Qual è la differenza tra una semplice “fissa”, “mania” o caratteristica del carattere e un disturbo ossessivo compulsivo vero e proprio? Spesso non lo si riconosce e invece una diagnosi precoce è fondamentale nella cura di questa malattia, ancora poco conosciuta. Proprio il fatto che sia poco conosciuta il rischio di una diagnosi ritardata è reale. Affrontare un disturbo mentale con ritardo, significa avere meno strumenti a disposizione per trattarlo.
Per capire le dinamiche e lo sviluppo di questa patologia abbiamo parlato con il professor Paolo Cavedini, psichiatra e dottore di ricerca, responsabile dello IEDOC, l’Istituto Di Eccellenza per i Disturbi Ossessivo Compulsivi a Villa San Benedetto in provincia di Como.
In questo articolo
Che cosa è il disturbo ossessivo-compulsivo?
È un disturbo vario e molto eterogeneo. In particolare è composto da una ossessione, un pensiero ricorrente contro la propria volontà, incontrollabile. Il pensiero può essere un timore, una frase, una sensazione o anche un’immagine che genera un senso di disagio o ansia o inadeguatezza. Per placare questa ossessione e il malessere che ne deriva la persona attua una contro mossa, cioè la compulsione.
Quali sono le forme più diffuse?
Ci sono diversi esempi. L’ossessione dell’ordine porta la persona che soffre di disturbo ossessivo-compulsivo a passare ore e ore a riordinare l’armadio di casa, anche quando questo è perfettamente a posto. L’atto compulsivo impedisce il normale vivere quotidiano. Il soggetto si isola, non esce di casa e trascorre il suo tempo in preda all’ossessione di mettere ordine nel suo armadio. Quando non c’è compulsività la reazione è di ansia, sudorazione, panico fino ad arrivare ad evitare una certa situazione. Il livello di gravità di questa patologia è variabile. Certe persone hanno delle “fisse” che caratterizzano il loro essere senza penalizzarle. Altre invece sono invalidate e la loro vita è profondamente condizionata.
Come si manifesta il disturbo ossessivo compulsivo?
Alle volte ha un esordio immediato, più spesso più subdolo e graduale e può venire sottovalutato o confuso con atteggiamenti tipici del carattere. Spesso viene minimizzato e i soggetti colpiti, e chi li circonda, non hanno consapevolezza del problema. Il disturbo ossessivo-compulsivo, però, va oltre una semplice preoccupazione. Diventa un assillo, genera totale insicurezza, è intrusivo e involontario. Non permette al soggetto di agire, decidere o di essere flessibile.
L’elenco delle ossessioni è lungo
Per citare le più frequenti si può avere ossessione nei confronti delle malattie con atteggiamenti quali l’eccessiva igiene (lavarsi frequentemente le mani) o la paura di venire contaminati (non toccare le maniglie se non con guanti o fazzoletti). Un altro riguarda l’ordine come ad esempio la ricerca della simmetria degli oggetti al di là della loro effettiva funzionalità. E poi c’è il classico dubbio patologico che porta a controllare decine di volte che gas, luci ed elettrodomestici siano spenti per evitare conseguenze terribili.
Quando e come nasce il disturbo ossessivo-compulsivo?
A oggi le cause che provocano questo tipo di disturbo sono ancora poco note, anche se negli ultimi 15/20 anni la ricerca ha fatto passi da gigante. È stato dimostrato, anche se non è ancora definitivo con precisione, che questo disturbo ha una componente biologica prevalente. Questo è un dato consolidato. Esistono però variabili individuali e ambientali che influenzano l’esordio e il decorso della malattia. Inoltre, è stato dimostrato che può esistere una predisposizione di tipo genetico.
Quale approccio terapeutico si utilizza?
Un disturbo che non viene curato generalmente peggiora e progredisce col tempo. Se si interviene la maggior parte dei pazienti può avere dei notevoli miglioramenti. La valutazione più importante si fa comunque sulla qualità della vita dei soggetti colpiti da questa patologia che, seppur presente, non deve impedire il normale vivere quotidiano.
La terapia che si utilizza ha due approcci.
I farmaci
Il primo è farmacologico con la prescrizione di antidepressivi che agiscono sulla serotonina, la tempistica in questo caso è medio-lunga.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale
Il secondo approccio è di tipo psicologico, l’unico efficace in questo genere di disturbo è la psicoterapia cognitivo-comportamentale.
Se il disturbo è di lieve entità si può iniziare con un approccio psicoterapeutico. Se questo però non funziona in tempi medio-brevi o se il livello di compromissione e di disagio è già importante allora è meglio attuare un protocollo che prevede entrambe le terapie, sia quella farmacologica sia quella cognitivo-comportamentale.