene istintivamente da sorridere. «I neuroni specchio sono alla base della nostra intelligenza sociale e della nostra empatia», conferma Travaini, «ed è proprio il maggiore o minore funzionamento del meccanismo “specchio” di queste cellule a determinare la maggiore o minore capacità empatica». Uno studio pubblicato su Brain nel 2010 e condotto dai ricercatori dell’Institute of Cognitive Neuroscience del University College London, a Londra, nel Regno Unito, ha dimostrato che la mancata attivazione della regione insulare, provocata, ad esempio, da una lesione cerebrale, è correlata all’assenza di empatia (alessitimia), mentre varie ricerche sono arrivate alla conclusione che negli ipersensibili questi neuroni sono molto attivi. Di qui la forte propensione a empatizzare con gli altri, a comprenderne gli stati d’animo, ad agire per alleviarne il disagio o la sofferenza.
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Le strategie per essere felice
e l’identikit dell’ipersensibile
Dall’insieme di tutti questi meccanismi derivano alcune caratteristiche tipiche dei super sensibili, che emergono prepotentemente nei vari aspetti della vita, dalle relazioni al lavoro, fino al tempo libero. «L’alta sensibilità è un dono», ribadisce con convinzione Travaini, «a patto di mettere in atto le strategie giuste per gestire questa qualità, lavorando sui confini, mettendo dei limiti, diventando saggiamente selettivi. Occorre, in altre parole, fare “contenimento” dei pensieri, delle sensazioni, delle emozioni, proprio come fanno gli argini di un fiume, che lo proteggono dallo straripamento».
Ecco allora, per ciascun settore, l’identikit degli ipersensibili, i rischi che possono correre, i consigli per affrontarli al meglio, uscendone rafforzati, vittoriosi e, ciò che conta di più, felici.
- Con gli amici
«Le persone altamente sensibili sono degli ottimi amici», sostiene la psicologa, «perché sono affidabili, sinceri, presenti. Corrono in caso di bisogno, sono una spalla sulla quale piangere, sanno ascoltare e dare buoni consigli perché sono capaci di mettersi nei panni degli altri. Hanno di solito un ideale di amicizia molto alto da raggiungere e finiscono per accumulare inconsciamente aspettative e pretese verso gli amici, con il rischio di sentirsi frustrati, incompresi, traditi. Prediligono rapporti intensivi, cioè profondi con poche persone, piuttosto che estensivi, cioè superficiali con tanti conoscenti, e per questo si sentono più a proprio agio nei rapporti amicali a tu per tu o in piccoli gruppi, anziché all’interno di compagnie numerose».
Le strategie in amicizia
1) Sii selettivo: scegli con cura chi ti fa stare bene e sentire a tuo agio. Se necessario, abbi il coraggio di «fare pulizia», creando lo spazio per incontrare persone più in sintonia con il tuo modo di essere.
2) Non rifuggire da eventuali incomprensioni o problemi per paura delle discussioni, ma instaura con gli amici un dialogo aperto che faccia capire il tuo punto di vista e le tue aspettative.
3) Apprezza ciascun amico per ciò che di prezioso può darti, imparando a prendere da ognuno il suo meglio.
4) Impara a dire di no senza sensi di colpa, timore di apparire egoista, paura di essere escluso o abbandonato. Gli amici ti invitano a un aperitivo o a una festa e proprio non hai voglia di andare? Ringrazia e declina con gentilezza e fermezza.
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- Con il partner
«Nella coppia le persone altamente sensibili sono caratterizzate da delicatezza delle percezioni, desiderio di intimità, capacità di costruire, ma anche dalla facilità con la quale possono essere ferite e dalla difficoltà a essere pienamente comprese. Apportano straordinarie risorse alla relazione, ma richiedono in cambio dedizione e impegno», spiega Travaini. «In amore sono assolutisti e hanno una visione molto romantica, accompagnata dalla capacità di decodificare con precisione emozioni e sentimenti del partner. Il sesso non viene preso alla leggera, ma richiede una sintonia intellettiva, un coinvolgimento mentale. Hanno una certa propensione per i legami a distanza o addirittura virtuali, in cui c’è poca o nessuna presenza fisica, ma molta idealizzazione. In alcuni casi, può capitare che gli ipersensibili siano paradossalmente attratti da persone diametralmente opposte nella sensibilità o addirittura con difficoltà di empatia. Su di loro può, ad esempio, esercitare grande fascino un partner con personalità narcisistica, proprio a causa della sua aura seducente, brillante, irraggiungibile, che esprime forza e imperturbabilità».
Le strategie nella coppia
1) Impara a stare in coppia senza annullarti, trovando la giusta misura tra dare e ricevere, tra pensare al partner e avere cura di te.
2) Accetta il fatto che nessun partner riuscirà probabilmente a corrispondere a tutte le tue aspettative e a soddisfare appieno i tuoi bisogni.
