Quando giocare diventa la cosa più importante, anche più della famiglia, del lavoro e dei soldi risparmiati, significa che si è superato il confine tra divertimento e dipendenza, tra abitudine occasionale e malattia. Non solo droghe, alcol e fumo. Nell’elenco delle dipendenze patologiche un posto importante lo occupa anche la ludopatia.
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La ludopatia in Italia
Lo studio epidemiologico svolto dal Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità nel biennio 2017-2018 ha stimato la dimensione del fenomeno della ludopatia nella popolazione adulta residente in Italia. È emerso che il 36,4% (più di 18 milioni di individui) ha praticato gioco d’azzardo almeno una volta negli ultimi 12 mesi antecedenti l’intervista. La ludopatia interessa soprattutto la fascia 40-49 anni (41,1%) quella 50-64 (41%), anche se sta colpendo sempre più giovanissimi.
«Il trend è in continua crescita soprattutto a causa del web, dove non solo accedere al gioco d’azzardo è più facile ma è anche più semplice nascondersi agli occhi degli altri», sostiene Federico Baranzini, psichiatra e psicoterapeuta, esperto in disturbi di personalità e dipendenze patologiche.
Se il numero di persone affette da ludopatia è molto alto, decisamente più basso è quello delle persone ufficialmente in cura, che si attesta sui 7.000 pazienti. Le cure per le vittime del gioco d’azzardo sono state inserite nei livelli essenziali di assistenza nel 2012.
Cosa succede a una persona che soffre di ludopatia?
«Il gioco diventa prioritario e ha delle ripercussioni significative sulla vita sociale e lavorativa dell’individuo. Il giocatore patologico ha un continuo bisogno di mettersi a giocare e se non lo fa è irrequieto, come in astinenza da una droga. Più il gioco diventa importante, più alte sono le somme di denaro investite, fino all’indebitamento», continua lo specialista.
Ci sono persone più predisposte a sviluppare ludopatia?
«Chi usa il gioco d’azzardo in maniera ricreativa e lo fa occasionalmente, difficilmente incorre nella dipendenza. Tuttavia, se questo tipo di persona affronta un evento molto stressante nella sua vita (licenziamento, divorzio) o un passaggio generazionale (pensionamento, maggiore età), può capitare che inizi a utilizzare il gioco più frequentemente non più come divertimento, ma come evasione e distrazione», dice Baranzini.
Non finisce qui. «Può sviluppare più facilmente dipendenza chi ha già un disagio psicologico, magari un’infanzia problematica con genitori dipendenti da droghe o gioco d’azzardo. Queste persone hanno elementi di familiarità e vulnerabilità e per loro il gioco diventa un regolatore emotivo, quasi un antidepressivo».
Infine, ci sono individui con problemi psicologici o psichiatrici. «In questi casi lo sviluppo di ludopatia è frequente perché la patologia si presenta spesso in accompagnamento ad altri disturbi psicologici, come quello ossessivo-compulsivo o quello antisociale della personalità», sostiene il medico.
Come ci si accorge che una persona è dipendente dal gioco d’azzardo?
«Di solito nessuno se ne accorge finché non diventa grave, cioè quando la persona entra nella fase della disperazione (che segue alle fasi della luna di miele e della rincorsa alla vincita)», continua Baranzini. Nella terza fase l’individuo dà segni di squilibrio: va male sul lavoro, è insonne, depresso, introverso, ha problemi relazionali e inizia a sfuggire da amici e parenti perché deve nascondere i suoi problemi economici.
«Il campanello d’allarme più significativo è quando questa persona inizia ad avanzare richieste economiche anomale. Il ruolo della famiglia e degli amici è fondamentale, perché è molto raro che chi è dipendente dal gioco si preoccupi della sua situazione e inizi un percorso di cura autonomamente. Sono proprio i familiari a smascherare i fingimenti e le menzogne del giocatore e a far venire a galla il problema».
Cosa può fare la famiglia?
