Si comincia da ragazzini tenendo i biglietti dei concerti, del pullman e della metro, si continua da adulti fino a riempire la casa di ogni oggetto superfluo acquistato negli anni. Gli accumulatori seriali non riescono a buttare via nulla, sottraendo spazio vitale a se stessi. Abbiamo discusso di questo disturbo dello spettro ossessivo-compulsivo con l’esperto di Ok, il professor Paolo Cavedini, psichiatra e dottore di ricerca, responsabile dello IEDOC, l’Istituto Di Eccellenza per i Disturbi Ossessivo-Compulsivi a Villa San Benedetto in provincia di Como.
Semplice collezionismo o desiderio irrefrenabile, e patologico, di accumulare: qual è la differenza?
Il collezionismo ha una finalità che ha un senso obiettivo, economico e ludico e pone la sua attenzione su determinate tipologie di oggetti. Il disturbo da accumulo, invece, fa parte delle patologie ossessivo-compulsive e non ha una specificità degli oggetti, che possono essere di qualsiasi tipo: dalle bustine di zucchero alla pubblicità trovata nella buca delle lettere.
Questo tipo di disturbo ha subito negli ultimi dieci anni una grande attenzione da parte degli studiosi ed è entrato a far parte di numerosi filoni di ricerca, che lo hanno etichettato come disturbo a sé stante e non un’anomalia secondaria di altre patologie.
Come si manifesta?
Con il bisogno impellente di accumulare oggetti di qualsiasi tipo e riempire con essi i propri spazi vitali: la casa principalmente, ma anche la macchina, la cantina, il garage. Si elimina poco e si accumula tanto, nella mente scatta il meccanismo del “Non si sa mai, prima o poi questo oggetto potrebbe servirmi” e così non si butta via niente, anche oggetti del tutto inutili, immondizia, cibo scaduto. Spesso chi è affetto da questa patologia comincia a riempire soltanto alcuni spazi, come ad esempio la camera da letto: il letto colmo di oggetti costringe la persona a dormire per terra. Poi questo rituale si estende al resto della casa fino a riempirla completamente.
Quali sono i soggetti più vulnerabili?
L’incidenza di questo disturbo ossessivo-compulsivo va dal 2 al 3 per cento della popolazione mondiale e può esordire anche nella fascia adolescenziale, ma si manifesta completamente prevalentemente in età adulta. Spesso è associato ad altri disturbi e perciò difficilmente diagnosticabile, inoltre ha una componente famigliare con parenti o genitori del paziente spesso affetti da ideazione ossessivo-compulsiva. Chi è colpito da questo disturbo spesso ha anche problemi nei rapporti sociali, soffre di ansia ed è perfezionista con manie di iper controllo.
Qual è la terapia più indicata?
Gli accumulatori patologici hanno una peculiarità: sono poco consapevoli della loro patologia e tendono a minimizzare e nascondere il problema. È raro che si presentino di loro spontanea iniziativa a chiedere un aiuto terapeutico. Di solito sono i parenti, o i vicini di casa ad accorgersi della situazione, spesso di scarsa igiene, in cui vivono.
Occorre costruire un’alleanza tra lo psichiatra e il paziente, mentre si segue una terapia cognitivo-comportamentale, associata a un protocollo farmacologico. Bisogna procedere per gradi per studiare il corretto intervento comportamentale per risanare una realtà impossibile, concordando con il paziente i passi successivi da compiere per liberare gli spazi occupati.
Questo disturbo è associato anche alla solitudine?
Credo che sia il disturbo che porta alla solitudine dell’individuo che ne soffre, e non viceversa. L’accumulatore patologico tende col tempo a chiudersi negli spazi, a uscire sempre meno fino a isolarsi completamente e a non riuscire più ad avere una vita sociale normale.
Non sempre chi ne soffre è solo: in un caso specifico, la moglie accumulava oggetti da anni e anni fino a riempire la cantina di casa e il marito ha scoperto tutto soltanto seguendola, perché la donna non ha mai rivelato nulla. Per questa ragione occorre insegnare al paziente le strategie giuste per contenere il disturbo, coinvolgendo anche i parenti e le persone che vivono accanto a loro.
02/03/2015
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