3) Chiedi rispetto per la tua sensibilità, senza però pretendere che il partner manifesti una sensibilità pari alla tua.
4) Proteggiti da conflitti e recriminazioni inutili e seleziona i temi sui quali vale la pena discutere.
5) Abbi il coraggio di interrompere una relazione dannosa, anche a costo di dover affrontare il doloroso processo di separazione.
- Al lavoro
Varie ricerche scientifiche hanno sottolineato le difficoltà delle persone altamente sensibili ad adattarsi ad alcuni contesti lavorativi, percepiti come ostili, nei quali le loro capacità, pur eccellenti, vengono svalutate e ritenute dei limiti alla produttività. In particolare, tre sono gli ambienti-tipo che potrebbero creare qualche problema: quelli rumorosi, caotici, con luci eccessive, in cui l’interazione personale, faccia a faccia, telefonica, via mail, è continua; quelli molto competitivi, individualisti, che impongono frequenti valutazioni professionali; quelli estremamente meccanizzati, in cui le mansioni da svolgere risultano ripetitive e alienanti.
Le strategie al lavoro
1) Non avere pregiudizi sui ruoli che potresti ricoprire. Molti artisti, musicisti, scrittori di successo sono altamente sensibili, ma anche ottimi leader, manager, venditori, agenti di commercio lo sono. Il loro plus? Sono intuitivi, visionari, capaci di vedere le cose in prospettiva e di motivare il team di lavoro. Senza contare che sono sempre attenti e vigili e cercano l’eccellenza in tutto ciò che fanno.
2) Non usare la sensibilità come un alibi per non affrontare situazioni o esperienze, mettendo in atto atteggiamenti vittimistici e rinunciatari e dicendo a te stesso frasi del tipo: «Non ce la faccio, è tutta colpa della mia sensibilità», «Non riesco perché sono troppo sensibile».
3) Evita di prendere sul personale avvenimenti esclusivamente professionali, come ad esempio un’eventuale critica. Non è rivolta a te, ma solo al tuo lavoro.
4) Non farti paralizzare dal potere: se è necessario, interfacciati anche con chi ritieni particolarmente autorevole per fare presente un problema o sollevare una richiesta.
5) Non cadere nella trappola di confrontarti continuamente con i vicini di scrivania, credendo che siano migliori, più veloci o più produttivi di te.
6) Non sopravvalutare l’importanza di far comprendere ai colleghi ciò che provi, con lunghi e approfonditi discorsi che spesso non sono necessari.
7) Se sei reduce da un periodo di straordinari o se ti sei impegnato molto per terminare un progetto o un incarico, prenditi magari un giorno di permesso per recuperare le energie e tornare in ufficio con più carica.
8) Nel tragitto casa-lavoro e ritorno, ascolta la musica di Mozart, che ha un effetto di decompressione. «L’effetto Mozart, noto alla scienza da molti anni, si basa sul fatto che la melodia del grande compositore austriaco è ricca di onde sonore ad alta frequenza, che danno energia mitigando lo stress», spiega la psicologa. Tra i brani che si sono dimostrati più terapeutici la sonata per pianoforte K448 e il concerto per clarinetto K622.
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- Nel tempo libero
«Ciò che per la maggior parte delle persone costituisce uno svago, per gli ipersensibili rischia di diventare fonte di stress», chiarisce Travaini. Può accadere, ad esempio, nel caso di discoteche sovraffollate, di parchi divertimento, di pomeriggi trascorsi a fare shopping nei mega centri commerciali, ma anche di film thriller o horror. Analogo discorso vale per lo sport. «L’attività fisica è indispensabile perché aiuta gli altamente sensibili a prendere contatto con il corpo, a misurare forze ed energie e a imparare a familiarizzare con l’approssimarsi dei propri limiti», continua l’esperta. «Ma è anche facile che, ad esempio, un ipersensibile che si allena in una palestra piena di gente, con tv e musica a tutto volume, si senta infastidito più che rigenerato».
Le strategie nel tempo libero
1) Seleziona con cura i passatempi, optando magari per attività soft, come leggere, curare le piante o un orto, giocare a carte o a scacchi, andare a teatro o alle terme.
2) Dedicati a un’attività creativa a tua scelta, come cantare, dipingere, cucinare: non dev’essere un settore in cui sei competente, ma nel quale ti senti libero di esprimerti, senza badare al risultato.
3) Scegli lo sport giusto. Sono ideali lo yoga, le attività che si possono praticare in mezzo alla natura, come il trekking in montagna, oppure con gli animali, come l’equitazione o semplicemente una bella corsa con il cane. Ma vanno bene anche il nuoto, il calcio, il basket, l’arrampicata e tutto ciò che ti piace. Quel che conta è praticarli nelle condizioni più adatte, ovvero con un ritmo blando, in modo non competitivo, con frequenza regolare ma non pressante.
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