Prima di tutto contribuire a costruire la motivazione del paziente, che non è per niente scontata. La prima fase della cura è infatti preparatoria: si cerca di quantificare la predisposizione del paziente al cambiamento e a intraprendere una terapia.
Come si cura la ludopatia?
Con un approccio molto simile a quello usato per le dipendenze da droghe, la cura della ludopatia si sviluppa su diversi livelli e con diverse metodiche. «Inizialmente può esserci il rapporto uno a uno in ambulatorio con uno psicologo o uno psichiatra, poi il paziente può essere inserito in gruppi con altre persone affette da ludopatia, utili per il confronto e il rafforzamento della motivazione», spiega lo psicoterapeuta.
In altre circostanze, quando la situazione di partenza è già molto grave, è necessario iniziare la cura presso delle comunità terapeutiche. «La terapia è tanto lunga quanto è più bassa la motivazione iniziale e quanto è più alta la dipendenza da gioco d’azzardo. Esistono anche cure farmacologiche, ma non sono risolutive, sono di supporto sintomatologico e aiutano a contrastare l’impulso irrefrenabile di tornare a giocare. Sono farmaci psichiatrici dopaminergici e serotoninergici che limitano e gestiscono l’impulsività».
La mappa dei Centri di cura del SSN
Il Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’ISS ha pubblicato il censimento dei Centri del Servizio Sanitario Nazionale – SSN dedicati alla cura della ludopatia. È stata creata una mappa geolocalizzata che elenca attualmente 163 Servizi di cura.
I professionisti che operano in questi centri sono principalmente psicologi, medici e assistenti sociali, ma non mancano infermieri ed educatori professionali. Dopo una valutazione medica, psicologica e sociale, l’équipe multidisciplinare propone interventi personalizzati e integrati rivolti al paziente o alla famiglia, con opzioni di trattamento ambulatoriale, semiresidenziale o residenziale.
Il Telefono Verde
Il Telefono Verde dell’Istituto Superiore di Sanità per le problematiche legate al gioco d’azzardo è 800 558822; è un servizio di counselling telefonico, nazionale, anonimo e gratuito attraverso il quale un’équipe di psicologi fornisce informazioni sulla ludopatia e sulle risorse a disposizione delle persone in difficoltà. Il numero è attivo da lunedì a venerdì, dalle 10 alle 16.
Come si manifesta l’astinenza da gioco?
«A livello fisico si verifica una reazione nervosa e ansiosa con insonnia, tachicardia, sudorazione. La cosa più difficile da contrastare, però, è l’astinenza psicologica: il chiodo fisso del tornare a giocare. È proprio su questo che lavora l’approccio psicoterapeutico e tutta quella parte del lavoro riabilitativo finalizzata alla prevenzione della ricaduta».
Come devono comportarsi i parenti quando il familiare, che è stato in comunità per disintossicarsi dal gioco, torna a casa?
Mogli, mariti, fidanzati, compagni e amici vanno aiutati a capire cosa sta succedendo al loro caro e istruiti sull’atteggiamento migliore da adottare quando torna a casa. È fondamentale, infatti, che la persona continui a essere seguita.
«Di solito chi esce da una comunità ha bisogno di un periodo di monitoraggio e affiancamento per evitare le ricadute. Questo può avvenire riprendendo le sedute in ambulatorio e gli incontri con i gruppi di auto-aiuto per un periodo indefinito di tempo, ma che in alcuni casi può anche durare per la vita intera» dice Baranzini.
Cosa può accadere a una persona che non riesce a uscire dalla ludopatia?
«La conseguenza peggiore della ludopatia può essere il suicidio oppure una forma estrema di isolamento sociale e depressione con la perdita dell’intero contesto sociale, lavorativo e affettivo. Senza contare le attività illecite in cui può essere coinvolta una persona pur di racimolare dei soldi da investire nel gioco e che, quasi sempre, portano all’indebitamento», conclude lo specialista.